Il risarcimento per ritardo del volo aereo: la prova con il titolo – indice:
Ieri abbiamo parlato delle caratteristiche e delle modalità di ottenimento del risarcimento dei danni da vacanza rovinata. Sempre in ambito di viaggi e di risarcimento dei pregiudizi subiti, arriva coincidente una ultima ordinanza da parte della Corte di Cassazione, che ha stabilito come per poter ottenere il risarcimento da ritardo aereo sia sufficiente fornire il biglietto ed evidenziare l’inadempimento del vettore, con quest’ultimo che dunque dovrà dimostrare l’esatto adempimento delle proprie prestazioni.
Risarcimento da ritardo del volo aereo: basta il biglietto
Alla luce di quanto sopra, si può dunque affermare come per poter domandare lecitamente il risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo aereo sia sufficiente presentare il titolo di viaggio, allegando ad esso l’inadempimento del vettore. L’onere di dimostrare di aver correttamente adempiuto ricadrà dunque sulla compagnia aerea, che dovrà pertanto impegnarsi a manifestare la congruità della propria prestazione e, di conseguenza, la propria non colpevolezza per il problema lamentato dal viaggiatore.
La pronuncia della Cassazione
A formulare quanto sopra è la recente ordinanza n. 1584/2018, attraverso la quale la terza sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata su una specifica fattispecie che ha interessato un passeggero, il quale aveva domandato alla compagnia aerea il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in seguito al ritardo maturato dal proprio volo.
Nel caso in esame ai giudici della Suprema Corte, il passeggero aveva evidenziato come, a causa di un ritardo di 4 ore subito dal proprio volo, aveva subito l’ulteriore danno di non potersi imbarcare su un secondo volo per raggiungere la propria residenza, perdendo così la coincidenza e conseguendo dei pregiudizi conseguenti.
In sede d’Appello, però, i giudici respingevano il gravame del passeggero, sottolineando come nonostante la Convenzione di Montréal e altre norme internazionali abbiano spostato con decisione sul vettore aereo la prova liberatoria, in realtà la presunzione di colpa del vettore presuppone che sia stato dimostrato il ritardo, a cura del viaggiatore, in qualità di utente dei servizi della compagnia aerea.
In altri termini, secondo i giudici di appello per poter presumere la colpa del vettore non sarebbe sufficiente per il passeggero limitarsi a provare l’esistenza del contratto di trasporto (cioè allegare in causa il titolo di viaggio, quale prova dell’avvenuto acquisto del biglietto aereo), bensì lo stesso dovrebbe impegnarsi a fornire una prova piena anche del ritardo del volo, gravando così sul vettore solamente l’onere della prova liberatoria.
Perché è sufficiente il titolo di viaggio
La pronuncia dei giudici della Corte d’Appello non trova condivisione in sede di Cassazione, con gli Ermellini che invece scelgono di accogliere l’ulteriore impugnazione promossa dall’uomo. In particolare, i giudici della Suprema Corte elaborano alcuni interessanti chiarimenti sull’importanza dell’ampiezza dell’onere probatorio che grava sul passeggero che ha intenzione di agire in giudizio nei confronti del vettore aereo domandando il risarcimento dei danni da ritardo del volo.
Con l’occasione, i giudici hanno sottolineato come le normative di cui si è parzialmente già detto, e che disciplinano la materia del contendere (ovvero, la Convenzione di Montréal e il Regolamento CE n. 261/2004) non forniscano delle regole ben specifiche in relazione alla prova dell’inadempimento del vettore e alla durata del ritardo, limitandosi invece ad affermare il principio di presunzione di responsabilità del vettore aereo.
La presunzione – si legge poi nella sentenza – opera sul piano dell’imputabilità dell’inadempimento, come sancito dall’art. 1218 c.c., e non su quello della prova oggettiva dello stesso. Ne deriva che, in mancanza di una regola specifica sul punto, per i giudici della Corte di Cassazione non si può far altro che ricorrere ai criteri ordinari di riparto dell’onere della prova, di cui all’art. 2697 c.c., e alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Nella pronuncia si legge infatti come costituisca un vero e proprio ius receptum il principio di diritto secondo il quale – in materia di prova dell’inadempimento di un’obbligazione – il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, o per l’adempimento, ha l’unico compito di provare solamente la fonte (sia essa negoziale o legale) del proprio diritto e il relativo termine di scadenza. Dunque, il richiedente il risarcimento del danno dovrà limitarsi ad allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte, facendo pertanto ricadere sul convenuto, debitore, l’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.
L’inesatto adempimento dell’obbligazione
Peraltro, simili considerazioni possono essere formulate non solamente nel caso in cui si deduca l’inadempimento “totale” dell’obbligazione, quanto anche il suo inesatto adempimento, come avviene – nella fattispecie – per il volo effettuato con notevole ritardo. Anche in questa ipotesi, infatti, al creditore istante sarà sufficiente allegare l’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, difformità quantitative o qualitative dei beni, ecc.), gravando così ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare quanto avvenuto, e il presunto esatto adempimento.
La Cassazione ha infine concluso che nell’ipotesi deve affermarsi il principio di diritto secondo cui
il passeggero che agisca per il risarcimento del danno derivante dal negato imbarco o dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova della fonte (negoziale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, ossia deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell’inadempimento del vettore.
Dunque, si conclude, spetterà al vettore, la compagnia area convenuta in giudizio,
dimostrare l’avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261/2004
che ha introdotto una “tipizzazione legale” della soglia oltre la quale l’inesatto adempimento (ritardo) del vettore diviene “grave” e genera obblighi risarcitori.