I patti parasociali – indice:
Lo statuto è il documento che regola, mediante una serie di clausole, come la società deve in concreto realizzare l’interesse sociale. Tali clausole determinano la struttura organizzativa della società ovvero le posizioni dei singoli soci. Nelle società per azioni, in particolare, lo statuto attribuisce ai soci azionisti una serie di diritti e di poteri che gli stessi esercitano liberamente in ragione della propria partecipazione sociale rappresentata dall’azione.
I soci azionisti possono tuttavia decidere di limitare l’esercizio dei propri diritti per coordinare fra di loro i propri comportamenti e tutelare l’investimento azionario. Lo possono fare tramite la stipulazione di accordi, che si sono diffusi nella prassi, definiti patti parasociali ed aventi un connotato extrasociale. In ragione del loro contenuto infatti una disciplina legislativa specifica si è avuta dapprima con l’inserimento nel Testo Unico della Finanza degli articoli 122 e 123 e successivamente, ad opera della riforma del diritto societario avvenuta nel 2003, ed in continuità con il Testo Unico, con l’introduzione nel Codice Civile degli articoli 2341-bis e 2341-ter.
Cosa sono i patti parasociali
I patti parasociali sono dei contratti che i soci di una società possono stipulare fra loro, o con terzi, separatamente dall’atto costitutivo, per definire delle regole di comportamento che devono tenere nei rapporti interni alla società (cioè fra loro) o nei confronti della società. Possono essere stipulati sia nelle società di persone che in quelle di capitali in sede di costituzione della società oppure in un momento successivo.
Nelle società di capitali i soci azionisti o possessori di quote possono stipulare tali contratti ad esempio per limitare l’esercizio dei propri diritti derivanti dalla partecipazione sociale con riguardo, in particolare, a:
- quei diritti che gli consentono di modificare positivamente la realtà societaria ovvero il diritto di intervenire in assemblea e quello di votare (artt. 2351 e 2370 c.c.);
- alla circolazione e alla disposizione in generale delle partecipazioni. Si pensi ad esempio all’inserimento in tali patti di clausole di covendita.
Possono essere stipulati tra alcuni o tutti i soci, ovvero con terzi, e producono effetti tra alcune o tutte le le parti del contratto. Non necessitano di requisiti formali per la loro validità e, avendo natura extrasociale, non incidono nei confronti della società. Tali patti infatti producono effetti obbligatori fra le parti contrattuali con tutte le conseguenze previste in caso di inadempimento ma non inficiano la validità degli atti sociali.
Gli articoli 122 e 123 del T.U.F recano la disciplina dei patti parasociali nelle società quotate. La loro disciplina infatti differisce per certi aspetti da quella delle società non quotate. Questa è improntata a garantire che vi sia un’adeguata trasparenza negli assetti proprietari della società. In generale invece gli articoli 2341-bis e 2341-ter c.c. dettano le regole concernenti il contenuto, la durata e la pubblicità di tali patti nelle società chiuse o con azionariato diffuso.
Forma dei patti parasociali, statuto e atto costitutivo
Sia il Codice Civile che il Testo Unico della Finanza escludono la necessità di requisiti di forma per la validità di tali patti. Libera scelta pertanto è prevista in ordine alla forma scritta, orale o per fatti concludenti.
Con riguardo ai rapporti con lo statuto e con l’atto costitutivo, tali accordi costituiscono di norma contratti autonomi rispetto agli stessi. In ragione di ciò infatti hanno assunto la denominazione di patti “para-sociali” differenziandosi da quelli “sociali”.
La Cassazione ha tuttavia sostenuto nel 2008 con la sentenza 17960, che talvolta clausole statutarie che riguardano la posizione individuale del singolo socio potrebbero avere natura parasociale. Spetta in tal caso al giudice di merito nel caso di specie la valutazione circa la natura della clausola.
Le parti e gli effetti del contratto
I patti parasociali sono dei contratti plurilaterali ovvero dei contratti stipulati da più di due parti. Tali parti sono tutti o alcuni soci che detengono partecipazioni.
Hanno efficacia obbligatoria ossia sono dei contratti dai quali nascono delle obbligazioni in capo alle parti e che pertanto vincolano soltanto le parti contraenti attuali e non quelle future. Il nuovo membro della società non sarà pertanto vincolato in automatico da tali patti salvo decida volontariamente di aderirvi. La società rimane terza rispetto a tali patti. A confermarlo è intervenuta la Corte di Cassazione nel 2001 con la sentenza 14629 che ha stabilito che “in tema di società per azioni il patto considerato parasociale con il quale alcuni soci concordino tra loro condizioni e modalità di sottoscrizione di un aumento del capitale sociale, vincola, per definiziine, esclusivamente i soci contraenti e non anche la società che è, rispetto al patto stesso, terza”.
