I reati tributari – indice:
- Quali sono
- Le riforme
- La guardia di finanza
- Accertamento del reato
- Procedimenti penale e tributario
- Effetti della condanna
- Responsabilità degli enti
- Come difendersi
- Patteggiamento
- Quando si prescrivono
Si ha reato tributario quando la condotta posta in essere dal contribuente viola una disposizione di legge tributaria posta a tutela dell’interesse dell’amministrazione finanziaria con riguardo ai tributi. Nella più ampia categoria di reati finanziari invece si inseriscono le condotte volte a violare le disposizioni delle leggi finanziarie con riguardo alle altre entrate dello Stato.
I reati tributari sono disciplinati nel decreto legislativo 74/2000, come modificato di recente dalla legge 157/2019, in cui sono previste le singole fattispecie e le relative pene. I tributi che possono costituire oggetto dei reati tributari sono le imposte sul reddito e l’imposta sul valore aggiunto. Per la maggior parte delle violazioni di norme concernenti altre imposte la legge non prevede illeciti penali bensì soltanto amministrativi per la minore importanza che rivestono come entrare finanziarie.
L’approfondimento illustra, mediante l’analisi delle fonti normative, quali sono i reati tributari, come vengono accertati, il rapporto tra il procedimento penale e il procedimento tributario e come vengono puniti.
Quali sono i reati tributari – il decreto legislativo 74/2000
I reati tributari si possono suddividere in due gruppi:
- quelli dichiarativi
- e quelli documentali.
Tale suddivisione si ricava dalla struttura del decreto legislativo 74/2000 che suddivide il titolo II in due capi: il primo dedicato ai delitti in materia di dichiarazione e il secondo ai delitti in materia di documenti e pagamento di imposte.
I reati tributari sono tutti delitti puniti con la pena della reclusione. Quelli dichiarativi sono tutti accomunati dal “fine di evadere le imposte” in prima persona in qualità di contribuenti o per consentire a terzi di evaderle. Nell’articolo 1 del decreto legislativo 74/2000 è specificato che “il fine di evadere le imposte e il “fine di consentire a terzi l’evasione” si intendono comprensivi, rispettivamente, anche del fine di conseguire un indebito rimborso o il riconoscimento di un inesistente credito d’imposta, e del fine di consentirli a terzi”.
I reati dichiarativi
Fanno parte dei reati dichiarativi:
- La dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
- La dichiarazione infedele;
- L’omessa dichiarazione.
Quelli documentali
Sono invece reati documentali:
- L’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- L’occultamento o la distrazione di documenti contabili;
- L’omesso versamento di ritenute dovute o certificate;
- L’omesso versamento di Iva;
- L’indebita compensazione;
- La sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
Le riforme alla disciplina dei reati tributari: il decreto legislativo 158/2015 e la legge 157/2019
Dapprima il decreto legislativo 158/2015 e poi la legge 157/2019 hanno modificato l’originaria disciplina dei reati tributari di cui al decreto legislativo 74/2000.
La legge 157/2019 ha inasprito l’impianto sanzionatorio dei reati tributari. In particolare ha elevato le cornici edittali di pena e allo stesso tempo ridotto le soglie di punibilità.
Tale intervento legislativo inoltre ha inserito nel decreto legislativo 74/2000 l’articolo 12-ter sulla confisca in casi particolari. Secondo tale norma, al superamento di determinate soglie di evasione, si applica, in caso di condanna, l’articolo 240-bis del codice penale che prevede l’applicazione della confisca patrimoniale o per equivalente.
Nel contempo la legge 157/2019 ha bilanciato l’inasprimento dell’apparato sanzionato espandendo l’ambito di applicazione dell’articolo 13 relativo alle cause di non punibilità. Le cause di non punibilità di cui all’articolo 13, primo e secondo comma, sono ora accessibili non solo alle fattispecie di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione ma anche ai reati di dichiarazione fraudolenta.
La legge 157/2019 infine ha inciso anche sulle persone giuridiche introducendo delle nuove fattispecie di reati tributari all’interno della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti di cui al decreto legislativo 231/2001.
Gli organi preordinati all’accertamento – la legge 4/1929
I reati tributari vengono accertati dalla Guardia di finanza che, ai sensi degli articoli 30 e 31 della legge n. 4 del 1929 e degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, espleta le attività di accertamento tramite:
- gli ufficiali e gli agenti della polizia tributaria che sono gli appartenenti al ruolo ‘appuntati e finanzieri’ della Guardia di finanza e gli ufficiali e il personale appartenente ai ruoli ‘ispettori’ e ‘sovrintendenti’ del Corpo della guardia di finanza.
- gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria ordinaria.
Il ruolo predominante nell’attività di accertamento dei reati tributari è ricoperto dagli ufficiali ed agenti di polizia tributaria. Un ruolo residuale è riservato invece agli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria ordinaria. Le singole fattispecie di reato possono tuttavia attribuire la pertinenza all’accertamento del reato alla polizia tributaria o alla polizia giudiziaria.
