La prelazione agraria – indice:
La l. 817/1971 indica che dall’esercizio della prelazione agraria scaturisce un trasferimento a titolo oneroso, o la concessione in enfiteusi. Il fatto che nello stesso testo normativo vi sia poi un chiaro riferimento al termine “prezzo”, e alla fattispecie del “preliminare di compravendita” in qualità di tipologia negoziale dove è prescritta la formalità della notifica della denuntiatio, non sono certo elementi privi di conseguenza.
Da quanto sopra, infatti, ne è scaturito il fatto che la giurisprudenza ha più volte ritenuto, in via di opinione prevalente, che nella prelazione agraria possa rientrare ogni tipologia negoziale che abbia come caratteristica quella di costituire un corrispettivo per la cessione del fondo agricolo.
Di qui, risulterà essere utile una breve esame delle principali ipotesi negoziali.
La vendita e la prelazione agraria
Cominciamo con le fattispecie di vendita, in senso lato. Per esempio, si può ben procedere alla vendita della nuda proprietà: in questo caso spetta la prelazione, perché il coltivatore diretto che acquista la nuda proprietà nel tempo dovrebbe poter ambire a diventare il proprietario dell’intero fondo, con riconduzione in un’unica figura dei diritti di nuda proprietà e di usufrutto, ed “evoluzione” sostanziale di pieno proprietario.
È altresì soggetta alla prelazione la vendita con patto di riscatto, atteso che l’acquisto della proprietà, per effetto dell’esercizio della prelazione, non potrà che prevalere sull’esercizio del riscatto convenzionale, in considerazione dell’interesse pubblico che contraddistingue tale ipotesi, e del quale abbiamo parlato negli approfondimenti che abbiamo compiuto nel corso degli ultimi giorni.
Un’altra formula che comporta la prelazione è la vendita di quota indivisa, che fa scaturire il diritto di prelazione sia nella figura del coltivatore diretto, sia nei confronti del comproprietario che abbia comunque la qualifica di coltivatore diretto. In tale scenario, infatti, la giurisprudenza ha più volte sottolineato come il coltivatore diretto sia comunque da favorire, anche pro quota, non rilevando che nell’eventuale divisione potrebbe non esser attribuita a lui la porzione di fondo che in precedenza era coltivato.
Infine, è certamente in grado di rientrare in tale novero la vendita per asta pubblica, che peraltro a volte viene prevista dalla pubblica amministrazione per poter effettuare una scelta del soggetto acquirente in via concorsuale. Anche tale fattispecie non potrà che rispettare la prelazione agraria, visto e considerato che la vendita per asta pubblica non può certamente rendersi equivalente alle ipotesi di vendita forzata, di liquidazione coatta amministrativa, di fallimento o di espropriazione per pubblica utilità. Queste ultime formule sono infatti escluse in maniera espressa dalla prelazione agraria, ex l. 590/1965.
La rendita vitalizia
Un cenno separato occorre impiegarlo nei confronti della cessione in rendita vitalizia. Un’operazione che dà luogo alla prelazione, ma non in caso di vitalizio alimentare. Quest’ultimo è contraddistinto dall’obbligo dell’acquirente di corrispondere, per l’intera vita, vitto, alloggio e ogni altra cosa sia necessaria per i bisogni.
Per la giurisprudenza, questa ultima ipotesi prevede una prestazione talmente personalizzata da escludere la possibilità del diritto di prelazione. Unitamente all’evidenza che le prestazioni, in relazione allo stato di bisogno del vitaliziando, possono cambiare in termini notevoli, contrastando così la struttura della prelazione.
Operazioni societarie
Ma che cosa accade nell’ipotesi di cessione di fondo nell’ipotesi che lo stesso appartenga a una società di capitali, e si proceda alla cessione delle azioni della società?
In realtà, la giurisprudenza prevalente ha sottolineato che non vi è trasferimento a titolo oneroso di fondo rustico nel caso di cui sopra. La cessione comporta infatti il subingresso di altri nella qualità di socio, non nella titolarità dei beni sociali, che rimanga alla società.
La permuta e la prelazione agararia
La prelazione non sembra poter trovare applicazione nel caso di permuta del fondo con altro bene. In questo caso, la ragione per la quale la permuta non è stata inclusa è che il coltivatore diretto non è in grado di offrire al proprietario del terreno una prestazione identica a quella che è in grado di offrire il terzo. Peraltro, la l. 590/1965 chiude le porte a ogni ipotesi di permuta, e non solamente a quella del terreno agricolo con altro terreno.
Atti a titolo gratuito e prelazione agraria
A questo punto, dovrebbe essere chiaro come non sia possibile includere nell’esercizio della prelazione gli atti a titolo gratuito. Il legislatore presuppone infatti in maniera esplicita, per l’esercizio di tale diritto, che il fondo sia alienato come corrispettivo. In modo ancora più chiaro, possiamo dunque affermare che non rientra nella fattispecie i negozi giuridici a titolo gratuito come la donazione. E, in maniera simile, i negozi non traslativi, ma solo dichiarativi, come la divisione.
In tale ambito, peraltro, la Corte di Cassazione ha chiarito come il diritto di prelazione presuppone un trasferimento a titolo oneroso, mentre se la compravendita è utilizzata al solo fine di arricchire il compratore del differenziale tra il valore del bene e il prezzo pattuito, si configura un negotium mixtum cum donationae, ovvero in grado di costituire una forma di donazione indiretta, e dunque di escludere la prelazione in esame.
Non si applica tale ipotesi, dunque, nel caso di trasferimento del bene a prezzo di favore, tale da costituire donazione indiretta. E, quindi, un atto parzialmente a titolo gratuito.