Il patto commissorio – indice:
Nato come patto lecito fra gli antichi greci e in parte fra i romani, solo in epoca Costantiniana fu vietato in Italia e a seguire in altri Paesi dell’Europa. Si manifesta come clausola di un rapporto obbligatorio o come vincolo autonomo con cui, in favore del creditore, le parti stabiliscono l’automatica acquisizione del diritto o del bene dato in garanzia quando il debitore non adempie l’obbligazione. Tale patto è vietato dagli articoli 2744 e 1963 del codice civile.
Cos’è il patto commissorio
Il patto commissorio è un accordo con cui le parti stabiliscono che dall’inadempimento del debitore deriva l’automatico passaggio di proprietà al creditore della cosa data in garanzia. In altre parole, convenendo a tale patto, il debitore rinuncia alla proprietà di un bene qualora dovesse non adempiere.
È implicitamente vietato dal codice civile che ne sancisce la nullità quando accede alle garanzie reali tipiche del pegno e dell’ipoteca sia in tema di anticresi. Le parole testuali dell’articolo 2744 del codice civile sono le seguenti: “È nullo il patto col quale si che, in del del nel fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto e’ nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno”.
Analoghe testuali parole sono contenute nell’articolo 1963 sull’immobile dato in garanzia del creditore anticretico. In tema di anticresi, peraltro, la giurisprudenza ha confermato la nullità del patto con cui il creditore si appropria dell’immobile dato in garanzia. Sia che questo sia stato dato dal debitore che da un terzo per lui.
In entrambi i casi non rilevano le modalità con cui il creditore si appropria del bene, anche se ha incaricato un terzo di farlo.
Come funziona il patto commissorio
Il patto commissorio è una clausola che si inserisce in un contratto o un vincolo negoziale autonomo e accessorio a un contratto. Garantisce, nel modo sopra descritto, il soddisfacimento del creditore a fronte dell’inadempimento del debitore, rafforzando il diritto di credito sotto il profilo giuridico. In base a tale patto, il bene dato in garanzia viene acquisito dal creditore al valore attuale che possiede, sia che sia inferiore che superiore a quello del credito. Il momento in cui il creditore acquista il diritto ad appropriarsi del bene coincide con la scadenza di pagamento del debito non pagato. Si ritiene pertanto che il patto esplichi i suoi effetti sotto condizione sospensiva corrispondente all’inadempimento.
La legge disciplina la nullità di tale patto senza enunciarne dei requisiti. Disciplinandone la nullità lo vieta, in quanto, secondo la giurisprudenza prevalente, si vuole evitare un indebito ed esagerato eventuale arricchimento del creditore a danno del debitore. La Cassazione con la sentenza 649 del 2010 definisce il patto commissorio come lo strumento per “conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito…”.
Questioni sulla nullità del patto autonomo
Il legislatore associa all’articolo 2744 del codice civile la nullità del patto commissorio accedente al pegno e all’ipoteca, e all’articolo 1963 la nullità del patto commissorio nel contratto di anticresi. Da una lettura rigorosa e tassativa della norma, dunque, discende che il divieto del patto commissorio opera con riferimento a quei casi espressamente previsti dalle legge.
Il patto autonomo, ovvero previsto per casi diversi da quelli previsti dalla legge, in cui, ad esempio, la garanzia non afferisce a un trasferimento del diritto di proprietà ma di un altro diritto reale di godimento (ad esempio l’usufrutto), è nullo? L’orientamento giurisprudenziale prevalente considera il divieto di patto commissorio estendibile anche a queste ipotesi, seppur non espressamente disciplinate dalla legge.
Citiamo, a conferma di quanto detto, la rilevante pronuncia della Cassazione, numero 9466 del 2004: “La giurisprudenza di questa Corte elaborata in relazione alla ravvisabilità del patto commissorio vietato, ha abbandonato, a partire delle sentenze delle Sezioni Unite n. 1611 e 1907/89, il criterio formalistico e dell’interpretazione strettamente letterale dell’art. 2744 c.c., introducendo il criterio ermeneutico funzionale e finalizzato ad una più efficace tutela del debitore e ad assicurare la par condicio creditorum, contrastando l’attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli legali”.
