Il danno biologico – indice:
- Le origini e le fonti
- Cos’è il danno biologico
- Invalidità permanente e temporanea
- La tutela dell’Inail
- Danno biologico terminale
- Come viene liquidato
- Le “Tabelle di Milano”
- La liquidazione equitativa
- Le tabelle di Milano in .pdf
Il concetto di danno biologico ha subito nel corso degli anni, a partire dagli anni 70, un’evoluzione così vasta da rendere doverosa una breve introduzione sulle origini del riconoscimento di tale forma di danno. Giurisprudenza e dottrina hanno ampiamento discusso sul tema fino a convincere il legislatore a dettare una definizione pressoché unitaria di tale fattispecie di danno ovvero una disciplina sulla sua risarcibilità e la liquidazione.
Quando si parla di risarcibilità del danno biologico e della necessità di quantificazione dello stesso, le tabelle di Milano sono inevitabilmente costantemente menzionate. Tali parametri sono diventati il punto di riferimento per consentire il calcolo di un congruo indennizzo. Che cos’è il danno biologico? Cosa sono le tabelle di Milano? Che valore hanno? E a quanto ammontano gli importi attualmente in vigore?
Le origini del danno biologico: fonti normative e giurisprudenza
La fattispecie del danno biologico è nata fra i dibattiti giurisprudenziali degli anni 70. I giudici di allora erano animati dalla rigida divisione che allora sussisteva tra danno patrimoniale e non patrimoniale. Allora infatti il tema della responsabilità civile era strettamente connesso al carattere della patrimonialità. In particolare i tribunali di Genova e di Pisa sono stati i primi a riconoscere la risarcibilità del danno biologico. Ufficializzata nel 1986 dalla Corte di Cassazione, la fattispecie è stata successivamente oggetto di molte altre pronunce giurisprudenziali. Nonché di studi ad opera di scuole e studiosi delle varie epoche susseguitesi. L’opinione che si è affermata nel tempo in ogni caso è in primo luogo che il danno biologico dev’essere tutelato in quanto diritto protetto dalla Costituzione. In secondo luogo che, in quanto danno non patrimoniale, deve essere risarcito anche se non incide sulla capacità del danneggiato di produrre reddito.
Le principali fonti normative a cui la giurisprudenza e gli studiosi hanno fatto riferimento nelle proprie attività sono due:
- l’articolo 2059 del codice civile secondo cui “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge”;
- l’articolo 32 della Costituzione secondo cui “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Che cos’è il danno biologico
Per dare una definizione sintetica, il danno biologico non è altro che un danno di natura non patrimoniale. Sussiste nella circostanza in cui un soggetto sia leso nella propria integrità fisica o psichica. È tale non solo quando sia di carattere permanente, ma finanche nella circostanza in cui abbia la caratteristica di essere reversibile. Dev’essere suscettibile di valutazione medico-legale e dev’essere valutato indipendentemente dalla capacità del danneggiato di produrre reddito. Trova la propria suprema fonte normativa nell’articolo 32 della Costituzione.
Dal punto di vista pratico sia la Legge che i giudici hanno ritenuto di dare unitarietà alla quantificazione del danno biologico. La scelta ricade soprattutto in considerazione della circostanza che sarebbe stato impossibile quantificarlo economicamente “in modo unitario” per ogni caso. Ecco dunque il motivo che ha portato all’adozione delle cosiddette “Tabelle di Milano”.
La definizione del Codice delle Assicurazioni
Un’altra importante fonte normativa che ha dato una definizione di danno biologico è il Codice delle Assicurazioni ovvero il decreto legge n. 209/2005. All’articolo 138, secondo comma, lettera a), di tale decreto il danno biologico è definito come “la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.
Tale codice inoltre ha previsto delle tabelle di liquidazione del danno biologico per le lesioni derivanti da sinistri stradali di non lieve e lieve entità. La disciplina dei danni di non lieve e lieve entità si colloca rispettivamente agli articoli 138 e 139. La Corte di Cassazione nel 2011 tuttavia ha rilevato come l’articolo 139 (sulle lesioni di lieve entità) sia stato attuato e abbia trovato applicazione in via analogica anche a casistiche esulanti il settore della circolazione stradale. L’articolo 138 invece, sulle lesioni di entità non lieve, non ha trovato attuazione ed è per questo motivo che sono state adottate le famose Tabelle di Milano di cui si parlerà successivamente.
Invalidità permanente e invalidità temporanea
Per agire in giudizio ed ottenere il risarcimento del danno biologico bisogna recarsi da un medico legale che accerti il danno subito e determini le conseguenze permanenti e temporanee delle lesioni subite. La perizia effettuata dal medico legale ovvero la relazione da questi prodotta costituisce la prova per un eventuale giudizio.
Il Codice delle Assicurazioni distingue il danno biologico in permanente e temporaneo.
