La richiesta di archiviazione – indice:
- Il controllo sulla richiesta
- Il decreto motivato
- Fissazione dell’udienza
- L’opposizione
- L’udienza
- Il ricorso
- Riapertura delle indagini
L’art. 408 c.p.p. stabilisce che il Pubblico Ministero può presentare al giudice una richiesta di archiviazione se ritiene che la notizia di reato sia infondata, in quanto gli elementi che ha acquisito durante le indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio.
Non solo: secondo gli artt. 411 e 415 c.p.p., l’archiviazione può essere richiesta anche nelle ipotesi in cui non vi sarebbero condizioni utili di procedibilità, oppure nei casi in cui il reato è estinto, o il fatto non è previsto dalla legge come un reato, o ancora nell’ipotesi in cui l’autore del reato sia ignoto.
Controllo sulla richiesta di archiviazione
Dalle righe di cui sopra dovrebbe essere evidente come il P.M. possa scegliere discrezionalmente se esercitare o meno l’azione penale. Tuttavia, è altrettanto vero che il potere discrezionale del P.M. non è assoluto, ma è sottoposto a un controllo di tipo giurisdizionale sulla decisione di non esercitarla.
Entro i termini previsti dagli artt. 405-407 c.p.p., il P.M. deve infatti presentare al gip una richiesta di archiviazione, trasmettendo contestualmente il fascicolo che contiene la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice.
Si apre così un bivio con due diverse possibilità.
Decreto motivato di archiviazione
La prima strada conduce all’accoglimento della richiesta da parte del giudice. Il giudice pronuncia dunque un decreto motivato di archiviazione e restituisce gli atti al P.M.
Tale decreto andrà notificato solamente all’indagato cui sia stata applicata una misura di custodia cautelare, che può domandare la riparazione per ingiusta detenzione entro 2 anni dalla data di notifica.
A parte tale ipotesi, l’indagine potrebbe dunque concludersi a totale insaputa dell’indagato.
Fissazione dell’udienza in camera di consiglio
Il giudice potrebbe tuttavia non accogliere la richiesta di archiviazione. In questo caso, fissa un’apposita udienza in camera di consiglio nelle forme di cui all’art. 127 c.p.p.
Della data dell’udienza ne fa quindi avviso al P.M., al soggetto indagato e alla persona offesa, che non hanno alcun obbligo di presenziare all’udienza. È tuttavia prevedibile un possibile e sostanziale contraddittorio nel caso in cui all’udienza partecipi la persona offesa, che è l’unica effettivamente interessata ad opporsi al procedimento di archiviazione.
Fino al giorno dell’udienza, gli atti rimangono depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di estrarne una copia.
Opposizione alla richiesta di archiviazione
Come abbiamo anticipato qualche riga fa, l’unico interessato ad opporsi alla richiesta di archiviazione è la persona offesa.
Di fatti, l’udienza in camera di consiglio deve comunque intendersi fissata proprio quando la persona offesa si oppone alla richiesta di archiviazione. In altri termini, il P.M. che presenta la richiesta di archiviazione deve curare che se ne dia avviso alla persona offesa che ha dichiarato di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione.
Nell’avviso si preciserà altresì che entro venti giorni (il termine è stato modificato nel 2019) la persona offesa può comunque prendere visione degli atti e presentare opposizione alla richiesta di archiviazione. Il termine è elevato a trenta giorni nel caso in cui il procedimento abbia ad oggetto un delitto commesso con violenza alla persona. In questa ipotesi l’avviso è dato in ogni caso, e non solamente quando la persona offesa ne fa esplicita richiesta.
Per quanto attiene tale termine, rammentiamo come il legislatore non lo abbia stabilito a pena di decadenza. L’unico effetto è infatti quello di vincolare il P.M. a non trasmettere gli atti al giudice e di impedire al giudice di decidere prima che sia scaduto il termine succitato.
Per quanto poi concerne i contenuti della richiesta dell’opposizione, questa deve contenere la richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto delle investigazioni suppletive e dei relativi elementi di prova.
Udienza in camera di consiglio
Nel caso in cui l’opposizione alla richiesta di archiviazione sia inammissibile, e la notizia di reato infondata, il giudice dispone l’archiviazione con decreto motivato, restituendo gli atti al P.M.
In caso contrario, il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio notificando l’avviso solo all’opponente.
Al termine dell’udienza camerale, possono essere adottate 3 diverse decisioni:
- il giudice pronuncia ordinanza di archiviazione (art. 409, comma 6) se ritiene di accogliere la richiesta del P.M.;
- lo stesso indica al P.M. indagini ulteriori che ritiene necessarie, fissando il termine per il loro compimento (art. 409, comma 4) se sostiene che manchino le condizioni per l’esercizio dell’azione penale per incompletezza delle indagini;
- il giudice dispone con ordinanza che entro 10 giorni il P.M. formuli l’imputazione basandosi sulle prescrizioni indicate dal giudice stesso (art. 409, comma 5), se costui non ritiene sussistenti i presupposti per l’archiviazione. Il P.M. in questa ipotesi non deve chiedere il rinvio a giudizio né inviare l’avviso di conclusione delle indagini, perché l’indagato ha già avuto modo di sostenere la tesi dell’infondatezza della notizia di reato nell’ambito della procedura di archiviazione. Entro 2 giorni dalla formulazione dell’accusa, il giudice fissa dunque l’udienza preliminare mediante decreto da notificarsi all’imputato e alla persona offesa dal reato.
Ricorso in Cassazione
Si noti altresì che, delle tre alternative di cui sopra, le ultime due sono inoppugnabili mentre la prima, l’ordinanza di archiviazione è ricorribile per Cassazione.
I casi in cui è possibile tale ricorso sono esplicitati dall’art. 127 c.p.p., comma 5, che sancisce che la persona offesa può impugnare il provvedimento di archiviazione solamente per denuncia la violazione dell’art. 127 c.p.p., comma 1 e comma 3, ovvero per mancata o intempestiva notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza o mancato rispetto dei suoi diritti partecipativi.
Riapertura delle indagini
Nel caso in cui sia emanato il provvedimento di archiviazione, il P.M. che desidera riaprire le indagini nei confronti dello stesso soggetto e per lo stesso fatto deve domandare al gip l’emanazione di un nuovo decreto motivato di riapertura delle indagini e effettuare una nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato.
Si apre così una nuova fase investigativa, che sarà contraddistinta da nuovi termini di scadenza. Rimane invece inteso che gli atti che sono stati precedentemente compiuti confluiscono nel nuovo fascicolo, e sono utilizzabili.