La rappresentanza dell’amministratore di condominio – indice:
- Istituto della rappresentanza
- La rappresentanza sostanziale
- Quella processuale
- I limiti alla rappresentanza
- A quella processuale
- A quella sostanziale
- Il difetto di rappresentanza
Il codice civile attribuisce all’amministratore di condominio la rappresentanza sostanziale e processuale del condominio. La fonte di tale potere è l’articolo 1131 del codice civile il quale stabilisce al primo comma che “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi“.
La rappresentanza nel codice civile
La rappresentanza è un istituto giuridico di fonte codicistica. L’articolo 1388 del codice civile stabilisce che “Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”. L’istituto pertanto vede due soggetti coinvolti, il rappresentante e il rappresentato. Il primo agisce in nome e nell’interesse del secondo compiendo atti giuridici che producono effetti direttamente nella sfera giuridica del secondo, ovvero il rappresentato. Il rappresentante diventa tale quando il potere di rappresentanza gli viene conferito dal rappresentato mediante una procura oppure quando gli viene conferito dalla legge. L’articolo 1387 del codice civile infatti recita “Il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall’interessato”.
La legge attribuisce all’amministratore la rappresentanza del condominio. Tale potere riguarda il compimento di atti giuridici per conto del condominio sia per quanto riguarda gli atti processuali. Si parla nel primo caso di rappresentanza sostanziale e nel secondo caso di rappresentanza processuale.
La rappresentanza sostanziale dell’amministratore di condominio
Come poco fa detto, l’amministratore ha la rappresentanza sostanziale e processuale del condominio.
Tale potere è conferito “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea…”. Nei paragrafi successivi si spiegherà meglio tale precisazione.
La rappresentanza sostanziale riguarda il compimento degli atti di ordinaria amministrazione del condominio. L’amministratore porta all’esterno la volontà dei condomini e si occupa dei rapporti del condominio con i soggetti terzi quali imprese, enti, consulenti, lo Stato e così via. Come verrà precisato in seguito, la rappresentanza sostanziale non comprende gli atti di straordinaria amministrazione che devono essere autorizzati dall’assemblea dei condomini tranne nel caso in cui si tratti di effettuare lavori di manutenzione straordinaria urgenti. Per quanto riguarda gli atti di ordinaria amministrazione inoltre l’articolo 1133, primo periodo, del codice civile, stabilisce che “I provvedimenti presi dall’amministratore nell’ambito dei suoi poteri sono obbligatori per i condomini”.
Quella processuale
La rappresentanza processuale dell’amministratore è sia attiva che passiva.
La legittimazione attiva si ricava dal primo comma dell’articolo 1131 secondo cui “Nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore…può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi”.
La legittimazione passiva invece si ricava dal secondo comma dello stesso articolo secondo cui l’amministratore “Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio”. La norma inoltre proseguendo ad affermare che “..a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto” semplifica le modalità di notificazione degli atti di giudizio identificando l’amministratore quale organo amministrativo competente a ricevere tali comunicazioni in luogo dell’effettuazione di singole notifiche a ciascun condomino. L’esemplificazione è rivolta in particolare ai condominii di grandi dimensioni.
Il potere di rappresentanza processuale dell’amministratore è autonomo cioè non necessita di un’approvazione da parte dell’assemblea dei condomini. Resta comunque in capo all’amministratore il dovere di informare l’assemblea circa lo stato del giudizio pendente.
La legittimazione sia attiva che passiva dell’amministratore infatti è limitata alle materie elencate nell’articolo 1130 del codice civile.
Il fatto che l’amministratore di condominio abbia la rappresentanza processuale del condominio non impedisce l’azione processuale autonoma del singolo condomino o la sua costituzione in un giudizio già pendente per difendere i diritti esclusivi o sulle parti comuni dell’edificio contro i terzi o gli altri condomini.
La rappresentanza dell’amministratore di condominio: limiti
Il potere di rappresentanza dell’amministratore, come già si è potuto dedurre, non è illimitato. Vincoli allo stesso sono imposti in primo luogo dalla legge. È tuttavia opportuno chiedersi se altre fonti possano incidere in senso limitativo sul potere di rappresentanza dell’amministratore. Si fa riferimento in particolare al regolamento condominiale e all’assemblea dei condomini.
È sicuramente possibile, e lo stabilisce la legge, che il regolamento di condominio o l’assemblea dei condomini possano ampliare i poteri rappresentativi dell’amministratore rispetto a quello previsti dalla legge.
Limiti alla rappresentanza processuale dell’amministratore di condominio
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2127 dello scorso 29 gennaio, ha stabilito che il regolamento condominiale non può limitare i poteri di rappresentanza processuale dell’amministratore che gli sono attribuiti dalla legge. In particolare si legge nella sentenza che:
“Il potere dell’amministratore di rappresentare il condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all’art. 1131 c.c., nell’ambito delle attribuzioni conferitegli a norma dell’art. 1130 c.c., deriva direttamente dalla legge e non può soffrire limitazioni né per volontà dell’amministratore né per deliberazione della assemblea. Ne deriva che la clausola contenuta in un regolamento condominiale (ancorché deliberato per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini), secondo cui l’autorizzazione a stare in giudizio debba essere deliberata dall’assemblea, semmai a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, poiché l’art. 1138 c.c., comma 4, prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni ivi menzionate, fra le quali è appunto compresa quella di cui all’art. 1131 citato”.
