Il reato di lesioni ad animali – indice
Il nostro codice penale sanziona chi determina lesioni agli animali, al fine di tutelare l’inviolabilità e l’integrità del patrimonio zoologico, e l’interesse del proprietario al loro utilizzo e alla loro conservazione.
Ma in che modo può esser configurato tale reato? Quali sono le caratteristiche del delitto in questione? E quali sanzioni sono ad esso ricollegabili?
Cos’è il reato di lesione agli animali
Il reato di cui oggi parliamo è disciplinato dall’art. 638 c.p., rubricato “Uccisione o danneggiamento di animali altrui”, secondo cui
chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.
Già da queste poche righe del dispositivo, è possibile trarre alcune considerazioni di particolare rilievo che vogliamo condividere fin da questa sede di premessa.
In particolar modo, il fatto che il legislatore faccia espresso riferimento alla mancanza di necessità lascia intendere che la condotta del soggetto agente deve essere arbitraria. Di contro, potrebbe non configurarsi il reato nel caso in cui la condotta sia sostenuta da una giustificazione obiettiva.
Il secondo comma del dispositivo introduce invece un’aggravante sanzionatoria, ricollegandola alla condotta che determina lesioni su più animali. L’ultimo comma introduce invece una casistica più specifica, quale la non punibilità nel caso in cui uccelli siano stati sorpresi in un fondo di proprietà a compiere danni.
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Lo stato di necessità
Ai nostri fini, acquisisce particolare rilevanza il richiamo allo stato di necessità, da combinare evidentemente alla necessità, indotta dal legislatore, di tutelare l’integrità fisica degli animali altrui e l’evidente interesse del proprietario a fruirne in modo efficace.
Ebbene, nel concesso di stato di necessità può ben essere compreso ogni situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento finalizzato a evitare un pericolo imminente, o per impedire l’aggravamento di un danno che sia giuridicamente apprezzabile alla persona. Rimane invece di più incerta interpretazione ricondurre lo stato di necessità anche all’impedimento dell’aggravamento del danno ai propri beni.
Trova così evidente ampiamento la sola considerazione dello stato di necessità ex art. 54 c.p., secondo cui
non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.
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Le sanzioni per il reato di lesioni ad animali
Concludiamo questo breve approfondimento sul reato di lesioni ad animali con una breve panoramica delle sanzioni che il legislatore ha inteso ricollegare al comportamento posto in essere da quella persona che “senza necessità” uccide, rende inservibili o deteriora gli animali altrui.
In questa ipotesi, infatti, la legge punisce il soggetto agente con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a trecentonove euro.
Si tenga conto che tale previsione è sancita:
- salvo che il fattore costituisca più grave reato, potendosi così, ad esempio, configurare altro delitto contro la persona;
- a querela della persona offesa, considerato che questa versione “base” del reato non può essere perseguita di ufficio.
Come abbiamo già rammentato nella parte introduttiva di questo approfondimento, esistono però delle fattispecie “aggravanti”, in cui le sanzioni sono maggiori.
In particolare, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria, il legislatore ha inteso punire il soggetto agente con una pena della reclusione da sei mesi a quattro anni. In aggiunta a ciò, in questo caso il legislatore ha previsto la possibilità che si possa procedere d’ufficio, e non più solo a querela della persona offesa.
A completamento di tale excursus, evidenziamo infine come non sia punibile colui che commette il fatto su volatili “sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno”. Breve annotazione: autorevole giurisprudenza ha finito con il definire volatili qualsiasi animale fornito di ali e, dunque, anche i polli.