Si ha invalidità permanente quando un soggetto si vede sensibilmente ridotta in modo stabile ovvero persa la propria salute rispetto a quella di cui godeva prima di subire l’evento dannoso. Tale invalidità viene misurata in punti percentuali e va dall’1% al 100%.
L’invalidità temporanea invece si ha quando la salute del soggetto subisce un peggioramento per un arco di tempo limitato. Può essere assoluta (totale) o parziale. È assoluta quando sono del tutto impedite le attività quotidianamente svolte dal danneggiato. È parziale quando tali attività sono impedite solo in parte. L’invalidità temporanea sia assoluta che parziale viene misurata in giorni con indicazione di una percentuale di diminuzione della capacità del soggetto leso.
Danno biologico e Inail
La tutela del danno biologico rileva anche nel settore dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali garantita dall’Inail a tutti quei soggetti che nello svolgimento o nell’ambito di una attività lavorativa sono esposti al rischio.
Inizialmente la tutela assicurativa garantita dall’Inail operava soltanto per quei danni subiti dal lavoratore che incidevano sulla sua capacità lavorativa ovvero sulla capacità di produrre guadagno. L’Inail pertanto eseguiva la sua prestazione risarcitoria soltanto per i danni di natura patrimoniale. L’eventuale ristoro del danno di natura non patrimoniale pesava invece in capo al datore di lavoro nel caso in cui il lavoratore esercitasse il proprio diritto alla tutela integrale del danno subito in aggiunta a quello liquidato dall’assicurazione sul piano civile.
Il decreto legislativo 38/2000 ha esteso la tutela assicurativa dell’istituto anche al danno biologico riducendo la possibilità che l’imprenditore possa essere ritenuto responsabile civilmente.
Il danno biologico che rientra nell’ambito della tutela Inail tuttavia è solo quello, definito dall’articolo 13 del suddetto decreto, come “lesione all’integrita’ psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona“. Resta pertanto in capo al lavoratore la possibilità di chiedere il risarcimento del danno complementare o differenziale non liquidabile dall’Inail.
Si segnala infine che dal 1 gennaio 2019 sono state approvate le nuova tabelle di indennizzo del danno biologico in capitale con decreto del Presidente dell’Inail n. 2/2019. L’istituto risarcisce il danno biologico derivante da un’inabilità permanente pari o superiore al 6% e fino al 15% con un indennizzo in capitale. L’invalidità permanente superiore al 16% invece è ristorata con una rendita annua ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo 38/2000.
L’evento morte: il danno biologico terminale e il diritto al risarcimento degli eredi
L’evento morte può essere fonte di danno biologico. In questo caso tuttavia il danno biologico è risarcibile a determinate condizioni. Ciò accade quando intercorre un certo lasso di tempo tra le lesioni subite dal danneggiato che ne hanno causato la morte e la morte stessa. In tale lasso di tempo il risarcimento del danno biologico andrebbe a ristorare un’inabilità temporanea per il tempo in cui il soggetto leso rimane in vita.
Centrale sulla questione è stata la sentenza n. 3549 della Corte di Cassazione del febbraio 2004 che stabilisce inoltre il trasferimento in capo agli eredi del diritto al risarcimento. Nella sentenza si legge infatti che “Ne consegue che quando la morte è causata dalle lesioni, dopo un apprezzabile lasso di tempo, il danneggiato acquisisce (e quindi trasferisce agli eredi) soltanto il diritto al risarcimento del danno biologico da inabilità temporanea e per il tempo di permanenza in vita”. Il trasferimento del diritto in capo agli eredi è stato definito dalla Corte “iure hereditatis”.
Il diritto al risarcimento degli eredi tuttavia si ha soltanto quando la vittima sopravvive per un apprezzabile lasso di tempo. Ovvero quando, afferma la Corte, si accerta che il danno esiste: “ed esso in caso di morte immediata (o quasi) non esiste, mentre esiste nel caso di sopravvivenza anche molto limitata nel tempo, in quanto la vittima del fatto patisce quella perdita di tipo biologico, che costituisce il presupposto del risarcimento del danno alla salute”.
In ragione di questo lasso di tempo necessario ai fini del risarcimento la giurisprudenza più recente lo ha definito “danno biologico terminale“.
Che cosa sono le tabelle di Milano
Le tabelle di Milano sono un criterio di riferimento assunto oramai come parametro nazionale per gli indennizzi. L’orientamento in tal senso si è consolidato dietro alla vigorosa spinta giurisprudenziale della Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 9556/2016.
