La responsabilità medica del chirurgo – indice:
- Responsabilità medica
- I doveri
- Raccomandazioni sanitarie
- Allontanamento dalla sede di intervento
- Posizione di garanzia verso il paziente
La Corte di Cassazione ha confermato la responsabilità medica del chirurgo che aveva lasciato l’ospedale anzitempo, senza vigilare sulle attività post-operatorie di conteggio delle garze e di sutura.
Una condanna che dunque è stata ribadita anche in sede di legittimità, con gli Ermellini che hanno precisato come il chirurgo non sia affatto esonerato dalla responsabilità penale dopo l’intervento, se dalle successive attività post-operatorie derivano lesioni ai danni del paziente.
In ragione delle valutazioni sopra sintetizzate, la Corte ha dunque confermato la decisione precedentemente espressa dalla Corte d’Appello, che aveva sanzionato la condotta negligente del medico, il quale si era allontanato dall’ospedale senza presenziare alla fase di conteggio delle garze e alle operazioni di sutura.
Responsabilità medica del chirurgo
Il caso in esame prende il via dalla denuncia di un paziente che, dopo esser stato sottoposto a un intervento chirurgico necessario per poter trattare una grave patologia polmonare, subiva una complicanza settica determinata dalla presenza di una garza di rilevanti dimensioni all’interno della cavità pleurica.
La Corte d’Appello, dopo attenta valutazione, confermava la responsabilità dell’equipe medica, e la responsabilità penale del capo chirurgo. In parziale variazione della decisione del giudice di primo grado, la Corte d’Appello sanciva altresì la responsabilità del secondo operatore, che si era allontanato dal nosocomio prima della fine dell’intervento.
La responsabilità di quest’ultimo era dunque determinata dal fatto che il secondo chirurgo avesse abbandonato la sala operatoria prima che venissero effettuati gli adempimenti conclusivi dell’intervento. Tra di essi, rientravano anche le manovre di sutura e, ancora prima, il conteggio di ferri e garze, necessario per poter escludere la presenza di corpi estranei dal paziente.
I doveri dell’equipe medica e del chirurgo
La Cassazione dedica ampio spazio alle valutazioni della responsabilità medica dell’equipe e del chirurgo. In particolare, atteso che sono esclusi fattori alternativi dell’interruzione del rapporto di causa tra la dimenticanza della garza e l’evento dannoso, gli Ermellini sottolineano come il giudice di secondo grado abbia motivato in modo logico e condivisibile come la responsabilità del chirurgo sorgesse dall’essere questi il primo operatore nell’ambito dell’equipe medica che aveva provveduto al trattamento chirurgico, e che il controllo sul numero delle garze utilizzate non poteva ritenersi affidato esclusivamente al personale ausiliario o paramedico.
Affrontando il tema dei doveri del chirurgo, gli Ermellini sanciscono altresì che
grava sul capo dell’equipe medico chirurgica il dovere, da valutarsi alla luce delle particolari condizioni operative, di controllare il conteggio dei ferri utilizzati nel corso dell’intervento e di verificare con attenzione il campo operatorio prima della sua chiusura, al fine di evitare l’abbandono in esso di oggetti facenti parte dello strumentario,
come appunto una garza.
Raccomandazioni sanitarie del Ministero della Sanità 2007
La Corte di Cassazione rammenta altresì come il giudice di appello abbia sottolineato come la condotta del medico fosse in contrasto con le Raccomandazioni sanitarie del Ministero della Sanità risalenti al 2007, allo scopo di evitare la ritenzione dei presidi medici all’interno del sito chirurgico.
Risultavano così disattese dal medico le buone prassi sanitarie, codificate nelle succitate raccomandazioni, la cui finalità era quella di presidiare la salute del paziente anche in relazione a difetti di vigilanza e di monitoraggio che siano strettamente connessi all’esecuzioni del gesto chirurgico.
Allontanamento non opportuno e non giustificato
Nella sentenza in esame trova spazio anche la ricostruzione di quanto formulato dal pubblico ministero appellante, che contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, evidenziava come l’allontanamento si fosse verificato poco prima della timbratura del cartellino di uscita e dunque nella fase finale di intervento, e come non potesse essere giustificato da alcuna pressante e superiore esigenza professionale.
Per il PM, l’allontanamento non poteva nemmeno essere giustificato da una non indispensabilità della presenza del medico chirurgo in sala operatoria o dall’asserita semplicità delle operazioni ancora da compiere, considerato che si trattava di intervento di notevole complessità e durata, a conclusione del quale – anche per la stanchezza del primo chirurgo (impegnato per 10 ore) affatto superflua poteva ritenersi la collaborazione del secondo chirurgo, dovendo proprio in questa fase effettuarsi la delicata attività finale del controllo e della conta delle garze e degli strumenti.
I giudici della Suprema Corte non forniscono alcuna rilevanza al fatto che l’allontanamento volontario del secondo chirurgo fosse o meno stato autorizzato dal responsabile dell’equipe medica. Avendo partecipato attivamente a buona parte dell’intervento, infatti, il secondo chirurgo aveva maturato un autonomo dovere di vigilanza.
Proprio perché si è trattato di un intervento particolarmente lungo e piuttosto delicato, il suo allontanamento spontaneo, non dovuto dalla necessità di effettuare altri interventi sanitari, risultava inopportuno per due motivi:
- da una parte gli adempimenti finali post operatori non potevano considerarsi di routine o di agevole esecuzione;
- dall’altra parte andavano tenute in debita considerazione anche le condizioni di stanchezza psico-fisica degli altri membri dell’equipe, a cominciare dal primo chirurgo.
La posizione di garanzia del chirurgo verso il paziente
In conseguenza di tutto ciò, e in linea con quanto pronunciato in sede di appello, la Suprema Corte ha così confermato la responsabilità penale del secondo chirurgo, non solamente per aver collaborato all’intervento in occasione dell’inserimento della garza, quanto anche per non averla rimossa e per non aver provveduto al conteggio delle bende impiegate, prima di effettuare la sutura al temine di un intervento così lungo e così complesso.
Per tale motivo, la Suprema Corte ha affermato che nell’ipotesi di un intervento svolto in equipe, il chirurgo è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente, la quale non si limita all’ambito strettamente chirurgico, quanto anche al successivo decorso post operatorio.
Per questi motivi viene ravvisata la sussistenza di responsabilità penale da parte del medico.