Tra i patti parasociali e il contratto sociale pertanto c’è un rapporto per così dire univoco nel senso che il contratto sociale ha effetto sui patti ma non viceversa. Se un socio firmatario del patto è inadempiente avrà l’obbligo di risarcire il danno agli altri soci che fanno parte della regolamentazione pattizia. Anche il rimedio dell’esecuzione del contratto in forma specifica è ammesso talvolta da parte giurisprudenza. Altra parte invece ne nega un lecito ricorso. Nessun pregiudizio invece è provocato sulla validità di altri atti in cui tale inadempimento si riflette. In forza del secondo comma dell’articolo 1372 c.c., che regola l’efficacia dei contratti, infatti “il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge”.
Dall’efficacia del contratto si può determinare la natura parasociale del patto ad opinione della dottrina maggioritaria. La distinzione dai patti sociali così avrebbe natura oggettiva: questi infatti, a differenza di quelli in esame, vincolano non solo tutti i soci o alcune categorie di essi ma anche la società.
L’oggetto e la causa dei patti parasociali
L’articolo 2341-bis c.c., inserito nel Capo V, del libro V, dedicato alle società per azioni, definisce che cosa può essere regolato con tali patti ovvero:
- l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano (sindacati di voto);
- eventuali limiti al trasferimento delle azioni in tali società o delle partecipazioni in società che le controllano (sindacati di blocco);
- l’esercizio, anche congiunto, di un’influenza dominante su tali società (sindacati di controllo).
Definendo l’oggetto di tali patti il legislatore li ha voluti implicitamente rendere leciti e distinguere in varie tipologie che verranno individuate in seguito. In origine infatti la giurisprudenza non ammetteva la stipulazione di tali patti né a tempo determinato né a tempo indeterminato.
Tali aspetti possono essere regolati con tali patti e renderli validi solo se, nelle società chiuse, lo scopo cui sono destinati è la “stabilizzazione degli assetti proprietari o il governo della società”. Il legislatore ha così definito quale dev’essere la causa del contratto e l’interesse che i contraenti devono perseguire nell’incontro delle proprie volontà.
Le tipologie di patti parasociali
Con gli accordi parasociali le parti possono contrarre svariate obbligazioni. Dalla loro diversità discende che nella prassi le tipologie di patti parasociali sono molteplici. Si pensi, ad esempio, al patto con cui i soci si obbligano ad effettuare versamenti in conto capitale oppure ad effettuare finanziamenti a favore della società.
I più frequenti tuttavia sono due fra le tipologie individuate sopra con riguardo all’oggetto dei patti. In particolare ci si riferisce a:
- gli accordi aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto, anche chiamati sindacati di voto;
- quelli con cui tutti o alcuni soci si obbligano a non vendere le proprie azioni o a cederle a determinate condizioni, chiamati anche sindacati di blocco.
Non sono ricompresi nella natura di patti parasociali quelli enunciati dall’ultimo comma dell’articolo 2341-bis c.c. ovvero “patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all’accordo”.
Il T.U.F individua poi, oltre a quelle già individuate dal Codice Civile, altre due tipologie di patti parasociali all’articolo 122 con riguardo alle società facenti ricorso al mercato del capitale di rischio. In particolare ci si riferisce a quelli individuati dal comma 1 e dal comma 5 e che sono:
- i sindacati di consultazione di cui all’art. 122, comma 1, lett. a) e
- i sindacati per l’acquisto concertato di azioni di cui all’art. 122, comma 1, lett. c).
Sindacati di voto
Tali accordi sono volti a regolamentare in anticipo come i soci dovranno comportarsi in sede di votazione durante l’assemblea dei soci. Il loro scopo è quello di uniformare il comportamento dei soci facenti parte del patto convogliandolo verso un’unica direzione.
Si possono distinguere a loro volta in varie tipologie in base al tempo. Possono infatti prevedere che i soci debbano votare in un certo modo in determinate occasioni oppure che debbano votare sempre in quel modo. In questo secondo caso a loro volta si possono distinguere in patti a termine o a tempo indeterminato ovvero riguardanti tutte le delibere assembleari o solo alcune di esse.
