La responsabilità del committente nell’appalto – indice:
- Il contratto d’appalto
- La responsabilità da fatto illecito
- La responsabilità solidale
- L’articolo 2051 c.c.
- L’ordinanza 16609/2021
- I motivi del ricorso
- Il committente custode
- La prova liberatoria
- La responsabilità aquiliana
- L’articolo 2049 c.c.
- La responsabilità concorrente
Nell’ambito di un contratto d’appalto il committente non perde la qualità di custode della cosa consegnata all’appaltatore per lo svolgimento dell’opera o del servizio se conserva il potere di custodia sulla cosa anche in maniera parziale. La responsabilità per danni cagionati ai terzi dalla cosa in custodia ricade sul committente e non sull’appaltatore. È fatto salvo il caso in cui sia stato trasferito a quest’ultimo il completo potere di custodia sulla cosa.
La Cassazione si è espressa in questi termini nella recente ordinanza n. 16609 dello scorso 28 maggio. La responsabilità ex articolo 2051 del codice civile non è l’unica fonte di illecito di cui può rispondere il committente. Altre fonti di responsabilità civile accennate nell’approfondimento si riscontrano nel codice civile e in leggi speciali. In particolare il committente può essere responsabile ai sensi degli articoli 2043 e 2049 del codice civile nonché ai sensi del decreto legislativo 276/2003 in solido con l’appaltatore.
Il contratto d’appalto
Il codice civile definisce contratto d’appalto l’accordo con cui un soggetto, imprenditore, si assume l’impegno di eseguire un’opera o un servizio con l’organizzazione dei mezzi propria e assumendosi il rischio in cambio di un corrispettivo in denaro. La norma che reca tale definizione è l’articolo 1655.
La conclusione di un contratto d’appalto attribuisce alle parti le qualità di committente e appaltatore, individuandosi nel primo la parte che ordina l’esecuzione dell’opera o del servizio e che è obbligata al pagamento del corrispettivo e nel secondo la parte che ha come obbligazione principale quella di eseguire l’opera o il servizio.
Nell’esecuzione del contratto d’appalto entrambe le parti possono essere responsabili civilmente in caso di controversia. Per tale motivo, sebbene il codice civile non prescriva una particolare forma del contratto, è consigliabile stendere l’accordo per iscritto al fine di potersi difendere in caso di controversia.
L’approfondimento odierno pone l’attenzione sulla responsabilità del committente nel contratto d’appalto riportando qualche filone della più recente giurisprudenza in materia.
La responsabilità derivante da fatto illecito nel codice civile
Il codice civile al titolo nono del libro quarto sulle obbligazioni disciplina i fatti illeciti fra i quali possono essere individuati alcuni casi di responsabilità del committente nell’appalto. Le disposizioni che possono dar luogo alla responsabilità del committente nell’appalto sono:
- l’articolo 2051 del codice civile che dà luogo alla responsabilità per danno cagionato da cosa in custodia;
- quella sulla responsabilità aquiliana ex articolo 2043 del codice civile;
- l’articolo 2049 del codice rubricato “responsabilità dei padroni e dei committenti“.
La responsabilità solidale del committente e dell’appaltatore ex decreto legislativo 276/2003
Oltre alle fattispecie di responsabilità ricavabili dal codice civile il committente è responsabile solidalmente con l’appaltatore per le retribuzioni e i contributi previdenziali dei dipendenti dell’appaltatore. Tale forma di responsabilità trova la propria fonte normativa nell’articolo 29, secondo comma, del decreto legislativo 276/2003 nonché nell’articolo 1676 del codice civile che attribuisce ai dipendenti dell’appaltatore il diritto di agire direttamente contro il committente in caso di inadempimento dell’appaltatore.
Così recita l’articolo 29, secondo comma, del decreto legislativo 276/2003: “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.
Danno da cosa in custodia: la responsabilità del committente nell’appalto
L’articolo 2051 del codice civile afferma che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
La Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 16609/2021 ha dichiarato che il committente è responsabile per il danno cagionato a terzi nell’esecuzione di un contratto d’appalto.
Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte nel provvedimento il committente resta il custode dell’immobile consegnato all’appaltatore per l’esecuzione dell’opera.
Si legge nell’ordinanza che “la conclusione di un appalto di opere non comporti in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la ‘consegna’ dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente ‘trasferimento’ del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe coll’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte”.
La responsabilità per danno da cosa in custodia ex articolo 2051 del codice civile ricade sul committente salvo venga provato il caso fortuito.
Il caso di specie
La controversia oggetto di giudizio ha visto come parti in causa un soggetto commissionario dell’esecuzione di opere su un immobile di proprietà e dei soggetti terzi danneggiati dall’esecuzione di tali opere nei locali a loro disposizione.
L’esecuzione di opere sull’immobile viene commissionata ad una ditta appaltatrice e nell’esecuzione dei lavori vengono arrecati danni, nella specie infiltrazioni, ai locali sottostanti all’immobile.
I terzi danneggiati chiedono il risarcimento dei danni al committente ma non ottengono riscontro positivo nel giudizio di primo grado. Nel giudizio di secondo grado invece la corte di appello riformando parzialmente il provvedimento di primo grado accoglie l’appello dei ricorrenti e condanna il committente al risarcimento dei danni.
Si giunge al terzo grado di giudizio con il ricorso alla Cassazione depositato dal committente contro la sentenza della corte di appello. Il giudice di merito in particolare motivava la decisione della pronuncia sulla base dei seguenti motivi:
- non era stato trasferito con il contratto d’appalto il potere di custodia dell’immobile all’appaltatore e pertanto la responsabilità ex articolo 2051 del codice civile ricadeva sul committente;
- la prova liberatoria della responsabilità prodotta, ovvero l’intervento del caso fortuito quale fatto interruttivo del rapporto causale tra l’esecuzione dell’opera e i danni, non era idonea ad escludere la responsabilità.
I motivi del ricorso
Il committente pone al vaglio della Cassazione due motivi di ricorso entrambi ancorati alla violazione e falsa applicazione dell’articolo 2051 del codice civile.
Con il primo motivo censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il giudice attribuisce la totale responsabilità dei danni al committente. Il giudice infatti lo qualifica quale custode dell’immobile. A parere del ricorrente invece il giudice avrebbe condotto un’erronea valutazione circa il riparto della responsabilità tra committente e appaltatore. Nel caso di immobile affidato all’appaltatore infatti il giudice avrebbe ritenuto erroneamente che il potere di custodia sull’immobile fosse rimasto in capo al committente. Per il ricorrente tale potere era stato trasferito completamente in capo all’appaltatore.
Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza impugnata con riferimento alla parte in cui il giudice esclude l’esistenza del caso fortuito quale entità autonoma idonea ad interrompere il rapporto causale tra l’esecuzione dell’opera e i danni. Le ricorrente riportavano quale caso fortuito escludente la propria responsabilità ex articolo 2051 del codice civile il fatto dell’appaltatore.
La corte di Cassazione ritiene entrambi i motivi infondati. Nelle righe successive si riportano le motivazioni della mancata fondatezza del ricorso.
Il committente custode
La responsabilità ex articolo 2051 del codice civile ricade sul soggetto che ha la custodia della cosa. La custodia della cosa deriva dall’avere un potere di fatto o giuridico sulla cosa, effettivo e non esercitabile occasionalmente. E si esprime nel dovere di vigilanza e custodia della cosa. Tale potere, nel caso di appalto di opere, viene esercitato dal committente anche se non in maniera esclusiva. È fatto salvo il caso in cui nel contratto d’appalto venga stabilito il totale trasferimento della custodia del bene all’appaltatore. Se pertanto il committente rimane onerato di vigilare e custodire la cosa resta il custode della stessa. In quanto tale allora è assoggettabile alla responsabilità ex articolo 2051 del codice civile.
“D’altronde, nell’appalto d’opere – siano esse pubbliche o private – il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso; se, dunque, rispetto all’appaltatore, il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale, e in relazione agli illeciti extracontrattuali si riverbera sull’art. 2055 c.c”.
Solo nel caso in cui il contratto d’appalto preveda il totale trasferimento del potere di fatto sulla cosa all’appaltatore la responsabilità ex articolo 2051 del codice civile ricade esclusivamente sull’appaltatore.
Il principio di diritto
La corte di Cassazione nell’ordinanza 16609/2021 afferma il seguente principio di diritto:
“da qui l’affermazione del principio di diritto ai sensi del quale, nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di in contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore”.
Il caso fortuito
La prova liberatoria della responsabilità ex articolo 2051 del codice civile è una prova positiva di un evento che ha interrotto il rapporto causale tra la cosa e il danno.
L’orientamento costante della giurisprudenza ha definito il caso fortuito come “ogni avvenimento, inevitabile dal custode che abbia, da solo, determinato le condizioni dell’evento dannoso”.
Nella pronuncia in esame la corte giustifica il respingimento di quanto addotto dal ricorrente con il secondo motivo di ricorso. In particolare affermando che “il caso fortuito, poi, non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva ‘contrattualizzazione’ della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c. come limite della responsabilità oggettiva in riconfigurata”.
“L’imprevedibilità/inevitabilità – spiega la corte – non dev’essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente che, adempiendo così rettamente al suo obbligo di custodia, abbia seguito l’esecuzione del contratto con un continuo e adeguato controllo, eventualmente tramite un esperto direttore dei lavori”.
Nel caso di specie il giudice di merito non aveva riscontrato che il caso fortuito addotto dal ricorrente presentasse i caratteri dell’imprevedibilità/inevitabilità. E neppure che configurasse quell’autonoma incidenza causale sull’evento dannoso.
La responsabilità del committente nell’appalto ex art. 2043 del codice civile
Non è da escludere che il committente nell’appalto possa essere responsabile civilmente ex articolo 2043.
La norma, si ricorda, recita: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
L’articolo 2049 del codice civile e la responsabilità del committente
Con l’ordinanza n. 7027 del 12/03/2021 viene in rilievo la responsabilità del committente nell’appalto ex articolo 2049 del codice civile.
La norma stabilisce che “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”.
L’articolo 2049 del codice civile sulla “responsabilità dei padroni e committenti” assume rilievo nell’appalto quando l’appaltatore è un nudus minister del committente che ha il solo compito di eseguire le direttive impartitegli dal committente.
Dei danni cagionati dall’appaltatore nell’esecuzione delle direttive impartitegli dal committente pertanto risponde, non solo quest’ultimo autore del danno, ma anche il committente.
Si legge nell’ordinanza 7027/2021 che “La responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione, ex art. 840 c.c., non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, sicché, nell’ipotesi in cui i lavori di escavazione siano affidati in appalto, è l’appaltatore ad essere, di regola, l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente, avendo – in forza del contratto di appalto – la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro, nel qual caso la responsabilità dell’appaltatore verso il terzo danneggiato può aggiungersi a quella del proprietario, ma non sostituirla o eliminarla“.
È altresì possibile che si configuri la responsabilità esclusiva del committente. Ciò accade quando ingerisce oltre misura nell’esecuzione dell’opera dell’appaltatore minando la tipica autonomia che caratterizza la sua figura.
La responsabilità concorrente dell’appaltatore e del committente per i danni ai terzi
Sempre con riguardo ai danni cagionati ai terzi nell’esecuzione di un contratto d’appalto può configurarsi l’ipotesi di concorrente responsabilità del committente e dell’appaltatore.
Un caso emblematico di tale ipotesi è quello trattato nella sentenza n. 12882 del 26/06/2020 in cui la Corte di Cassazione ha affermato che:
“Se la realizzazione di un’opera arreca a terzi danni provocati non da una malaccorta esecuzione, bensì da un vizio del progetto fornito dal committente, sussiste la concorrente responsabilità risarcitoria dell’appaltatore e del committente stesso: il primo è tenuto al risarcimento quando, con la diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c., si sarebbe potuto avvedere del vizio progettuale e non l’abbia fatto; il secondo è sempre obbligato al risarcimento dei terzi danneggiati per aver ordinato l’esecuzione di un progetto malamente concepito”.