Con tale pronuncia, infatti, i giudici della Suprema Corte stabilirono che in materia di liquidazione del danno biologico, quando sono carenti i criteri stabiliti dalla legge, l’adozione della regola equitativa ex art. 1226 c.c. deve necessariamente garantire non solamente una valutazione adeguata delle circostanze del caso concreto, quanto anche l’uniformità di giudizio dinanzi a casi giudicabili in modo analogo. Non è infatti tollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere oggetto di una diversa liquidazione solo perché esaminati da differenti uffici giudiziari.
Proprio per questo motivo, precisò la Corte all’epoca, il riferimento al criterio di liquidazione che è stato predisposto dal Tribunale di Milano, già diffuso su scala nazionale, può contribuire a garantire questa uniformità di trattamento. Non solo. Con tale sentenza la Corte ha riconosciuto la valenza delle tabelle milanesi come parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni ex artt. 1226 e 2056 cod. civ., a patto che non sussistano delle concrete circostanze atte a giustificarne l’abbandono.
Che valore hanno le tabelle di Milano
Chiarito quanto sopra, cerchiamo di comprendere quanto sia ampia l’applicabilità delle tabelle del tribunale di Milano. È necessario premettere fin da questa breve parte introduttiva come la loro fruizione sia stata largamente utilizzata per poter calcolare i risarcimenti da incidenti (non solo quelli stradali), al fine di favorire la determinazione dell’importo dovuto alla vittima in qualità di danno biologico.
Che cosa è il danno biologico. Il danno biologico è il danno alla salute e all’integrità fisica e psichica subito da una persona in conseguenza di un fatto illecito altrui, doloso o colposo. Il danno biologico, essendo dunque intendibile come una lesione all’integrità psicofisica, è legato all’esistenza di ripercussioni negative che derivano dalla lesione subita, e deve essere valutato dai giudici secondo criterio di equità, da riconoscersi al di là delle conseguenze lesive che possono incidere sull’efficienza lavorativa del soggetto leso e sulla sua capacità di produrre reddito.
Come già anticipato, e come più volte precisato sia dallo stesso tribunale milanese che dai giudici della Suprema Corte, nel caso in cui non siano presenti dei criteri stabiliti per legge, la necessaria applicazione di una regola di equità dovrà pur sempre garantire una valutazione congrua e adeguata delle circostanze della concreta fattispecie. Così facendo è assicurata, per lo meno astrattamente, una uniformità di giudizio dinanzi al caso concreto.
La certezza del diritto come obiettivo di liquidazione univoca del danno
Quel che si vuole in altri termini evitare è che danni ritenibili identici possano essere liquidati in modo differente solamente perché valutati da due giudici distinti. Ecco dunque che l’applicazione delle tabelle di liquidazione del danno biologico, così come proposta dal Tribunale di Milano, può costituire su intero territorio nazionale il principale parametro di conformità della valutazione di equità del danno biologico. Il giudice può tuttavia ritenere che sussistano delle circostanze concrete che siano idonee a giustificarne l’abbandono.
Per quanto poi riguarda il valore su base territoriale, è la Cassazione ad aver precisato come le tabelle milanesi per la liquidazione del danno biologico possano assicurare una uniformità di trattamento sull’intero territorio nazionale. Possono pertanto assumersi come parametro per la valutazione con criterio di equità di questo danno. Con una pronuncia del 2011 la Corte è poi arrivata ad affermare che la mancata applicazione delle tabelle milanesi ai fini della liquidazione del danno da parte del giudice possa essere fatta valere come vizio di violazione di legge dinanzi alla Suprema Corte.
La liquidazione equitativa del danno biologico
Il danno biologico deve essere necessariamente liquidato in via equitativa, considerato che esso non può rivestire una consistenza economica o reddituale. Come afferma l’articolo 1226 del codice civile infatti “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa“.
Proprio lo scorso Maggio 2020 con l’ordinanza n. 8468 si è stata interpellata in merito la Corte di Cassazione. Con l’occasione i giudici hanno affermato che “Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell’art. 3 Cost., comma 2, questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%) conseguenti alla circolazione. Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, costituiscono dunque strumento senz’altro idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla clausola generale posta all’art. 1226 c.c.”
D’altronde, non è certo possibile ritenere che la liquidazione sia totalmente satisfattiva. La salute è come tale il bene più importante, e la giurisprudenza è ben conscia di come non possa essere compensata con una misura patrimoniale.
Tuttavia, nonostante ciò, è ovvio che si debba comunque procedere al ristoro del danno non patrimoniale. Deve convertirsi in termini pecuniari mediante una valutazione equitativa che sia quanto più possibile uniforme da caso a caso, al fine di evitare delle ingiustizie. Proprio per tale ragione è chiaro – quasi esplicito – l’invito rivolto a tutti i tribunali italiani ad adottare le tabelle elaborate dal tribunale milanese.
Tabelle di Milano: gli importi
Ecco dunque in formato .pdf le Tabelle di Milano dell’anno 2018 (le più recenti) con i parametri in ordine alla quantificazione del danno biologico.