Notifica cessione del credito e pignoramento presso terzi – guida rapida
- I fatti
- La notifica della cessione al debitore ceduto
- Il vizio di forma
- L’opposizione al creditore
- I principi di diritto
Con sentenza n. 108 dello scorso 4 gennaio 2023, la Cassazione Civile, Sez. III, è intervenuta in merito al tema della notifica dell’atto di cessione del credito e al pignoramento presso terzi.
In particolare, la Suprema Corte si è pronunciata affermando che nel momento in cui la cessione del credito avviene per contratto e non per atto unilaterale, la notifica dell’atto di cessione al debitore ceduto da parte del cessionario, nei rapporti tra essi, non è idonea a dimostrare l’avvenuta cessione del contratto, se è priva della sottoscrizione del cedente.
Cerchiamo di riassumere in maniera più completa come si sono svolti i fatti e quali sono le motivazioni che hanno condotto la Corte a pronunciarsi in tale direzione.
I fatti
La vicenda giunge all’attenzione della Suprema Corte sul ricorso proposto da una società cooperativa, in persona del legale rappresentante, contro l’agenzia regionale ARPAE, dell’Emilia Romagna, avverso la sentenza della Corte d’appello.
Nel 2017 la società cooperativa ha iniziato l’esecuzione forzata nei confronti di un proprio debitore. L’esecuzione ha avuto luogo nella forma del pignoramento presso terzi.
Per questo scopo la società creditrice ha pignorato il credito vantato dalla debitrice nei confronti dell’ARPAE. Il giudice ha qualificato come positiva la dichiarazione di quantità compiuta dal terzo pignorato, assegnando alla cooperativa il relativo credito.
Dinanzi a tale scenario, l’ARPAE ha proposto opposizione eccependo l’insussistenza e l’inesigibilità del credito oggetto dell’assegnazione. Con ordinanza, il giudice dell’esecuzione del Tribunale ha dichiarato come inammissibile, poiché tardiva, l’opposizione.
A questo punto la cooperativa ha avviato una nuova esecuzione forzata nei confronti dell’ARPAE sulla base dell’ordinanza di assegnazione in suo possesso. L’ARPAE ha proposto opposizione ex art. 615 c.p., sostenendo che:
- la cooperativa avesse ceduto il credito a una società esterna prima della notifica del precetto e che tale cessionaria l’avesse a sua volta ceduto ad altra società estera
- il credito oggetto del pignoramento era determinato da un contratto di appalto di opera pubblica in cui l’appaltatore (debitore) non aveva prestato le garanzie di legge, rendendo così inesigibile il credito nei confronti dell’amministrazione committente.
Si arriva così alla sentenza del Tribunale di primo grado, che ha rigettato l’opposizione affermando che:
- la cessione del credito non fosse provata poiché l’atto di cessione era stato sottoscritto solo dal cedente
- le contestazioni sollevate dall’ARAPE sull’esigibilità del credito oggetto di pignoramento dovevano essere fatte valere con opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione e non con l’opposizione all’esecuzione contro il precetto notificato sulla base di tale ordinanza.
Il ricorso in appello
La parte soccombente ha dunque ricorso in appello, accolto dalla Corte, che ha ritenuto che:
- prima della notifica del precetto all’ARPAE la cooperativa avesse ceduto il credito alla società estera
- la cessione era stata comunicata alla debitrice ceduta
- era irrilevante il fatto che il contratto di cessione del credito non risultasse sottoscritto dal cessionario. Secondo la Corte, infatti, quest’ultimo aveva manifestato la volontà di accettare la cessione per facta concludentia, notificando di propria iniziativa il contratto al debitore ceduto
- era irrilevante la circostanza secondo cui il titolo esecutivo non fosse stato consegnato dal cedente al cessionario, poiché tale consegna non era essenziale per concludere il contratto di cessione
- il credito oggetto del pignoramento era divenuto inesigibile per fatti successivi alla dichiarazione di quantità, perché solamente dopo tale dichiarazione il credito (appaltatore) aveva violato l’obbligo di prestare garanzia fideiussoria. A tale obbligo era subordinato il pagamento del corrispettivo.
La cooperativa impugna sentenza d’appello in Cassazione.
La notifica della cessione al debitore ceduto
Il primo motivo di ricorso è legati alla violazione degli articoli 1326, 1334 e 2697 c.c. In particolare, si possono così riassumere le lamentele del ricorrente:
- ogni contratto è concluso nel momento in cui il proponente ha notizia dell’accettazione
- nella fattispecie, la Corte d’Appello ha ritenuto che il contratto di cessione del credito della cooperativa alla società straniera dovesse ritenersi concluso perché quest’ultima, notificando la cessione al debitore ceduto, aveva dimostrato un comportamento concludente con cui accettare la proposta contrattuale
- tale affermazione non sarebbe corretta dal punto di vista del diritto, considerato che l’accettazione rivolta a persona diversa dal proponente non vale per provocare la conclusione del contratto.
In aggiunta a ciò, la società ricorrente afferma che l’onere di provare l’avvenuta conclusione del contratto di cessione del credito incombe sull’ARPAE, e come tale onere non fosse stato accolto.
Ebbene, dinanzi a tali motivazioni la Corte di Cassazione ritiene il motivo fondato.
La fondatezza del motivo
I giudici della Suprema Corte sottolineano infatti come la Corte d’Appello non abbia accertato che la cessione del credito avvenne per contratto e non per atto unilaterale del cedente.
Di conseguenza, ha fondato la propria decisione sull’assunto che il contratto di cessione del credito si fosse concluso nel momento in cui il destinatario della proposta (la società straniera) avesse comunicato la propria accettazione al terzo ceduto (ARPAE).
Per la Corte, l’errore di diritto è evidente, considerato che l’accettazione di ogni proposta contrattuale deve essere rivolta al proponente, e non a terzi.
Stando ai giudici della Suprema Corte, poi, non può condividersi l’obiezione formulata dall’ARPAE nel suo controricorso. Per l’agenzia regionale, infatti, la cessione del credito si era perfezionata con atto unilaterale e non per contratto. Ne consegue che era inutile, ai fini dell’efficacia della cessione, la sottoscrizione del cessionario.
La Corte d’appello, prosegue la sentenza, ha infatti qualificato in maniera espressa la fattispecie negoziale come contratto. Contro tale statuizione non è stata proposta impugnazione.
Non è dunque possibile procedere a una nuova qualificazione della stessa fattispecie concreta, nel senso invocato dalla ricorrente. Ovvero, reputando che la cessione avvenne per atto unilaterale invece che per contratto.
Il vizio di forma
Con il secondo motivo di ricorso la società cooperativa sostiene inoltre che – anche a ritenere la notifica della cessione da parte del cessionario al terzo ceduto come un elemento in grado di costituire una accettazione della proposta – tale accettazione era comunque invalida per vizio di forma.
Sottolinea infatti la ricorrente che la proposta era stata redatta con scrittura privata autenticata. La stessa forma avrebbe dunque dovuto avere anche l’accettazione ex art. 1352 c.c.
Tale motivo viene però ritenuto infondato dalla Suprema Corte, che ricorda come l’obbligo di adottare una forma particolare per l’accettazione della proposta contrattuale può discendere, in difetto di previsioni di legge, solamente da una richiesta del proponente o da un preventivo accordo tra le parti. Nel caso di specie, la ricorrente non fornisce conto né dell’esistenza dell’una, né dell’altro.
L’opposizione al creditore
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 553, 615 e 617 c.p.c.
Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ritiene che in modo legittimo la ARPAE possa far valere, con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., la questione dell’inesigibilità del credito vantato dal debitore esecutato nei confronti del terzo pignorati ARPAE.
In particolare, la parte ricorrente deduce che quando l’esecuzione ha luogo sulla base di un’ordinanza di assegnazione che è pronunciata all’esito del pignoramento di credito, allora il terzo pignorato (che in questo caso assume la veste di debitore esecutato) può opporre al creditore procedente solo i fatti modificativi o estintivi sopravvenuti all’ordinanza di assegnazione.
Per i giudici, il motivo è fondato. Se infatti è stata pronunciata l’ordinanza di assegnazione, questa diventa la fonte dell’obbligazione del terzo pignorato nei confronti del creditore esecutante.
Da ciò ne consegue che il terzo pignorato può proporre opposizione all’esecuzione solamente se intende opporre al creditore assegnatario dei fatti sopravvenuti, estintivi o impeditivi della pretesa creditoria, in relazione ai suoi rapporti con il creditore procedente.
Se invece il credito che è oggetto del pignoramento e di assegnazione diventa inesigibile o non dovuto per elementi che attengono il rapporto tra l’originario debitore esecutato e il terzo pignorato, allora quest’ultimo dovrà ricorrere non all’opposizione all’esecuzione, bensì a un ordinario giudizio di cognizione, al fine di far accertare che il terzo pignorato non sia più tenuto ad effettuare pagamenti al creditore assegnatario del credito.
I principi di diritto
Per la Corte di Cassazione la sentenza impugnata deve dunque essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, la quale – in diversa composizione – applicherà i seguenti principi di diritto:
Quando la cessione del credito avvenga per contratto e non per atto unilaterale, la notificazione dell’atto di cessione al debitore ceduto da parte del cessionario, nei rapporti tra essi è inidonea a dimostrare l’avvenuta cessione del contratto, se priva della sottoscrizione anche del cedente.
Una volta che il terzo pignorato abbia reso una dichiarazione di quantità ritenuta positiva dal giudice dell’esecuzione, sia stata pronunciata l’ordinanza di assegnazione e questa non sia stata opposta, nella successiva procedura esecutiva iniziata dal creditore nei confronti del terzo pignorato, sulla base del titolo esecutivo rappresentato dall’ordinanza di assegnazione, è inibito al terzo pignorato far valere fatti modificativi od estintivi del proprio debito nei confronti del debitore principale, a meno che non siano sopravvenuti all’ordinanza di assegnazione.