Il possesso – indice:
- Cos’è
- Buona e mala fede
- L’acquisto
- Successione e accensione
- Dalla detenzione al possesso
- Usucapione
- Possesso vale titolo
- Restituzione della cosa posseduta
- Azioni a difesa
Il possesso è un istituto giuridico che ha origini molto antiche. Deriva infatti dal diritto romano in cui il sistema giuridico si basava sull‘usus e sulla possessio. Con l’evoluzione del diritto, quest’ultima ha inglobato l’usus portando a delineare un’unica categoria concettuale. Il nostro codice civile lo disciplina agli articoli 1140 e seguenti del codice civile differenziandone i diversi modi di acquisto.
Cos’è il possesso
L’articolo 1140 del codice civile stabilisce che il possesso è “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”.
La norma afferma sostanzialmente che dal possesso si origina un rapporto tra un soggetto e una cosa che può manifestarsi in due diversi comportamenti:
- il soggetto esercita dei poteri sulla cosa come ne fosse proprietario ma non ha un diritto soggettivo di esercizio di tali poteri su quella cosa. Significa che ha il possesso sulla cosa in una circostanza di fatto e si tratta di un possesso illegittimo;
- lo stesso soggetto esercita i poteri sulla cosa ed ha anche il diritto soggettivo che lo rende proprietario. In questo caso si ha una circostanza di fatto che corrisponde a una circostanza di diritto e pertanto il possesso è legittimo. Oppure possiede solo il diritto soggettivo ma non esercita i poteri sulla cosa e dunque ha la proprietà ma non il possesso.
Si precisa che il fatto che il soggetto sia titolare del diritto di proprietà sulla cosa non è fattispecie costitutiva del possesso che esiste anche soltanto con l’esercizio dei poteri sulla cosa corrispondente all’esercizio della proprietà. Si hanno dunque delle situazioni di fatto e di diritto che possono o meno coesistere.
Può essere pieno se vengono esercitati poteri sulla cosa corrispondenti all’esercizio della proprietà, minore se si esercitano diritti reali, in comune (compossesso) se vi sono più persone che esercitano i poteri sul bene.
Differenza con la detenzione
Chi possiede la cosa, per essere possessore, deve avere anche l’intenzione di agire su di essa come fosse il proprietario o altro titolare di diritto reale. Quando manca tale intenzione si dice che il soggetto ne è detentore.
Come afferma la norma si può essere possessori anche se la custodia materiale del bene è in seno ad altro soggetto che riveste, appunto, la qualità di detentore. Questo infatti dispone e gode della cosa ma non può esercitare poteri che manifestino l’esserne proprietari.
Emerge nel secondo comma dell’articolo 1140 in commento la distinzione tra possesso immediato e possesso mediato. “Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona”.
La buona e la mala fede nel possesso
Con riguardo alla circostanza di possesso illegittimo, rilevano gli elementi della buona e della mala fede nel comportamento tenuto dal possessore.
Possiede in buona fede, afferma l’articolo 1147, primo comma, del codice civile “chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto”. Il possessore in mala fede invece risponde a un comportamento contrario a quest’ultimo, ovvero è consapevole di ledere l’altrui diritto.
Chi possiede in buona fede riceve tutela dalla legge. Questa si ravvisa dal terzo comma dell’articolo 1147 in quanto:
- non gli spetta dimostrare di essere in buona fede in quanto la stessa “è presunta”. Sarà dunque la controparte a dover dimostrare che il possessore è in mala fede;
- è sufficiente abbia iniziato a possedere la cosa in buona fede per essere tutelato dalla legge non rilevando la sopravvenuta mala fede.
La buona fede è irrilevante ai fini legislativi, e dunque non tutelata, se il soggetto ignorava di ledere l’altrui diritto per “colpa grave”. Per colpa grave si intende un errore non scusabile (articolo 1147 secondo comma)
Quando si acquista il possesso e come si capisce che un soggetto lo ha acquistato?
Il possesso si acquista quando si esercitano i poteri descritti dall’articolo 1140 ovvero ci si comporta come proprietari o altro titolare di diritti reali. Non si acquista il possesso invece per il solo fatto che soggetti terzi abbiano assunto un comportamento di tolleranza (articolo 1144 codice civile).