Altre peculiarità di tali pattuizioni sono le seguenti:
- il voto può essere esercitato con il consenso unanime di tutti i soci o a maggioranza;
- in modo diretto dai soci sindacati ovvero da un rappresentate comune da loro delegato che voterà nelle modalità prescelte dagli stessi.
Se un socio non adempie alle pattuizioni contrattuali votando in maniera difforme la delibera assembleare resta comunque valida per l’efficacia obbligatoria di tali patti. Il socio inadempiente deve tuttavia risarcire il danno agli altri soci. Solo nel caso in cui si verifichi un conflitto di interessi (art. 2373, primo comma, c.c.) tra alcuni soci sindacati e la società può non essere più certa la validità della delibera assembleare perché impugnabile ex art. 2377 c.c.
Sindacati di blocco
Si chiamano così i patti parasociali con cui uno o più soci si obbligano a:
- non vendere le proprie azioni prima che sia passato un certo arco di tempo oppure
- a rispettare la prelazione o il gradimento di altri soci facenti parte del patto prima di procedere al trasferimento delle proprie partecipazioni o, ancora
- vietare l’alienazione delle azioni. In questo caso il patto è valido se risponde ai requisiti richiesti dall’articolo 1379 c.c. ovvero se rispetta limiti temporali ragionevoli e convenienti e se c’è un apprezzabile interesse di una delle parti.
Il loro scopo è circoscrivere l’accesso alla compagine sociale e di non alterarla.
Anche i sindacati di blocco hanno efficacia obbligatoria con il conseguente dovere di risarcire il danno da parte del socio in caso di inadempimento. Non viene pertanto pregiudicata la validità della vendita delle partecipazioni né l’iscrizione dell’acquirente nel libro dei soci.
Quanto durano i patti parasociali
La disciplina della durata dei patti parasociali va distinta a seconda che questi siano stipulati da società chiuse, aperte (cioè quotate) ovvero con azionariato diffuso.
Per quanto riguarda la prima e la terza tipologia si applica la disciplina della durata contenuta all’articolo 2341-bis c.c. Questo stabilisce che i patti possono essere:
- a tempo determinato e durare massimo 5 anni. Se viene pattuita una durata più estesa il patto si intende avere la medesima durata prevista dalla norma.
- a tempo indeterminato e in tal caso le parti, che non hanno previsto una durata del patto, hanno la facoltà di recedere dando un preavviso di 180 giorni.
Ai patti parasociali stipulati nelle società quotate si applica invece la disciplina dell’articolo 122 del T.U.F, ai quali, come afferma la norma stessa, non si applicano gli articoli 2341-bis e 2341-ter. Anch’essi possono essere:
- a tempo determinato con una durata massima di 3 anni, rinnovabile alla scadenza. Se prevista dalle parti una durata maggiore questa si intende sempre pari a tre anni;
- a tempo indeterminato con il diritto di recesso esercitabile dando un preavviso di 6 mesi.
Il sistema della pubblicità dei patti parasociali
Anche sotto il profilo della pubblicità dei patti parasociali la disciplina va distinta in applicazione alle società chiuse, aperte o con azionariato diffuso.
Quanto alle prime non è previsto alcun sistema di pubblicità a differenza delle altre due tipologie per le quali sono previste regole ben precise di pubblicità.
Ai sensi dell’articolo 122, primo comma, del T.U.F infatti nelle società quotate i patti devono essere, entro 5 giorni dalla stipulazione:
- comunicati alla Consob;
- pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana;
- depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sua sede legale;
- comunicati alle società con azioni quotate.
L’inosservanza di tali obblighi pubblicitari determina la nullità dei patti, ai sensi del terzo comma dell’articolo 122 del T.U.F.
Ai patti parasociali stipulati nelle società con azionariato diffuso si applica la disciplina di cui all’articolo 2431-ter che parla di “società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio”. Nonostante la dicitura, tale disposizione invece non si applica alle società quotate. Le regole che determinano il sistema della pubblicità di tali sono:
- la comunicazione alla società;
- la dichiarazione all’apertura di ogni assemblea e trascrizione in un verbale che deve essere successivamente depositato presso il registro delle imprese.
In mancanza della dichiarazione gli azionisti stipulanti il patto non possono votare e se hanno votato e il loro voto è stato determinante nell’assunzione della delibera questa può essere impugnata ai sensi dell’articolo 2377 c.c.