La richiesta di danno non patrimoniale dei parenti – indice:
Con Sentenza n° 29735 del 4 Giugno 11 Luglio 2013, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affrontato un caso che introduce un importante principio nelle controversie per risarcimento di danno non patrimoniale da liquidarsi a favore degli stretti congiunti della persona offesa e vittima di un reato.
I parenti, gli stretti congiunti e la convivenza
Il caso preso in esame dalla Suprema Corte rigurada la costituzione di parte civile da parte dei nonni della persona offesa, defunta nel corso del sinistro, ma non convivente con gli stessi nonni. Il caso, risalente al 2008, è già stato affrontato in modo analogo dal Tribunale di Siena e dalla Corte d’appello di Firenze.
L’orientamento della giurisprudenza in quest’ambito non è mai stato definito, ma la sentenza in questione conferma i più recenti orientamenti in base ai quali non vi è necessità di convivenza con la persona deceduta a causa di un reato, per riconoscere ai non conviventi, stretti congiunti, la qualità di danneggiati dallo stesso reato posto in essere.
Come già sancito da una precedente sentenza, la n° 38809 del 21 Ottobre 2005, in caso di omicidio colposo non si può negare il danno per congiunti che abbiano un particolare legame anche di sangue con il defunto. L’effettiva convivenza può infatti essere soppesata come elemento di valutazione del legame che lega il defunto agli eventuali danneggiati dal reato.
I precedenti orientamenti ritenevano necessaria la convivenza fra parenti
Di tutt’altro avviso era invece la stessa sezione III della Corte di Cassazione, che nel 1993, con sentenza 6938 del 1993, che individua invece nel vivere sotto lo stesso tetto il presupposto essenziale ai fini della liquidazione del danno agli stretti congiunti. La pronuncia in esame è inoltre richiamata da una successiva sentenza conforme del 2012, la numero 4253. Queste ultime sentenze richiamate fanno leva su un’interpretazione della famiglia, come nucleo costituzionalmente individuato e definito dall’articolo 2 della Costituzione.
La vita familiare, per essere definita tale, non potrebbe che svolgersi in un determinato luogo di riferimento, in difetto del quale, ad avviso di questo orientamento della Suprema Corte, verrebbero meno i presupposti per potersi parlare di “famiglia in senso stretto”, e quindi per potersi liquidare un danno a favore di chi non sia convivente.
Non è necessaria la convivenza sotto allo stesso tetto per il risarcimento
Nel caso specifico della liquidazione del danno a favore dei nonni, in difetto della convivenza sotto lo stesso tetto, il legame di parentela è ritenuto rilevante dal punto di vista della richiesta di risarcimento per danno non patrimoniale. Interessante è l’ulteriore ragionamento svolto nell’ambito dell’ultima sentenza sull’argomento del 2013, che prende seriamente in considerazione anche gli aspetti legati all’evoluzione dei mezzi di cominicazione nel corso degli ultimi anni.
Ad avviso della Corte, la “vicinanza” fisica ad una persona e la convivenza con la stessa passano in secondo piano rispetto all’effettivo contatto attraverso la costante e frequente comunicazione “a distanza”, tale da rendere del tutto superflua una convivenza sotto allo stesso tetto.
L’elaborazione giurisprudenziale in questione si rileva fondamentale non soltanto nell’ambito della decisione che ne è oggetto. La sentenza entra infatti nel merito della valutazione sull’evoluzione dei rapporti sociali e di parentela, anche attraverso i mezzi di comunicazione moderni. Questi costituiscono, forse, una via attraverso cui possa esplicarsi un legame affettivo, tale da giustificare la risarcibilità del danno.