L’articolo 31, terzo comma, della legge 4/1929 tuttavia prevede che la singola fattispecie di reato possa prevedere che l’attività di accertamento venga svolta da funzionari ed agenti dell’amministrazione che in tal caso assumono la qualifica di ufficiali ed agenti della polizia tributaria.
Non sono invece attribuite le funzioni di accertamento dei reati agli uffici finanziaria in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte sui redditi. Come si evince dalle norme contenute nel D.P.R 633/72 e nel D.P.R. 600/73 tali uffici sono abilitati soltanto all’espletamento di attività amministrative quali accessi, ispezioni e verifiche.
L’accertamento e la contestazione dei reati tributari
Gli organi di polizia tributaria procedono all’accertamento del reato quando in sede di verifica fiscale oltre ad illeciti di natura amministrativa emergono indizi di reato. L’istruttoria che dev’essere compiuta da tali organi per l’applicazione della legge penale dev’essere condotta secondo le norme del codice di procedura penale. Così si legge nell’articolo 220 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale. Altrimenti il materiale probatorio non può essere utilizzato in sede processual-penale.
La polizia tributaria, acquisita la notizia di reato, né da comunicazione al pubblico ministero indicando “gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione”. Così prevede l’articolo 347 del codice di procedura penale.
Provvede inoltre a svolgere una serie di atti preliminari allo svolgimento delle indagini da parte del pubblico ministero nonché una serie di formalità quali l’identificazione delle persone indagate e di quelle informate sui fatti, ovvero tutti gli atti previsti dagli articoli 347 e seguenti del codice di procedura penale.
Ai sensi dell’articolo 24 della legge 4/1929 “Le violazioni delle norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale”. In sede di verifica fiscale gli organi della Guardia di finanza o dell’amministrazione finanziaria redigono il processo verbale di constatazione in cui indicano le violazioni riscontrate e i relativi addebiti. Il processo verbale di constatazione viene notificato al contribuente e all’ufficio dell’amministrazione per l’esecuzione degli ulteriori controlli e l’applicazione delle sanzioni amministrative. La comunicazione di reato invece è autonoma e destinata soltanto al pubblico ministero per consentirgli l’assunzione delle indagini.
Procedimento penale e procedimento tributario
Uno stesso fatto può essere punito sia da una legge che prevede una sanzione amministrativa sia da una legge che prevede una sanzione penale. L’articolo 19 del decreto legislativo 74/2000 stabilisce che chi ha commesso il fatto non può essere soggetto ad entrambe le sanzioni bensì soltanto a quella contenuta nella norma che contiene degli elementi di specialità. Si opera una valutazione di volta in volta pertanto sulla norma, e la relativa sanzione, da applicarsi (penale o tributaria) in base a quella che presenta degli elementi di specialità.
L’amministrazione finanziaria pertanto può procedere alla quantificazione della sanzione amministrativa anche quando vi sia l’accertamento di un reato. L’eventuale condanna comporta la non applicazione della sanzione amministrativa sospesa durante il procedimento. Viceversa, l’assoluzione o l’archiviazione del procedimento penale, determinano l’applicazione della sanzione amministrativa. La norma, come stabilisce il secondo comma, non opera nel caso in cui l’illecito venga posto in essere da una persona fisica a vantaggio di una giuridica.
Il rapporto tra il procedimento amministrativo di accertamento, il processo tributario e il procedimento penale vengono regolati dall’articolo 20 del decreto legislativo 74/2000. La norma stabilisce che “Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione”.
Gli effetti della condanna: le pene accessorie e la confisca
L’articolo 12 del decreto legislativo 74/2000 prevede in caso di condanna l’applicazione di una serie di pene accessorie. Quella che maggiormente va considerata è quella che prevede la non applicazione della sospensione condizionale della pena nei delitti dichiarativi e in quelli documentali di emissione di fatture e altri documenti per operazioni inesistenti e l’occultamento o la distrazione di altri documenti contabili, quando sussistono congiuntamente due condizioni:
- l’ammontare dell’imposta evasa è superiore al 30% del volume d’affari;
- l’ammontare dell’imposta evasa è superiore a due milioni di euro.
La condanna ad uno dei reati tributari previsti dal decreto legislativo 74/2000 comporta sempre la confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato salvo appartengano a persona estranea al reato. La confisca è ordinata anche quando la condanna avviene con patteggiamento.
Se non è possibile la confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato la confisca viene eseguita su beni che sono nella disponibilità del condannato per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato.
Se il contribuente versa all’erario parte del debito tributario la confisca è esclusa per la detta parte.
Reati tributari e responsabilità amministrativa degli enti
Come già accennato, la legge 159/2019 ha introdotto delle fattispecie di reati tributari presupposto di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato. La normativa che disciplina il funzionamento di tale responsabilità, si rammenta, è il decreto legislativo 231/2001.
