La quantificazione dell’assegno di mantenimento – indice:
- Parametri di quantificazione
- Fonti normative
- Assegno per i figli
- I redditi dei coniugi
- Il tenore di vita pregresso
- Condizioni economiche e patrimoniali
- L’assegnazione della casa coniugale
- La durata del matrimonio
L’assegno di mantenimento è una prestazione economica cui può aver diritto il coniuge che non ha adeguati redditi propri e al quale non è addebitabile la separazione e i figli, anche maggiorenni se non economicamente autosufficienti, a seguito della separazione personale dei coniugi. L’entità di tale prestazione economica è stabilita dal giudice o dalle parti in sede di separazione sulla base di vari parametri stabiliti dal codice civile e dalla giurisprudenza.
Gli elementi che incidono sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento
Sia che si tratti di assegno di mantenimento per i figli che per il coniuge gli elementi che determinano la quantificazione dell’assegno sono:
- i redditi netti dei coniugi;
- le proprietà mobiliari e immobiliari;
- la capacità patrimoniale dei coniugi;
- gli oneri che ciascun coniuge deve sostenere periodicamente;
- l’assegnazione della casa coniugale;
- solo per quanto riguarda il figlio, il tenore di vita goduto in costanza del matrimonio tra i genitori;
- la durata del matrimonio per quanto riguarda l’assegno di mantenimento per il coniuge.
Non rileva più il parametro del tenore di vita pregresso come riferimento per la quantificazione dell’assegno di mantenimento per il coniuge.
Fonti normative sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento
Il diritto al mantenimento dei figli e la quantificazione dell’assegno periodico si basano, in primo luogo, su quanto disposto dall’articolo 337 ter del codice civile, in particolare ai commi quarto e sesto.
“4. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”.
“6. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”.
Il diritto al mantenimento del coniuge e gli elementi che incidono sulla sua determinazione invece trovano la propria fonte normativa nell’articolo 156 del codice civile:
“Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato“.
La quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli
Per quantificare l’assegno di mantenimento per i figli si parte dal principio, affermato dal codice civile, che entrambi i coniugi partecipano in misura proporzionale al proprio reddito al loro mantenimento. Il mantenimento dei figli, si ricorda, è composto dall’assegno periodico corrisposto dal coniuge non collocatario e dalle spese straordinarie il cui onere è stabilito di norma in parti uguali tra i coniugi.
Ai fini della quantificazione dell’assegno pertanto si applica quanto afferma l’ordinanza n. 4811 del 01/03/2018 della Cassazione secondo cui “A seguito della separazione personale dei coniugi, nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio minore, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, oltre alla considerazione delle esigenze attuali del figlio ed del tenore di vita da lui goduto”.
Il giudice tuttavia nel determinare l’assegno di mantenimento per i figli può fare riferimento a delle tabelle o protocolli del tribunale che riportino il calcolo dell’assegno con riferimento ad un reddito medio mensile.
I redditi dei coniugi e la quantificazione dell’assegno di mantenimento
I parametri che più parlano chiaro sulla situazione economica e patrimoniale dei coniugi sono i redditi risultanti dalle rispettive dichiarazioni fiscali.
Il giudice tuttavia nel determinare o accogliere un certo ammontare richiesto per l’assegno di mantenimento non deve valutare i redditi in maniera “fiscale”. La giurisprudenza di Cassazione in merito ha infatti affermato, con l’ordinanza n. 975 del 20/01/2021 che “In tema di determinazione del “quantum” dell’assegno di mantenimento, la valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede necessariamente l’accertamento dei redditi nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi”. Dal 2007 è fermo tale orientamento.
Il giudice infatti ha margine di discrezionalità nella determinazione del quantum dell’assegno a prescindere dalle risultanze fiscali delle parti tant’è vero che con ordinanza n. 18196 del 16/09/2015 la Corte di Cassazione ha affermato che “Le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicché nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario (nella specie, concernenti l’attribuzione o la quantificazione dell’assegno di mantenimento) non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione discrezionale, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie”. Si pensi ad esempio al tenore di vita del coniuge obbligato o al suo potere di acquisto.
Liquidazione dell’assegno
Per avere diritto all’assegno di mantenimento il coniuge deve non avere redditi o averne in misura tale da non potersi ritenere autosufficiente. La norma parla di “redditi non adeguati”.
La quantificazione dell’assegno di mantenimento per il coniuge è proporzionata al reddito dell’obbligato. Non ci sono delle regole scientifiche di liquidazione dell’assegno: in alcuni tribunali gli importi vengono calcolati sulla base di tabelle che prevedono per il calcolo l’applicazione di una percentuale in base al reddito dell’obbligato. Poi, come già detto, influiscono sulla quantificazione l’assegnazione della casa coniugale e altri fattori.
La Cassazione in ogni caso ha affermato con l’ordinanza n. 13954 del 31/05/2018 che per la determinazione dell’assegno di mantenimento il reddito dell’obbligato da prendere come riferimento è il reddito netto e non quello lordo. Così si legge nell’ordinanza “In materia di separazione personale dei coniugi, la valutazione delle capacità economiche del coniuge obbligato, ai fini del riconoscimento e della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge, deve essere operata sul reddito netto e non già su quello lordo, poiché, in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto, e ad esso rapporta ogni possibilità di spesa”.
