Il possesso dei beni ereditari – indice:
Procedendo per gradi, data la complessità dell’argomento, si introduce il discorso rammentando cosa si intenda per possesso ai sensi dell’articolo 1140 del codice civile. “Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”. Proiettando l’istituto alle successioni per causa di morte, l’articolo 1146, primo comma, del codice civile estende il possesso all’erede quando si apre la successione.
Cos’è il possesso dei beni ereditari
Il possesso dei beni ereditari è quella relazione giudica o materiale, che esiste tra un soggetto e i beni appartenenti all’asse ereditario.
Nella fase precedente all’assunzione della qualità di erede, con l’accettazione dell’eredità, al chiamato è data dalla legge la facoltà di esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari. Ciò si desume da quanto affermato dall’articolo 460, primo comma, del codice civile che conferma, ciò che poi è previsto all’articolo 1146 del codice civile relativamente all’erede, l’automatico subentro del chiamato nel possesso dei beni ereditari.
Il primo comma dell’articolo 460 tuttavia si conclude affermando “…senza bisogno di materiale apprensione”. Ciò significa che il possesso non deve essere necessariamente materiale. La dottrina, infatti, distingue due tipi di possesso: quello giuridico, a cui si riferisce la norma in commento, e quello materiale. Il possesso giuridico dunque è quello che si trasferisce per legge in capo al chiamato, mentre quello materiale è la relazione appunto materiale che si instaura tra il soggetto e i beni facenti parte del patrimonio ereditario.
Il possesso dei beni ereditari può inoltre essere uno dei presupposti dell’accettazione dell’eredità per facta concludentia. Nel successivo paragrafo si approfondisce cosa dice in merito l’articolo 485 del codice civile.
Accettazione dell’eredità e possesso dei beni ereditari
Secondo l’articolo 485 del codice civile, il chiamato in possesso dei beni ereditari può accettare l’eredità eseguendo l’inventario entro tre mesi dal giorno di apertura della successione. In alternativa alla redazione dell’inventario accetta l’eredità acquistando la qualità di erede puro e semplice. La norma si riferisce all’accettazione con beneficio d’inventario.
Anche qui, il possesso a cui fa riferimento la norma può essere giuridico o materiale. La nozione è generica e pertanto il possesso può essere esercitato a qualsiasi titolo. Può trattarsi dunque di un possesso in senso proprio (articolo 1140 codice civile) o di una semplice disponibilità.
Altre caratteristiche del possesso elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, in particolare nella recente sentenza della Cassazione numero 4456 del 2019, sono le seguenti:
- può riferirsi a una sola parte del patrimonio ereditario o addirittura ad un solo bene;
- il chiamato dev’essere consapevole che il possesso si riferisca ai beni oggetto del patrimonio ereditario;
- non deve rendersi quale esercizio del diritto di proprietà sui beni;
- può essere esercitato anche per mezzo di terzi;
- può aversi per tutto il tempo a disposizione per redigere l’inventario o per un tempo più limitato, non facendo l’articolo 485 alcun riferimento alla durata.
Possesso dei beni ereditari e accettazione tacita dell’eredità.
Il conseguimento del possesso materiale dei beni ereditari non è di per sé sufficiente a determinare un’accettazione tacita dell’eredità.
A chiarirlo sono varie sentenza della Suprema Corte. In particolare si menziona la più recente, la numero 20868 del 2005 che ha stabilito come “la invocata relazione possessoria, pur se sussistente, non sarebbe di per sé sufficiente ad integrare una accettazione tacita dell’eredità, posto che l’immissione nel possesso dei beni ereditari può anche dipendere da un intento conservativo del chiamato o da tolleranza da parte degli altri chiamati”.
La Corte, procedendo nelle sue ragioni, afferma implicitamente che il possesso dei beni ereditari non è un comportamento univoco. Dunque, di per sé, non può integrare accettazione tacita dell’eredità a meno che non sia accompagnato da comportamenti che valorizzino un’intesa in tal senso.
La contitolarità del possesso e l’usucapione sull’intera massa ereditaria
L’istituto dell’usucapione di un compossessore chiamato all’eredità sull’intera massa, può astrattamente verificarsi anche quando la devoluzione dell’eredità sia destinata a più soggetti, coeredi e contitolari dei beni ereditari. In tal caso però, ognuno di essi deterrebbe presuntivamente il possesso sulla massa ereditaria comune.
Il coerede può però, laddove se ne verifichino i presupposti, invocare l’acquisto dell’esclusiva proprietà del bene tramite l’usucapione. L’istituto, sinteticamente, costituisce una modalità di acquisto della proprietà di un bene mediante il possesso continuo e ininterrotto per un determinato periodo di tempo. Ai fini dell’usucapione il possesso deve protrarsi per venti anni per i beni immobili e per dieci anni per i beni mobili.
Premesso che l’usucapione può ben essere fatta valere anche su un bene di proprietà comune, è in questo caso necessario verificare a quali condizioni il coerede può usucapire la quota degli altri coeredi.
La sentenza numero 10512 del 2018 della Corte di legittimità ha ritenuto che “il coerede che dopo la morte del “de cuius” sia rimasto nel possesso del bene ereditario, può, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi, senza necessità di interversione del titolo del possesso ma a tal fine, egli, che già possiede “animo proprio” ed a titolo di comproprietà, è però tenuto ad estendere tale possesso in termini di esclusività, il che avviene quando egli goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “utí condominus”, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune”.
Il successore a titolo particolare e l’accessione del possesso del de cuius
Per il successore a titolo particolare (legatario), l’articolo 1146 del codice civile disciplina l’accessione del possesso, diversa dalla successione nel possesso. In questo caso, diversamente a quanto succede per l’erede con cui il possesso del de cuius e il suo diventano uno unico per effetto della successione, i due possessi restano divisi.
L’articolo 1146, secondo comma, infatti afferma che “Il successore a titolo particolare può unire al proprio possesso quello del suo autore per goderne gli effetti”. Per effetto di tale disposizione l’unione dei due possessi (del de cuius e del legatario) è rimessa alla scelta del successore.
Affinché il successore a titolo particolare possa unire il proprio possesso a quello del de cuis è necessario, secondo la Suprema Corte, che ci sia un titolo idoneo almeno in astratto “a trasferire la proprietà o altro diritto reale sul bene; dal che consegue, stante la tipicità dei negozi traslativi reali, che l’oggetto del trasferimento non può essere costituito dal trasferimento del mero potere di fatto sulla cosa” (Corte di Cassazione, sezione II Civile, 30 gennaio 2017, n. 2295).
Il possessore dei beni ereditari diventa soggetto passivo dei debiti del de cuius?
Ai sensi dell’articolo 486 del codice civile “Durante i termini stabiliti dall’articolo precedente per fare l’inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i poteri indicati nell’articolo 460, può stare in giudizio come convenuto per rappresentare l’eredità”.
Il chiamato all’eredità in possesso dei beni ereditari, dunque, può stare in giudizio per rappresentare l’eredità. Non essendo ancora titolare della qualità di erede però non assume le obbligazioni debitorie facenti capo al de cuius e nessuna condanna al pagamento di un debito ereditario può essere fatta contro di lui.
Laddove un creditore agisse nei confronti di un chiamato, questi avrebbe tuttavia l’onere di resistervi contestando la propria qualità di erede e la mera qualità di chiamto. La successiva opposizione a un giudicato già concluso, non sarebbe sufficiente a contestare tale pretesa, neppure se l’esecutato avesse rinunciato all’eredità precedentemente alla venuta ad esistenza del titolo esecutivo.