La responsabilità medica ed il consenso informato – indice:
- Consenso informato
- Scritto o verbale
- Informazione sui rischi
- Lesione del diritto
- Diritto al consenso informato
In tema di responsabilità medica, il paziente deve rilasciare un consenso informato che si basi non su un’informativa vaga e generica sui pericoli che comporta l’intervento, bensì sui rischi specifici che il medico avrà avuto modo di fornire al proprio paziente.
In altri termini, se è vero che il medico ha l’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente, è anche vero che questo obbligo non può sempre dirsi soddisfatto se viene esaudito sotto il profilo formale.
Se infatti il personale sanitario si limita a informare con vaghezza il proprio assistito dei rischi che l’intervento comporta, senza soffermarsi sui rischi specifici, l’obbligo può non dirsi rispettato.
A rammentare tale principio è la Corte di Cassazione nella sua recente sentenza n. 30852/2018. Una pronuncia nella quale riafferma un valore oramai consolidato in giurisprudenza, e che andiamo ora brevemente a riassumere.
Cos’è il consenso informato
Il consenso informato è un presupposto che legittima l’azione del medico. Ispirato dall’art. 32, è dunque il frutto dell’evidenza secondo cui nessun cittadino può essere sottoposto a trattamenti medici contro la sua volontà.
Il consenso, oltre ad essere espresso, deve essere anche consapevole. Ovvero, deve essere preceduto da una apposita informativa sulle caratteristiche, sui rischi e sulle finalità dell’intervento.
Il consenso informato, con tali caratteristiche, è dunque espressione della consapevole adesione del paziente al trattamento sanitario che viene proposto dal medico.
Rimane inteso che, una volta espresso, il consenso informato può essere revocato in qualsiasi momento.
Consenso informato scritto o verbale
Generalmente il consenso è previsto in forma scritta nelle ipotesi in cui l’esame o la terapia possano comportare dei gravi danni per la salute e per l’incolumità di una persona.
Il consenso scritto è peraltro previsto in alcune situazioni ben definite, come nel caso di donazioni di sangue, sperimentazioni di farmaci, anestesie, trapianti, aborti e altro ancora.
Negli altri casi, soprattutto quando sussiste un consolidato rapporto di fiducia tra il medico e il paziente, il consenso può essere espresso solo verbalmente, pur direttamente al sanitario, e non tramite interposta persona.
Informazione sui rischi reali
Il caso su cui si sono espressi i giudici della Suprema Corte verte su un caso su cui tempo fa hanno avuto modo di esprimersi i giudici territoriali e gli stessi giudici di legittimità, con i secondi che avevano rinviato in Appello il caso, ritenendo di aver individuato alcune falle nella sentenza di secondo grado.
Il giudice di appello, rammentarono all’epoca gli Ermellini, non aveva infatti riconosciuto la lesione del diritto del paziente ad essere informato dei rischi reali, e non “vaghi e generici”, stampati su un modulo di primo intervento.
Sempre all’epoca, gli Ermellini sottolinearono come i sanitari avevano omesso di informare il paziente del rischio che l’intervento (si trattava di un’operazione di artroprotesi all’anca) fosse gravato da un’incidenza pari al 50% di trombosi venosa profonda, e al 2% di embolia polmonare mortale.
La lesione del diritto del paziente
In altri termini, per i giudici della Suprema Corte il paziente non aveva ricevuto sufficiente informativa sui rischi specifici del proprio intervento. E, in virtù di ciò, aveva visto ledere il proprio diritto a un’informazione chiara sull’operazione in esame.
Qualora fosse stato informato, precisava infatti la sentenza di legittimità, il paziente avrebbe potuto domandare un consulto con uno specialista angiologo, e l’esecuzione dell’ecodoppler. Attività che avrebbe potuto svolgere prima di essere sottoposto a un nuovo intervento, arrivando a una migliore consapevolezza su tale operazione.
Il diritto al consenso informato
Con la pronuncia in esame, i giudici hanno poi ricordato il principio per un errore nel giudizio rescissorio. La Cassazione aveva infatti riconosciuto l’an in ordine alla violazione del diritto al consenso informato, e il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciarsi solamente sul quantum.
Tuttavia, considerato che così non ha fatto, si è verificata una violazione del giudicato implicito interno.
In questo modo la vicenda è tornata ancora una volta alla Corte di Cassazione. La quale, seppur in maniera indiretta, ha avuto modo di precisare ancora una volta come il consenso del paziente debba seguire un’informativa precisa e puntuale, e non vaga e generica.