Il tenore di vita pregresso
Il parametro del tenore di vita pregresso in funzione del calcolo dell’assegno di mantenimento per il coniuge non è più considerato nell’attuale orientamento della Cassazione.
La tendenza a non considerare tale parametro è iniziata con la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 18287 del 2018 sull’assegno divorzile ed estesa all’assegno di mantenimento.
In tale sentenza i giudici hanno affermato che il contributo economico “non è finalizzato alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale”.
Secondo l’orientamento precedente della Corte di Cassazione invece il tenore di vita pregresso era un indispensabile elemento di riferimento per la quantificazione dell’assegno.
Emblematica di tale orientamento, nonché di altri principi conservati tuttora per la quantificazione dell’assegno, è la sentenza n. 9915 del 24/04/2007.
Su tenore di vita pregresso la sentenza sosteneva che “In tema di separazione tra coniugi, al fine della quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge, al quale non sia addebitabile la separazione, il giudice del merito deve accertare, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell’assegno, il tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente, accertando le disponibilità patrimoniali dell’onerato”.
Gli altri parametri di quantificazione dell’assegno secondo l’orientamento precedente
Nel prosieguo della sentenza si ricavano gli ulteriori elementi che formano il convincimento del giudice:
“A tal fine, il giudice non può limitarsi a considerare soltanto il reddito (sia pure molto elevato) emergente dalla documentazione fiscale prodotta, ma deve tenere conto anche degli altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell’onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni delle parti (quali la disponibilità di un consistente patrimonio, anche mobiliare, e la conduzione di uno stile di vita particolarmente agiato e lussuoso), dovendo, in caso di specifica contestazione della parte, effettuare i dovuti approfondimenti rivolti ad un pieno accertamento delle risorse economiche dell’onerato, avuto riguardo a tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere e di fondate aspettative per il futuro; e, nell’esaminare la posizione del beneficiario, deve prescindere dal considerare come posta attiva, significativa di una capacità reddituale, l’entrata derivante dalla percezione dell’assegno di separazione.
Tali accertamenti si rendono altresì necessari in ordine alla determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio minore, atteso che anch’esso deve essere quantificato, tra l’altro, considerando le sue esigenze in rapporto al tenore di vita goduto in costanza di convivenza con entrambi i genitori e le risorse ed i redditi di costoro”.
Le condizioni economiche e patrimoniali del coniuge obbligato: oneri e spese straordinarie
Le condizioni economiche e patrimoniali attuali al momento della separazione del soggetto obbligato a corrispondere l’assegno influiscono in maniera importante sulla quantificazione dell’assegno di mantenimento. Le stesse influiscono per tutta la durata in cui il coniuge rimane obbligato ed in relazione alla storia reddituale del coniuge beneficiario. Si possono infatti determinare aumenti o riduzioni dell’importo dell’assegno tramite una modifica delle condizioni di separazione.
Il convincimento del giudice infatti non si fonda solo sui redditi risultanti dalle dichiarazioni ma anche sulle indagini condotte circa il tenore di vita dell’obbligato e la sua capacità di spesa.
Almeno per quanto riguarda i figli il giudice deve cercare di assicurare una tutela più che adeguata e conforme al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Deve inoltre cercare di garantire forme indirette di mantenimento. Quest’ultime tuttavia possono rientrare nella categoria delle spese straordinarie. Tali spese, in ragione di capacità reddituali elevate, possono essere poste in misura maggiore a carico del coniuge obbligato all’assegno.
La casa coniugale e la quantificazione dell’assegno di mantenimento
L’assegnazione della casa coniugale è uno dei parametri primariamente considerati nella quantificazione dell’assegno di mantenimento. La casa coniugale infatti costituisce un valore immobiliare economicamente rilevante che può in parte già assolvere alla funzione di mantenimento del coniuge assegnatario. Il quantum dell’assegno di mantenimento per il coniuge potrebbe pertanto essere più basso qualora venga assegnata la casa coniugale. In tal caso infatti il coniuge assegnatario non deve sostenere oneri di locazione per la sua futura temporanea sistemazione.
Come ha affermato nella recente ordinanza n. 20858 del 21/07/2021 la Corte di Cassazione riprendendo un orientamento pregresso “In materia di quantificazione dell’assegno di mantenimento a seguito della separazione dei coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all’assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell’ambiente domestico, indubbiamente costituisce un’utilità suscettibile di apprezzamento economico, come del resto espressamente precisato dall’art. 337 sexies c.c., e tale principio trova applicazione anche qualora il coniuge separato assegnatario dell’immobile ne sia comproprietario, perché il suo godimento del bene non trova fondamento nella comproprietà del bene, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche ai terzi, che limita la facoltà dell’altro coniuge di disporre della propria quota dell’immobile e si traduce in un pregiudizio economico, anch’esso valutabile ai fini della quantificazione dell’assegno dovuto”.
La durata del matrimonio nella quantificazione dell’assegno di mantenimento
Anche la durata del matrimonio, con riferimento all’assegno di mantenimento per il coniuge, può essere un elemento che influisce sulla determinazione dell’assegno di mantenimento.
Tale orientamento si ricava dalla sentenza n. 25618 del 07/12/2007 in cui si legge che “La durata del matrimonio ed il contributo apportato da un coniuge alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge sono elementi valutabili al fine di stabilire l’importo dell’assegno di mantenimento”.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio