La responsabilità medica – indice:
- Il danno risarcibile
- La responsabilità civile
- Come attivarsi
- Il giudizio
- L’assicurazione
- Responsabilità penale
La legge 24 dell’8 marzo 2017 (la c.d. riforma Gelli) è stato l’ultimo intervento normativo a impattare sul tema della responsabilità medica, andando ad apportare delle variazioni sulla previgente disciplina e – tra gli altri aspetti – escludendo la responsabilità penale dei medici per imperizia nel caso in cui si dimostri il rispetto delle linee guida dell’Istituto superiore di sanità, fermo restando il mantenimento della responsabilità civile per colpa ex art. 2043 del codice civile, e la responsabilità contrattuale per le strutture sanitarie.
Il danno risarcibile per responsabilità medica
Il tema della responsabilità medica è invero piuttosto complesso e difficilmente sintetizzabile, a cominciare proprio dalla natura del danno risarcibile, le cui tipologie potenziali possono – ad esempio – essere ricondotte a quelle che derivano da errore diagnostico, terapeutico, da omessa vigilanza e tanto altro ancora.
Al fine di ricondurre e semplificare il contesto, si può tuttavia rammentare come in generale si intende qualificare la responsabilità medica come quell’insieme di azioni che determinano un danno alla salute psico-fisica del paziente, e riconducibile alla colpa del singolo medico, alla carenza strumentale della struttura sanitaria o ancora alla mancanza di un valido consenso informato.
Responsabilità medica civile
Con la riforma del tema apportata dalla l. 24/2017 la responsabilità medica in sede civile è stata scissa in due diverse ipotesi, a seconda che la figura responsabile sia il medico che opera nella struttura sanitaria, a qualsiasi titolo, o sia la struttura sanitaria in sé, privata che pubblica.
Nel primo caso, come già anticipato qualche paragrafo fa, i medici risponderanno a titolo di responsabilità civile extracontrattuale, ai sensi ex art. 2043 del codice civile. Nel secondo caso, le strutture sanitarie risponderanno a titolo di responsabilità contrattuale, con ciò che ne deriva sotto una lunga serie di riflessi come quelli dell’onere della prova o della prescrizione, che nella responsabilità contrattuale è di 10 anni, contro i 5 anni della responsabilità extracontrattuale che va invece a riguardare la singola sfera professionale del medico.
Le controversie inerenti alla responsabilità medica e sanitaria, secondo quanto previsto dal Decreto Legislativo 28 del 2010 sono soggette alla mediazione civile obbligatoria.
Come richiedere il danno da responsabilità medica
Introdotto quanto precede, appare chiaro che tutti quei pazienti che ritengono di essere stati vittima di un episodio di errore sanitario, e che dunque hanno subito un danno alla propria salute psico-fisica, possono rivolgersi al giudice per poter domandare e ottenere il risarcimento del pregiudizio subito.
Come risulta intuibile, il perno fondamentale dell’analisi in giudizio non potrà che essere rappresentato dall’opportunità di valutare la relazione di causalità tra il danno subito e la colpa del medico / struttura sanitaria.
In tal senso, si noti come la riforma entrata in vigore lo scorso anno subordini la procedura giudiziaria a una consulenza tecnica preventiva, sulla base della quale verrà affidato a un CTU (nominato dal tribunale) il compito di accertare in via preliminare l’esistenza del diritto e la quantificazione della responsabilità medica, attraverso una perizia che diverrà poi sostegno valido per trovare un accordo o per decidere se intraprendere o meno il giudizio vero e proprio.
È comunque riconosciuta alle parti la possibilità di poter ricorrere a una via alternativa alla consulenza tecnica preventiva, ovvero a un procedimento di mediazione, che dovrà essere condotto con l’assistenza obbligatoria di un avvocato e che avrà come fine quello di raggiungere un accordo per la definizione stragiudiziale della controversia, senza pertanto ricorrere alle vie giudiziarie.
Il giudizio in Tribunale per la responsabilità medica
Una volta superata questa prima fase, il paziente potrà rivolgersi al giudice per ottenere il risarcimento del danno che ritiene di aver subito. Il paziente dovrà in questo caso seguire quanto previsto dal cpc, pur essendo lui riconosciuta la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta copertura alla struttura sanitaria o sociosanitaria interessata o al sanitario, nei limiti dei massimali di contratto e entro i medesimi termini di prescrizione previsti per l’azione nei confronti della struttura o dell’esercente la professione sanitaria.
L’assicurazione per i casi di responsabilità medica
Appena accennata, la rilevanza della tematica della responsabilità medica sul settore assicurativo è tutt’altro che risibile. Si tenga conto come, in questo ambito, la legge Gelli abbia introdotto l’obbligo per tutte le strutture sociosanitarie pubbliche e private e per i professionisti che entrano in rapporto diretto con i pazienti, la stipula di una copertura assicurativa che copra i rischi derivanti dalla responsabilità medica.
Nel caso in cui tale polizza dovesse mancare, i pazienti potranno comunque ricorrere a un apposito Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria, che garantisce i danni loro derivati da responsabilità medica, e che viene alimentato con il versamento di un contributo annuale da parte delle imprese di assicurazione. Con identico meccanismo, il Fondo di garanzia andrà ad operare anche nelle ipotesi in cui i massimali assicurativi siano inferiori rispetto al risarcimento dovuto ai pazienti, o ancora nel caso in cui la compagnia presso la quale il medico e/o la struttura sanitaria sono assicurati, sia in stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa.
Responsabilità medica penale
Come abbiamo brevemente anticipato, la responsabilità medica non limita i suoi risvolti al solo comparto civile, ma può condurre conseguenze anche penali.
In particolare, la riforma Gelli prevede la responsabilità penale dei medici per omicidio colposo o lesioni cagionati nell’esercizio della professione sanitaria. Una responsabilità comunque evidentemente poco comune da sperimentare in prassi, considerato che è esclusa per imperizia nel caso in cui il sanitario dimostri di essersi attenuto, nell’esecuzione della sua opera professionale, alle linee guida dell’ISS o alle buone prassi clinico-assistenziali.