La legge tuttavia attribuisce altri limiti alla rappresentanza processuale come si legge nell’articolo 1136, quarto comma del codice civile. La norma stabilisce che “le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo”. Sono soggette cioè all’approvazione dell’assemblea condominiale.
Limiti di legittimazione passiva dell’amministratore
Ai sensi del terzo comma dell’articolo 1131 del codice civile “Qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini”. Nel caso in cui l’amministratore non adempia a tale obbligo può essere revocato per giusta causa e può essere tenuto a risarcire il danno.
Dopo un lungo dibattito giurisprudenziali a tesi contrapposte, nel 2010 le Sezioni Unite della Cassazione hanno dato risoluzione alla questione. L’amministratore di condominio, secondo quanto stabilito dalle Sezioni Unite con sentenza n. 18331/2010, può costituirsi autonomamente in giudizio ovvero procedere con l’impugnazione senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea dei condomini. La Corte a Sezioni Unite tuttavia ha precisato che ciò è possibile e valido solo qualora l’assemblea dei condomini venga successivamente convocata per la ratifica dell’operato dell’amministratore il quale, ricomprendo la veste di portatore della “voluntas” condominiale non ha potere decisivo in merito all’azione o alla resistenza in giudizio.
La rappresentanza sostanziale: i limiti
Per quanto riguarda la rappresentanza sostanziale si ricava dall’articolo 1135, primo comma, n. 4, del codice civile che l’amministratore non può autonomamente compiere atti di straordinaria amministrazione del condominio. Tali atti infatti sono rimessi al giudizio dell’assemblea dei condomini. Il secondo comma della stessa norma inoltre stabilisce che “L’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria, salvo che rivestano carattere urgente, ma in questo caso deve riferirne nella prima assemblea”. In questo caso dunque l’amministratore può ordinare l’esecuzione di lavori aventi carattere di urgenza. Resta in capo all’amministratore tuttavia l’obbligo di comunicare l’ordinazione dei lavori all’assemblea. L’amministratore ha diritto però ad ottenere l’esecuzione dei lavori senza l’approvazione dell’assemblea.
Sul carattere di straordinarietà degli atti si è pronunciata nel 2016 la Suprema Corte di legittimità con la sentenza n. 10865. I giudici con tale sentenza hanno affermato che “L’elemento distintivo dell’ordinaria amministrazione dell’obbligazione assunta, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea, risiede, pertanto, al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni. Mentre, solo laddove si verta in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarità e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione dell’assemblea, non è sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza contemplato nella fattispecie di cui all’art. 1135, comma 2, c.c”.
Il difetto di rappresentanza dell’amministratore di condominio
Come stabilisce il codice civile, l’operato dell’amministratore privo di autorizzazione dev’essere ratificato dall’assemblea dei condomini quando l’amministratore è parte di un giudizio che esorbita le sue attribuzioni. A tal fine il giudice stabilisce un termine perentorio entro cui l’amministratore deve convocare l’assemblea dei condomini per provvedere alla ratifica del proprio operato. Il rispetto del termine permette il prodursi degli effetti sostanziali e processuali della domanda. In questo caso dunque c’è un difetto di rappresentanza dell’amministratore che viene rilevato d’ufficio dal giudice. Tale difetto è sanabile con la ratifica entro il termine stabilito dal giudice. Le regole fin qui descritte sono contenute nell’articolo 182 del codice di procedura civile.
Qualora invece il difetto di rappresentanza venga rilevato non dal giudice ma dalla controparte la ratifica dell’assemblea dei condomini deve avvenire immediatamente. Il giudice infatti non concede alcun termine per poter sanare il vizio. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12525/2018 in cui si legge che “Deve perciò essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del Condominio senza l’autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riguardante un credito per compenso straordinario preteso dal precedente amministratore cessato dall’incarico, e perciò non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore è autonomamente legittimato ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c.; né può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., atteso che il rilievo del vizio in sede di legittimità è stato operato dalla controparte nel suo controricorso, e non d’ufficio, sicché l’onere di sanatoria dell’amministratore ricorrente doveva intendersi sorto immediatamente.“.
Prorogatio imperii e difetto di rappresentanza dell’amministratore di condominio
Non c’è invece difetto di rappresentanza e quindi l’amministratore può essere legittimato processuale attivo o passivo quando:
- il condominio rimane senza amministratore per scadenza del termine del mandato o dimissioni;
- nel caso in cui la sua nomina sia avvenuta con delibera nulla e fino a che non viene sostituito da un altro amministratore.
A sostenere tale ultimo caso è stata la Corte di Cassazione. Nel caso di specie, oggetto della sentenza n. 7699/2019 , peraltro, non era ancora stata dichiarata l’invalidità della delibera. Richiamando un orientamento giurisprudenziale della medesima Corte già consolidato si legge nella sentenza che “Deve tuttavia essere ribadito il costante orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di condominio negli edifici, nei casi di revoca o annullamento per illegittimità della delibera di nomina dell’amministratore, e quindi tanto più ove ancora non sia stata pronunciata una sentenza dichiarativa dell’invalidità della medesima delibera, come nel caso di specie, lo stesso amministratore continua ad esercitare legittimamente, fino all’avvenuta sostituzione, i poteri di rappresentanza, anche processuale, dei comproprietari, rimanendo l’accertamento di detta permanente legittimazione rimesso al controllo d’ufficio del giudice e non soggetto ad eccezione di parte, in quanto inerente alla regolare costituzione del rapporto processuale”.