La responsabilità precontrattuale – indice:
Come noto, le fasi che precedono la stipula di un contratto possono essere caratterizzate da trattative, negoziazioni, proposte e controproposte di varia natura, finalizzate al raggiungimento o meno di un accordo. E, come noto, anche in queste fasi preliminari il legislatore ha voluto garantire alle parti una specifica tutela, attraverso la previsione di alcuni obblighi a carico delle parti impegnate nel processo di formazione del contratto, con conseguenti sanzioni per gli eventuali comportamenti dolosi o colposi posti in essere in violazione degli obblighi.
Cos’è la responsabilità precontrattuale
La responsabilità precontrattuale è quell’istituto volto alla tutela della buona fede nelle trattative e quindi nella fase che precede la stipula del contratto. Il legislatore ha infatti previsto delle norme a tutela dei contraenti prima che gli stessi diventino tali e quindi in una fase anteriore rispetto alla conclusione del contratto.
Le disposizioni di cui agli articoli 1337 e 1338 del codice civile, che il legislatore ha individuato per tale ambito, fanno dunque sorgere in capo alle parti una responsabilità precontrattuale, che ora andremo ad esaminare in maggiore dettaglio.
Obblighi di buona fede
Iniziamo dall’articolo 1337 del codice civile, rubricato “Trattative e responsabilità precontrattuale”, che sancisce – sinteticamente – che
le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
Di qui, sorge una riflessione consequenziale: che cosa si intende per buona fede? Il termine non è utilizzato, ovviamente, in maniera casuale. La buona fede è infatti un principio codicistico previsto dall’articolo 1175 del codice civile sul “Comportamento secondo correttezza. La norma impone alle parti di comportarsi correttamente sotto il profilo della lealtà e della tutela degli interessi dell’altra parte. La finalità è quella di non incorrere in comportamenti, dolosi o colposi, lesivi dell’altrui libertà negoziale. Si parla in questo caso di buona fede in senso oggettivo e non già di buona fede in senso soggettivo. La buona fede in senso soggettivo (che in questo caso non c’entra) è l’ignoranza di ledere l’altrui diritto.
Chiarito ciò, numerose sono le ipotesi di violazione del comportamento in buona fede, che la giurisprudenza ha contribuito a chiarire, arricchire e integrare. Senza pretesa di esaustività, possiamo rammentare brevemente un richiamo alla violazione degli obblighi di chiarezza, di custodia e segreto, o ancora a quelli di avviso e di informazione incombente sulle parti, o ulteriormente al comportamento di quella parte che recede dalle trattative condotte fino al punto da indurre l’altro contraente a confidare nella conclusione del contratto.
Obblighi di comunicazione
Una seconda categoria di obblighi che discende dalla responsabilità precontrattuale è quella relativa agli obblighi di comunicazione. L’art. 1338, rubricato “Conoscenza delle cause di invalidità”, prevede infatti che
la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.
Tale disposizione codicistica impone alle parti impegnate nella formazione di un contratto un oggettivo obbligo di comunicazione. Contemporaneamente sussiste un più profondo dovere di accertamento finalizzato a far emergere o meno eventuali cause invalidanti. La responsabilità quindi sorge non solo in capo a chi conosceva la causa di invalidità del contratto. Questa sorge anche in capo a chi dovendo conoscere detta causa non l’ha comunicata all’altra parte.
Si tenga comunque conto che non può essere configurata una responsabilità precontrattuale per colpa in contraendo nel caso in cui la determinante di invalidità del contratto, nota a uno dei contraenti, e da questi taciuta, deriva da una norma di legge che per presunzione assoluta deve essere nota alla generalità dei cittadini.
Natura della responsabilità precontrattuale
Passiamo dunque a occuparci brevemente della natura della responsabilità precontrattuale, sulla quale – peraltro – non sono tenui le discussioni tra gli opposti approcci. Stando all’orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza, la responsabilità precontrattuale potrebbe configurare una particolare ipotesi di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 del codice civile, considerato che in questo caso la violazione del dovere di buona fede nelle trattative precontrattuali corrisponde alla lesione della libertà negoziale altrui, ed è di conseguenza riconducibile alla lesione del dovere generale del neminem laedere.
Di contro, è anche vero che parte della dottrina preferisce affermare che la natura della responsabilità precontrattuale sia assimilabile alla responsabilità contrattuale. A tal proposito si considera che l’articolo 1337 del codice civile di cui si è fatto cenno nel suo tenore letterale utilizza l’espressione “parte”, in riferimento alla violazione di un rapporto obbligatorio tra soggetti determinati. Secondo questa tesi, si ricadrebbe nel tema delle responsabilità per inadempimento dell’obbligazione di comportarsi secondo buona fede nel corso delle trattative. La fonte è nella violazione del vincolo instaurato fra le parti a seguito del “contatto sociale” che deriva dalle trattative.
Risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale
Uno dei temi più dibattuti e complessi in relazione al panorama della responsabilità precontrattuale è la limitazione, qualifica e quantificazione dei danni risarcibili.
Anche in questo caso, non possiamo che partire dall’opinione della giurisprudenza prevalente, secondo cui i danni risarcibili sarebbero riconducibili al cosiddetto “interesse negativo” che deriva dall’aver subito un pregiudizio ricollegabile al fatto di essere stati coinvolti in trattative inutili e, magari, aver confidato nella conclusione di un contratto mai stipulato. Ricade dunque nei danni risarcibili di cui all’interesse negativo le spese e le energie sostenute nella conclusione di un contratto risultato invalido o inefficace.
Qualificato in tal modo, il danno potrebbe dunque essere inteso sia per una componente di danno emergente, che per una componente di lucro cessante. La prima, danno emergente, riguarda le spese sostenute nel corso delle trattative per i viaggi, la progettazione, i compensi a tecnici, le eventuali assunzioni e gli acquisti di attrezzature, e tutte le altre spese sostenute nella convinzione di concludere positivamente il contratto. La seconda, lucro cessante, consiste invece nella perdita di occasioni di eventuali stipule di contratti con altri soggetti, a condizioni altrettanto o maggiormente vantaggiose.
L’interesse differenziale
È anche vero, si rammenta in conclusione, che secondo minoritaria parte della dottrina, l’ambito dei danni risarcibili da responsabilità precontrattuale non potrebbe essere limitato al solo interesse negativo di cui si è detto. Oltre al recesso ingiustificato dalle trattative o alla conclusione di un contratto non valido o inefficace, potrebbe ricondursi all’interno del recinto concettuale della responsabilità precontrattuale anche la fattispecie della conclusione di un contratto a condizioni diverse da quello che si sarebbe stipulato in assenza del comportamento in mala fede dell’altra parte.
Si parla in questo ultimo caso di risarcimento dei danni per interesse differenziale. Questo è costituito dall’interesse che si sarebbe perseguito nel concludere un contratto diverso, a diverse condizioni.