L’incompatibilità tra la relazione stabile e l’assegno divorzile – indice:
Non solo le nuove nozze portano alla perdita del diritto all’assegno divorzile. Come già più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, anche la famiglia di fatto, ovvero la prova di una relazione stabile e continuativa dell’ex coniuge con un nuovo partner possono far venir meno il diritto all’assegno divorzile percepito. A conferma di tale orientamento giurisprudenziale si propone l’analisi della recente ordinanza della Cassazione n. 22604 del 16 ottobre 2020.
Cos’è l’assegno divorzile
L’assegno divorzile è quella prestazione economica dovuta dall’ex coniuge nei confronti dell’altro sulla base di una sentenza di divorzio. Il diritto all’assegno divorzile è riconosciuto dalla legge sul divorzio, la n. 898/1970 che all’articolo 5 dispone che “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Data l’esistenza dei presupposti che danno diritto all’assegno, nel tempo si sono susseguiti vari criteri di calcolo anche in base ai vari orientamenti giurisprudenziali. I fattori che oggi influiscono sul calcolo dell’importo dell’assegno sono stati stabiliti dalla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la n. 18287/2018 e concernono aspetti patrimoniali, economici e affettivi della vita coniugale e di ciascun ex coniuge singolarmente considerato.
Il diritto all’assegno divorzile può essere perso in alcune ipotesi. Oltre ai casi in cui l’ex coniuge percipiente passi a nuove nozze o quello in cui l’obbligato alla corresponsione muoia, la giurisprudenza ha individuato altre ipotesi in cui tale diritto viene meno. Tra queste c’è la circostanza in cui l’ex coniuge, con diritto all’assegno divorzile, instauri una nuova relazione affettiva connotata dai caratteri della stabilità e continuità. L’ipotesi, con vicende diverse già esaminata dalla Suprema Corte, è stata nuovamente confermata dalla più recente ordinanza n. 22604/2020 come circostanza che porta alla perdita del diritto all’assegno divorzile.
Quando si ha relazione stabile
Sui caratteri della stabilità e della continuità della relazione affettiva intrapresa dall’ex coniuge a seguito di divorzio si era già espressa la giurisprudenza di legittimità con riferimento alla famiglia di fatto. Tale regime affettivo tra due persone ha preso forma dall’entrata in vigore della legge n. 76/2016 che ha definito la convivenza di fatto. Chiamata anche more uxorio dalla giurisprudenza.
Con l’ordinanza 7954/2019 la Corte di legittimità aveva infatti già confermata la perdita dell’assegno divorzile dell’ex coniuge che aveva instaurato una nuova famiglia di fatto. I connotati di tale rapporto affettivo sono infatti quelli della stabilità e della continuità del rapporto.
La relazione stabile e continuativa dell’ex coniuge con il nuovo compagno potrebbe migliorare le condizioni di vita ovvero economiche dello stesso. Facendo così venire meno quello stato di bisogno che giustifica la percezione dell’assegno divorzile. Il coniuge obbligato alla corresponsione avrebbe infatti il diritto a chiedere la soppressione dell’assegno divorzile tramite un procedimento di revisione dello stesso.
Nel caso che a breve verrà esposto ritornano gli elementi della stabilità e continuità del rapporto affettivo tra l’ex coniuge del ricorrente e il nuovo compagno a seguito di divorzio.
La vicenda oggetto di esamina da parte della Cassazione sulla relazione stabile e l’assegno divorzile
La situazione precedente al ricorso in Cassazione vedeva l’ex marito di una donna obbligato a corrispondere un assegno divorzile di importo pari a 400 euro mensili. La prestazione doveva essere erogata entro i primi 5 giorni di ciascun mese. A stabilire tale obbligo era stata una sentenza della Corte di Appello.
I due ex coniugi infatti erano già entrati in conflitto dopo la separazione: la donna si era vista ridurre l’assegno di mantenimento da 700 a 400 euro. In sede di appello infatti l’ex marito aveva agito inoltre per chiedere la revoca dell’assegnazione della casa familiare negatagli dalla statuizione del giudice sull’inammissibilità del suo appello incidentale.