Patto commissorio e patto marciano
Alla figura illecita nel nostro ordinamento del patto commissorio si affianca quella lecita del patto marciano. Quest’ultimo fornisce la stessa funzione di garanzia del patto commissorio ma con il vantaggio per il debitore di prevedere una clausola di giusta stima. Tale clausola toglie il debitore dall’incerto e probabile arricchimento in suo danno che si genera con il patto commissorio.
Il patto marciano è lecito in quanto assicura al debitore una eventuale perdita patrimoniale di pari valore a quella del debito garantito. Anch’esso, come il patto commissorio, è condizionato all’inadempimento del debitore. Prima di determinare il diretto trasferimento del bene in capo al creditore, tuttavia, ne impone una stima di valore da parte di un soggetto terzo. Tale valore va assunto nel tempo successivo alla scadenza del credito e acquisito dal creditore solo per la parte corrispondente al valore del proprio credito. Si evita così, da parte di quest’ultimo, un indebito arricchimento.
Datio in solutum
Si parla di datio in solutum quando, a seguito di accordo negoziale, la parte che deve garantire offre spontaneamente l’alienazione del bene all’altra. In tal caso si ritiene inoperante l’automatico trasferimento che viola il divieto di patto commissorio. Non c’è pertanto nessuna infrazione del divieto di cui all’articolo 2744 del codice civile.
Deroghe al patto commissorio
Il divieto di patto commissorio non si applica ai contratti di garanzia finanziaria. Sono da ricomprendere fra questi quelli elencati dall’articolo 1 del decreto legislativo numero 170 del 2004: “il contratto di pegno o il contratto di cessione del credito o di trasferimento della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine, e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie”. Tale decreto, introduttivo appunto di tali fattispecie giuridiche, è stato emanato in previsione dell’attuazione in Italia della direttiva comunitaria 2002/47/CE.
L’articolo 6 del decreto legislativo suddetto, ha affermato al secondo comma come “Ai contratti di garanzia finanziaria che prevedono il trasferimento della proprietà con funzione di garanzia, compresi i contratti di pronti contro termine, non si applica l’articolo 2744 del codice civile”.
Le alienazioni a scopo di garanzia
I contratti di alienazione come la vendita spesso vengono utilizzati a scopo di garanzia. Ciò accade perché un soggetto che necessita di una prestazione e deve offrire una idonea garanzia stipula un contratto di alienazione di un proprio bene con il diritto di riscattarlo una volta adempiuta l’obbligazione. Il creditore si assicura così la soddisfazione del proprio credito in caso di inadempimento trattenendo il bene alienato. Alcuni fra quelli meno frequenti come la vendita con patto di riscatto o il sale and lease back (una specie di leasing) quando utilizzati a tale scopo cadono nel divieto del patto commissorio.
Più sentenze della Cassazione a Sezioni unite sono raggiunte a questa conclusione. Fra le più note citiamo la numero 1611 del 1989 secondo cui, assodato che il divieto di patto commissorio vige a tutela del debitore e della par condicio creditorum dalle insidie del creditore, le alienazioni a scopo di garanzia sarebbero nulle indipendentemente dal momento in cui l’oggetto dell’alienazione viene trasferito e dal modello negoziale prescelto.
La nullità: effetti
Come abbiamo già detto, la legge commina la nullità al patto commissorio convenuto fra le parti.
La nullità del contratto commissorio tuttavia non incide sull’intero negozio giuridico, che resta valido, bensì limita i suoi effetti al solo patto. Questo si considererà come non apposto e non produrrà effetti.
Citando inoltre il disposto di cui all’articolo 1341 del codice civile, secondo comma, secondo cui “In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte…”, nel caso del patto commissorio la nullità opera ugualmente anche se messo per iscritto.
Se i beni oggetto di alienazione sono stati dati in garanzia con ipoteca o pegno, tali garanzie non vengono intaccate dalla nullità del patto e rimangono valide.