La legge 159/2019 ha inserito in tale normativa l’articolo 25-quinquiesdecies denominato “reati tributari”. La norma ha introdotto delle specifiche fattispecie di reato rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa. Tali fattispecie sono sia reati dichiarativi che documentali e sono puniti in quote. Le suddette fattispecie si hanno solo quando le condotte si inseriscano nel più ampio quadro della 231/2001. Devono cioè sussistere quegli elementi individuati dalla normativa che fanno scattare la responsabilità dell’ente come ad esempio la colpa di organizzazione nonché da quali soggetti essa dipende.
L’accertamento della colpa organizzativa e degli altri presupposti comporta l’applicazione della confisca, anche per equivalente, del prezzo o del profitto del reato.
Tali provvedimenti normativi spingono cosi gli enti ad aggiornare, anche con riguardo alla gestione del rischio fiscale, i modelli organizzativi che consentono di escludere la responsabilità dell’ente.
Come difendersi
È possibile sottrarsi all’eventuale condanna per alcuni dei reati tributari ed in particolare quelli di:
- omesso versamento di ritenute dovute o certificate, di iva e indebita compensazione realizzata tramite l’utilizzo di crediti non spettanti ovvero
- dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele e omessa dichiarazione
estinguendo il debito tributario.
Esclusione della punibilità
Per i reati di cui al primo punto l’articolo 13 primo comma del decreto legislativo 74/2000 stabilisce che si può escludere la punibilità se si estingue il debito tributario, comprese le sanzioni amministrative e gli interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Il pagamento dev’essere integrale di tutti gli importi dovuti. Per fare ciò è possibile raggiungere un accordo con l’amministrazione finanziaria tramite:
- le procedure conciliative;
- l’accertamento con adesione;
- il ravvedimento operoso.
Per gli altri reati dichiarativi invece l’articolo 13 prevede che si rientri in una causa di non punibilità se si estingue integralmente il debito tributario, comprese le sanzioni e gli interessi, tramite il ravvedimento operoso oppure presentando la dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo qualora tuttavia tali operazione abbiano luogo prima che sia dato avvio ad un procedimento amministrativo o penale.
Se l’estinzione del debito tributario sta avvenendo mediante rateizzazione prima dell’apertura del dibattimento è dato un termine di tre mesi per estinguere il debito residuo.
Circostanze attenuanti
Le pene principali per i reati tributari, al di fuori dei casi in cui si integri una causa di non punibilità, possono essere ridotte alla metà, con totale disapplicazione delle pene accessorie, se si estingue il debito tributario, comprese sanzioni e interessi, prima dell’apertura del dibattimento. Anche in questo caso gli strumenti per raggiungere un accordo con l’amministrazione finanziaria circa l’estinzione del debito sono quelli sopraesposti.
È possibile ottenere uno sconto della pena principale pari alla metà della pena prevista e la disapplicazione delle pene accessorie se l’imputato chiede di essere ammesso al pagamento, prima della fase di apertura del dibattimento, di una somma equa per riparare l’offesa pubblica arrecata, qualora il debito sia estinto per prescrizione o decadenza. In tal caso, qualora il giudice ritenga la somma offerta congrua, fissa un termine per il pagamento. Il pagamento entro il termine apre il riconoscimento allo sconto di pena.
Non sono punibili ai sensi del decreto legislativo 74/2000 le violazioni di norme tributarie commesse a causa di obbiettiva incertezza della portata e dell’applicazione normativa.
Patteggiamento nei reati tributari
L’istituto dell’applicazione della pena su richiesta delle parti di cui all’articolo 444 del codice di procedura penale è esperibile nel procedimento penale per i reati tributari.
Il patteggiamento tuttavia può essere richiesto a condizione che, al di fuori dei casi di non punibilità, sia stato effettuato l’integrale pagamento del debito tributario delle sanzioni e degli interessi tramite le procedure esperibili e si sia effettuato il ravvedimento operoso.
Quando si prescrivono i reati tributari
Ai reati tributari si applicano le norme generali sulla prescrizione previste nel codice penale agli articoli 157 e seguenti.
L’articolo 157 stabilisce che la prescrizione estingue il reato e che il reato si prescrive nel tempo previsto per il massimo della pena edittale che non può essere comunque inferiore a 6 anni per i delitti.
La legge 157/2019 tuttavia ha allungato i termini di prescrizione per i delitti previsti dall’articolo 2 all’articolo 10 del decreto legislativo 74/2000. I termini sono dunque pari al massimo della pena edittale aumentata di un terzo.
Il termine di prescrizione inizia a decorrere per il reato consumato dal giorno della consumazione e per quello tentato dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole. Bisogna pertanto individuare il momento di consumazione del reato tributario. Ad esempio per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti il momento di consumazione del reato coincide con la presentazione della dichiarazione.
La prescrizione nei reati tributari si interrompe oltre che per gli atti previsti dall’articolo 160 del codice penale anche con il verbale di constatazione o l’atto di accertamento delle violazioni. Così stabilisce il primo comma dell’articolo 17 del decreto legislativo 74/2000.
La sospensione della prescrizione avviene per una delle cause previste dall’articolo 159 del codice penale.