La protezione degli accordi di ristrutturazione dei debiti – indice:
- La protezione
- Vecchie e nuove disposizioni
- Divieto di azioni cautelari ed esecutive
- La pubblicazione nel registro delle imprese
Come noto, il concordato preventivo è un accordo da raggiungersi con la maggioranza dei creditori, vincolante anche per la minoranza dissenziente. In virtù di ciò, ancor prima dell’ultima riforma della disciplina di questo istituto, erano previsti alcuni effetti di protezione contro atti dei creditori che potessero pregiudicare il raggiungimento dell’accordo, e contro atti di “malgoverno” del debitore.
Diverso è invece il trattamento, e il conseguente ombrello protettivo, rivolto alle parti in causa negli accordi di ristrutturazione dei debiti. Cerchiamo di spiegarlo in termini relativamente sintetici.
La protezione negli accordi di ristrutturazione dei debiti
La formulazione originaria dell’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, introdotta nel 2005 con l’art. 182 bis l.f., atteso il carattere stragiudiziale dell’accordo, vincolante per i creditori aderenti ma non per i creditori non aderenti (che di fatti mantengono il diritto al regolare adempimento, ovvero l’adempimento integrale e alle scadenze pattuite), veniva considerata sufficientemente in grado di tutelare le posizioni grazie anche alla protezione degli atti esecutivi dell’accordo con l’esenzione da revocatoria in caso di fallimento.
In realtà, ben presto ci si rese conto che questo lato della disciplina non era completamente adeguato, tanto da mostrarsi fin da subito la necessità, in caso di consecuzione di fallimento, oltre che della tutela di cui sopra – mediante esenzione da revocatoria di atti, pagamenti e garanzie in esecuzione dell’accordo, anche della prededuzione della nuova finanzia che fosse stata accordata per le necessità della regolazione concordata della crisi.
La tutela della nuova finanzia mediante il riconoscimento della prededuzione in caso di esito negativo degli accordi di ristrutturazione, con conseguente dichiarazione di fallimento, è stata dunque assicurata dalla successiva introduzione degli artt. 182 quater e quinquies.
Accordi di ristrutturazione tra vecchie e nuove disposizioni
In aggiunta a quanto sopra, la disciplina risultò subito fortemente limitativa, considerato che non valutava, tra i principali elementi:
- il rischio che dopo il raggiungimento e il deposito dell’accordo nel registro delle imprese i creditori non aderenti potessero porre in essere azioni contro i cespiti necessari per l’esecuzione delle intese;
- durante le trattative per il raggiungimento dell’accordo, il rischio dell’assunzione da parte dei creditori di iniziative che potessero pregiudicarne l’esito;
- la possibile esigenza, per il pagamento dei creditori non aderenti l’accordo, di acquisire liquidità mediante riscossione di crediti o dismissione dei cespiti, e dunque per assicurare l’integrale pagamento di detti crediti, la necessità di un pur limitato riscadenziamento.
Con queste premesse si è dunque provveduto a una serie di modifiche normative.
Divieto di azioni cautelari ed esecutive
Per quanto concerne il primo dei tre punti di cui sopra, il legislatore ha apportato l’inserimento in normativa della protezione dell’accordo depositato nel registro delle imprese, essendo stato così previsto un automatico divieto per i creditori anteriori di iniziare o di proseguire azioni cautelari ed esecutive sul patrimonio del debitore, nonché di acquisire titoli di prelazione se non concordati, per un periodo di tempo di 60 giorni dalla pubblicazione dell’accordo.
Ad ogni modo, con tale novità in realtà il patrimonio del debitore rimaneva escluso da ogni protezione nel periodo antecedente il perfezionamento dell’accordo, con il rischio di azioni turbative proprio nel momento più delicato, quale quello della trattativa.
Per questo motivo la disciplina è stata ulteriormente integrata con la previsione della possibilità, per l’imprenditore, di richiedere al tribunale – anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’intesa – un divieto per i creditori pregressi di iniziare o di proseguire azioni cautelari ed esecutive.
Tale richiesta deve essere corredata:
- dalla documentazione di cui all’art. 161, primo e secondo comma, lett. a), b), c) e d),
- da una proposta di accordo,
- con una dichiarazione dell’imprenditore con la quale si attesi che sulla proposta di accordo sono in corso trattative con creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti;
- da una dichiarazione di un professionista sull’idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei (una dichiarazione che dovrà poi essere depositata insieme all’accordo vero e proprio).
La pubblicazione nel registro delle imprese
Una volta pubblicata l’istanza nel registro delle imprese, il tribunale dispone la comunicazione ai creditori della documentazione dalla quale l’istanza è stata corredata, e fissa l’udienza in esito alla quale può disporre la sospensione, assegnando un termine di non oltre 60 giorni per il deposito dell’accordo. Il legislatore ha altresì previsto che l’effetto di sospensione si produce dal deposito dell’istanza nel registro delle imprese, e che il divieto si estende anche dall’acquisto di titoli di prelazione, se non concordati.
Dopo il perfezionamento dell’accordo e la pubblicazione nel registro delle imprese, la protezione del patrimonio del debitore è dunque assicurata. Tuttavia, decorso il termine di cui sopra, i creditori anteriori non aderenti all’accordo, atteso il loro diritto al regolare pagamento, avrebbero potuto assumere iniziative per il soddisfacimento dei propri crediti (si pensi alle azioni esecutive e cautelari), anche nel caso in cui per poter far fronte all’integrale pagamento dei loro crediti fosse poi necessario dismettere i cespiti.
Per questo motivo il legislatore ha provveduto con un riscadenziamento ex lege di 120 giorni dall’omologa o dalla scadenza originaria se successiva. Sino a tale nuova scadenza i creditori non aderenti all’accordo non possono dunque procedere con tali iniziative.