Capire se un soggetto è possessore o meno di una cosa tuttavia risulta difficile. Ciò che bisogna valutare è se costui ha l’intenzione di comportarsi come proprietario, come avevamo già accennato. Anch’essa non è facile da rilevare.
La legge pertanto ha individuato alcune regole che aiutano a presumere che vi sia il possesso. Distingue, in due norme differenti, la cosiddetta presunzione di possesso. Tale presunzione si regge sul fatto che chi tiene un comportamento idoneo a ritenere il soggetto possessore della cosa perché esercita di fatto dei poteri sulla stessa si presume possessore.
Le due norme sono l’articolo 1142 e l’articolo 1143 del codice civile. Denominate rispettivamente presunzione di possesso intermedio e presunzione di possesso anteriore.
La prima avvantaggia chi possiede attualmente e ha posseduto anche in tempo più lontano, dimostrandolo, con la presunzione che abbia posseduto anche durante il tempo intermedio.
La seconda attribuisce al possessore attuale la qualità di possessore anteriore solo se ciò viene dimostrato tramite un titolo idoneo a far valere il possesso. E, in tal caso, si presume possessore dalla data del titolo.
Il possesso derivato
Il possesso può essere acquisito anche per derivazione, ovvero quando viene trasferito da un vecchio possessore a uno nuovo. Si parla in questo caso di “traditio” che era, nel diritto romano, la modalità più naturale per trasferire il possesso ovvero con la consegna della cosa.
Si può trasferire il possesso dunque consegnando materialmente il bene al nuovo possessore oppure consegnando allo stesso qualcosa che con quel bene abbia un legame tale da permetterne di agire liberamente su di esso.
Il trasferimento del possesso inoltre può tradursi in due diverse ipotesi:
- Il mutamento della detenzione in possesso, disciplinato dall’articolo 1141 del codice civile e
- il passaggio dal possesso alla detenzione (ipotesi contraria).
Il possesso per successione o accensione
Il possesso si può acquistare anche in due ipotesi ben distinte. Il verificarsi dell’una o dell’altra dipende dalla qualifica del nuovo successore:
- si ha accensione del possesso quando chi subentra nel possesso è un successore a titolo particolare. In questo caso, come afferma l’articolo 1146 del codice civile, il successore, per godere dei vantaggi del possesso, ha facoltà di unire il suo possesso a quello di chi gli trasmette il diritto;
- nella seconda ipotesi un soggetto acquista il possesso da un altro che gli trasmette il diritto in forza di un titolo universale. Ad esempio la successione mortis causa. In tal caso il possesso del dante causa si trasferisce automaticamente nella sfera del successore: assume dunque una disciplina specifica che è quella del possesso dei beni ereditari.
Come si trasforma la detenzione in possesso
Come si è già accennato, la detenzione può trasformarsi in possesso. Lo si desume dall’articolo 1141 del codice civile che spiega come ciò avviene.
Il secondo comma della norma recita “Se alcuno ha cominciato ad avere la detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga a essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò vale anche per i successori a titolo universale”.
La volontà di esercitare un comportamento da possessore, cosiddetto animus possidendi, non è sufficiente affinché possa avvenire tale conversione. Sono indispensabili infatti degli eventi esterni, quelli previsti dalla norma, ovvero:
- che il possessore si opponga al comportamento del detentore che si atteggi quale possessore, vantando il proprio diritto di esercitare sul bene le azioni corrispondenti alla proprietà;
- il trasferimento del possesso dal possessore al detentore in forza di un titolo che lo investa dei poteri di esercizio del diritto di proprietà o altro diritto reale.
L’interversione del possesso
Analogamente a quanto detto sopra, le stesse condizioni sono necessarie al verificarsi dell’interversione del possesso. Si utilizza tale espressione per indicare il passaggio da un possesso minore (esercizio di diritti reali sulla cosa) a un possesso pieno (esercizio del diritto di proprietà).
Il possesso quale fondamento dell’usucapione
Il possesso protratto per un certe periodo di tempo in modo continuativo, porta all’acquisto del diritto di proprietà che prima non si aveva tramite l’istituto dell’usucapione.
Affinché possa dirsi applicabile l’usucapione, tuttavia il possesso deve:
- essere esente da vizi. È viziato quando ottenuto “in modo violento o clandestino” ai sensi dell’articolo 1163 del codice civile. In tal caso è utile all’usucapione solo una volta che siano cessati i vizi. Non è viziato invece quando acquisito da chi era in mala fede.
- aver avuto la continuità necessaria ad usucapire la proprietà della cosa posseduta.
Si può acquistare la proprietà da chi non ha il titolo?
Di norma, non si può diventare proprietari di una cosa acquistandola da chi non ne era il proprietario.
Per i beni immobili e i beni mobili registrati tuttavia tale problema non si pone in quanto la legge ha previsto il sistema della trascrizione per ovviare l’incertezza sulla provenienza di tali beni.
Per quanto riguarda l’acquisto dei beni mobili non registrati entra in gioco il possesso applicandosi l’articolo 1153 del codice civile. Questo contiene la regola del “possesso vale titolo”.
Si riprende il testo della norma: “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà“.
La norma stabilisce espressamente che si può acquistare la proprietà da chi non è proprietario ad alcune condizioni:
- si acquisti un bene mobile non registrato mediante consegna;
- l’acquisto si realizzi con un titolo valido (con una persona con capacità di agire) e solo in astratto idoneo a trasferire la proprietà. Solo in astratto in quanto concretamente non avrebbe effetto traslativo mancando il titolo di proprietario del dante causa;
- chi acquista si trovi in buona fede ovvero ignori che il venditore non sia proprietario della cosa. Se l’acquirente era consapevole che a disporre della cosa era una persona non autorizzata da titolo, neppure la conoscenza della sopravvenuta qualità di proprietario di questa lo rende in buona fede.;
- il ricevente il bene mobile deve aver acquistato anche il possesso della cosa.
Cosa succede quando deve essere restituita la cosa posseduta
Il codice civile disciplina fra gli effetti del possesso l’ipotesi in cui il proprietario della cosa posseduta ne chieda, a chi la possiede, la restituzione. Definisce in particolare come vadano trattati i frutti e le spese ad essa relativi.
Bisogna distinguere se il possessore era in buona o mala fede. Nel primo caso il possessore potrà continuare a godere dei frutti percepiti dalla cosa, facendoli suoi, fino alla domanda giudiziale dovendo restituire soltanto quelli maturati in suo favore dopo la domanda (articolo 1148 codice civile). Nel secondo caso il possessore in mala fede è obbligato a restituire tutti i frutti a lui pervenuti durante il possesso.
Relativamente alle spese l’articolo 1149 del codice civile afferma che “Il possessore che è tenuto a restituire i frutti indebitamente percepiti ha diritto al rimborso delle spese a norma del secondo comma dell’articolo 821″. Per le spese per riparazioni ordinarie, straordinarie o miglioramenti eseguiti dal possessore sulla cosa questi ha diritto al rimborso o ad una indennità a seconda che si trovi in buona o mala fede. Si veda l’articolo 1150 del codice civile.
Le azioni a difesa del possesso
Parallelamente alle azioni adottabili dal titolare del diritto di proprietà per difendere il suo diritto contro il possessore illegittimo, chiamate azioni petitorie, la legge ha messo a disposizione degli strumenti di tutela anche al possessore. Questo infatti può vedere aggredito ciò che possiede da parte di terzi o anche dal legittimo proprietario.
Si tratta delle azioni possessorie disciplinate agli articoli 1168, 1169 e 1170 del codice civile.
L’azione di reintegrazione o spoglio risponde all’esigenza di “chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso”. Chi si trova in tale situazione può chiedere al giudice, entro un anno dall’evento, di ordinare, contro l’autore dello spoglio, la reintegrazione della cosa posseduta.
L’azione di manutenzione invece è rivolta a “chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili”. Questo può chiedere al giudice di far cessare le molestie subite. Tale azione è utile anche a chi è stato spogliato del possesso in modo né violento né clandestino e ne desideri la reintegrazione. Riguarda solo i beni immobili e le universalità di mobili e dev’essere esercitata entro un anno dalla turbativa.
In conclusione, citiamo le azioni di nunciazione, disciplinate agli articoli 1171 e 1172 del codice civile. Sono l’azione della denunzia di nuova opera e di danno temuto e sono altrettanti strumenti utili a tutelare con rapidità un possesso minacciato dall’esecuzione altrui di una nuova opera oppure da un danno derivante da un edificio, un albero o altra entità pregiudizievole.