Nel primo grado di giudizio il Tribunale adito individuava in capo alla donna la sussistenza di una relazione stabile e continuativa con il partner succedutosi all’ex marito. La donna, contro la richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento avanzata dal marito, giunge in appello contro la sentenza del giudice di primo grado.
I motivi di ricorso
I giudici di merito, accogliendo parzialmente il ricorso della donna, riformulano completamente quanto stabilito in primo grado. Per tale motivo ricorre in cassazione l’ex marito della donna. In particolare adduce come primo motivo di ricorso la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. L’uomo infatti riteneva essere caduta in errore la suddetta Corte con riguardo alla motivazione, ritenendola illogica e contradditoria. La Corte negava infatti la sussistenza dei requisiti di stabilità e continuità per la configurazione di una famiglia di fatto. A parere del ricorrente, tuttavia, i giudici hanno motivato ciò senza spiegare le ragioni fattuali e giuridiche sottese a tali affermazioni. L’unico appiglio era un mero richiamato ad una precedente giurisprudenza della Cassazione.
In secondo luogo, l’ex marito, contestava alla Corte di merito l’erronea qualificazione giuridica della famiglia di fatto. Riteneva infatti, nel secondo motivo di ricorso, che le circostanze probatorie della stabilità e della continuità del rapporto tra l’ex moglie e il nuovo compagno fossero sufficienti a qualificare la fattispecie della famiglia di fatto. Il nuovo compagno dell’ex moglie inoltre aveva reso testimonianza dalla quale emergeva l’assunzione, da parte dei due legati, di “impegni reciproci di assistenza morale e materiale”.
La donna resiste con controricorso lamentando:
- la sproporzione tra l’importo dell’assegno riconosciutole e la propria situazione patrimoniale e le proprie capacità redittuali;
- la mancata dimostrazione da parte dell’ex marito dei connotati di stabilità e continuità nel rapporto con il proprio partner ovvero una condivisione delle spese con quest’ultimo.
Relazione stabile e assegno divorzile: l’anomalia motivazionale e l’irriducibile contrasto
Accogliendo il primo motivo di ricorso la Corte di Cassazione conferma l’illogicità della motivazione della Corte di merito. I giudici di legittimità infatti, analizzando la sentenza di secondo grado, prendono atto di come il giudice di merito abbia riconosciuto la prova dell’esistenza di una relazione stabile. Si parla nella sentenza di “rapporto sentimentale pluriennale e consolidato tra la I. e il sig. M., pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza, così ricostruendo la vicenda fattuale di rilevanza in modo conforme a quanto accertato dal Tribunale, secondo cui i suddetti fatti integravano in concreto la fattispecie della cd. famiglia di fatto“.
Allo stesso tempo tuttavia la stessa Corte di merito non ritiene sufficientemente provati i caratteri della stabilità e continuità tipici della famiglia di fatto. Il giudice avrebbe motivato la sentenza impugnata affermando che “per ciò solo dirsi connotata da quei caratteri di continuità e stabilità che probabilmente rappresenterebbero il primo stadio necessario, ma nemmeno sufficiente, per ipotizzare la creazione tra gli stessi di quella nuova famiglia di fatto secondo il valore ed il significato attribuiti al concetto dalla migliore giurisprudenza sopra detta”.
La Corte di legittimità inoltre sottolinea un ulteriore profilo di contraddittorietà del giudice di merito. Quello di ritenere dovuto un contributo di mantenimento, e la sua relativa quantificazione, dopo aver affermato che la donna aveva “dato vita ad una nuova stabile e consolidata relazione affettiva con un nuovo compagno”.
Conclusioni
Parlando infine di “irriducibile contrasto” e di “anomalia motivazionale”, che si estende addirittura a livelli costituzionali violando il disposto di cui all’articolo 111 della Costituzione, la Corte cassa la sentenza di secondo grado e rinvia la causa alla stessa Corte di appello anche per la definizione delle spese di giudizio di terzo grado.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio