Scissione semplificata – guida rapida
- La normativa di riferimento
- Tipologie di scissione semplificata
- I presupposti applicativi della scissione semplificata
- In cosa consiste la semplificazione
- Gli effetti della scissione semplificata
- Le garanzie per i creditori sociali
- I profili fiscali della scissione semplificata
- Scissione semplificata e gruppi societari
- Scissione semplificata e operazioni transfrontaliere
- Gli orientamenti giurisprudenziali
- La scissione semplificata nelle PMI
- La scissione semplificata con leverage
- Scissione semplificata e responsabilità degli amministratori
- Scissione semplificata e diritto di recesso
- I rapporti con le altre forme di riorganizzazione aziendale
- La scissione semplificata nel contesto della crisi d’impresa
- Scissione semplificata e trasferimento d’azienda
- Scissione semplificata e tutela della concorrenza
La scissione semplificata è una variante procedurale della più nota operazione di scissione societaria, disciplinata nel nostro ordinamento dagli articoli 2506 e ss. del codice civile. Si tratta di una particolare modalità di scissione che è stata introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 (d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) e che successivamente è stata perfezionata con interventi legislativi successivi, con l’obiettivo di snellire le procedure societarie e favorire la flessibilità organizzativa delle imprese italiane.
Come suggerisce il suo stesso nome, la principale caratteristica della scissione semplificata consiste nella possibilità di omettere alcuni adempimenti procedurali normalmente richiesti nelle operazioni di scissione ordinaria, a patto che sussistano determinate condizioni che il legislatore ha ritenuto meritevoli di un trattamento agevolato.
Come osserva la dottrina prevalente, questa semplificazione si inserisce nel più ampio processo di modernizzazione del diritto societario italiano, volto a favorire la competitività delle imprese nazionali nel contesto europeo e internazionale.
La giurisprudenza di legittimità ha peraltro più volte sottolineato la ratio dell’istituto, evidenziando come la semplificazione procedurale non comporti un affievolimento delle tutele sostanziali previste dall’ordinamento a favore dei soci e dei creditori.
La normativa di riferimento
Il fondamento normativo della scissione semplificata si rinviene principalmente negli articoli 2506-ter e 2505 del codice civile. In particolare, l’art. 2506-ter, quarto comma, c.c. estende alla scissione le disposizioni semplificate previste per la fusione dall’art. 2505 c.c., quando la scissione avviene mediante la costituzione di nuove società e il rapporto di cambio è stabilito secondo specifiche modalità.
La disciplina è stata ulteriormente arricchita dal d.lgs. 108/2008, che ha regolamentato le operazioni transfrontaliere, e dal d.Lgs. 147/2018, che ha recepito la direttiva UE 2017/1132 relativamente a determinati aspetti del diritto societario. Va inoltre ricordato il contributo interpretativo fornito dalla Massima n. 22 del Consiglio Notarile di Milano, che ha chiarito l’ambito applicativo della scissione semplificata.
L’articolo 2506-bis, commi 2 e 3, c.c. disciplina il piano di assegnazione degli elementi patrimoniali, mentre l’articolo 2506-quater c.c. regola gli effetti dell’operazione. Da non trascurare sono le norme fiscali contenute negli articoli 173 e seguenti del TUIR (D.P.R. 917/1986), che definiscono il trattamento tributario dell’operazione.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8927/2013, ha poi precisato che
le norme sulla scissione semplificata vanno interpretate in modo sistematico, alla luce dei principi generali dell’ordinamento societario e della finalità del legislatore di favorire la riorganizzazione dei gruppi societari.
Tipologie di scissione semplificata
Nell’attuale panorama giuridico italiano è possibile distinguere diverse tipologie di scissione semplificata, ciascuna caratterizzata da presupposti applicativi specifici e da diverse modalità di attuazione della semplificazione procedurale.
La prima tipologia è la scissione semplificata per incorporazione in società interamente posseduta, disciplinata dal combinato disposto degli articoli 2506-ter e 2505 c.c. L’ipotesi si verifica quando una società scinde parte del suo patrimonio a favore di una società preesistente che è interamente posseduta dalla società scissa.
La seconda tipologia è la scissione semplificata a favore di società possedute almeno al 90%, regolata dal richiamo all’art. 2505-bis c.c. In questo caso, la dottrina ha evidenziato che la semplificazione opera in misura ridotta rispetto all’ipotesi precedente, in considerazione della presenza di soci di minoranza.
La terza variante è la scissione semplificata mediante costituzione di nuove società con assegnazione proporzionale delle partecipazioni, fattispecie in cui, secondo la Massima n. 22 del Consiglio Notarile di Milano, “la semplificazione è giustificata dalla conservazione dei rapporti proprietari preesistenti”. Il Consiglio Notarile di Milano, con la Massima n. 158, ha inoltre riconosciuto la legittimità della scissione semplificata inversa, in cui la beneficiaria detiene partecipazioni nella scissa.
I presupposti applicativi della scissione semplificata
Ma in quali casi la scissione semplificata può essere percorsa efficacemente?
Per rispondere a tale quesito, ricordiamo che l’applicazione della disciplina semplificata richiede la sussistenza di presupposti specifici, che variano in funzione della tipologia di scissione semplificata che si intende attuare. La corretta identificazione di tali presupposti è fondamentale per determinare legittimamente l’ambito di semplificazione procedurale.
Per la scissione semplificata ex art. 2505 c.c., il presupposto essenziale è la titolarità, in capo alla società scissa, dell’intero capitale sociale della società beneficiaria preesistente. La giurisprudenza di merito ha più volte precisato che tale requisito deve sussistere ininterrottamente dall’inizio della procedura fino alla stipulazione dell’atto di scissione.
Nella scissione semplificata ex art. 2505-bis c.c., invece, è sufficiente che la società scissa detenga almeno il 90% del capitale della beneficiaria. Come sottolineato dalla dottrina è in questo caso necessario garantire ai soci di minoranza della beneficiaria la possibilità di esercitare il diritto di vendita delle proprie partecipazioni.
Per la scissione con costituzione di nuove società, il presupposto è l’assegnazione proporzionale delle partecipazioni ai soci della scissa e l’assenza di conguagli in denaro. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 24 febbraio 2016, ha confermato in tal proposito che “la proporzionalità dell’assegnazione è condizione imprescindibile per l’accesso al regime semplificato”.
Il Consiglio Nazionale del Notariato, nella massima n. I.N.10, ha inoltre chiarito che in caso di scissione a favore di beneficiaria neocostituita, la semplificazione è applicabile anche quando la scissa assegna alla beneficiaria un patrimonio netto negativo, purché compensato da un conferimento positivo dei soci.
In cosa consiste la semplificazione
L’iter procedurale della scissione semplificata si caratterizza per l’eliminazione o la riduzione di alcuni adempimenti normalmente previsti per la scissione ordinaria. La semplificazione, tuttavia, non è uniforme ma varia in funzione della tipologia di scissione semplificata in questione.
Nella scissione semplificata ex art. 2505 c.c., la procedura inizia con la redazione del progetto di scissione, che deve contenere gli elementi essenziali previsti dall’art. 2506-bis c.c. Come osservato dalla dottrina, pur in assenza dell’obbligo di relazione degli amministratori e degli esperti, il progetto deve comunque essere completo e dettagliato.
Il progetto deve essere depositato presso il registro delle imprese o pubblicato sul sito internet della società almeno trenta giorni prima della decisione in ordine alla scissione, termine che la giurisprudenza di merito ha ritenuto non derogabile.
La principale semplificazione riguarda la possibilità di omettere la relazione degli amministratori (ex art. 2506-ter, primo comma, c.c.) e la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio (ex art. 2506-ter, terzo comma, c.c.). Come precisato dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 12314/2019), “tali omissioni si giustificano con l’assenza di modifiche degli assetti proprietari”.
Ulteriore semplificazione è la possibilità di prevedere statutariamente che la decisione in ordine alla scissione sia adottata dall’organo amministrativo anziché dall’assemblea dei soci, con atto pubblico e nel rispetto dell’art. 2436 c.c., come confermato dalla prassi notarile (Massima n. 60 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato).
Gli effetti della scissione semplificata
Gli effetti della scissione semplificata, pur caratterizzandosi per una procedura agevolata, non differiscono sostanzialmente da quelli della scissione ordinaria. Permane, infatti, il principio cardine della successione universale o particolare delle società beneficiarie nei rapporti giuridici della società scissa.
Come stabilito dall’art. 2506-quater c.c., la scissione produce effetti dall’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione nell’ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le società partecipanti all’operazione. Tuttavia, come evidenziato dalla dottrina, è possibile prevedere che gli effetti contabili e fiscali decorrano da una data anteriore.
Per quanto riguarda i rapporti giuridici, la Corte di Cassazione (sentenza n. 17020/2018) ha affermato il principio secondo cui “le società beneficiarie succedono nelle posizioni giuridiche attive e passive della scissa secondo quanto previsto nel progetto di scissione, con responsabilità solidale, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto attribuito, per i debiti della scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico“.
Particolarmente rilevante è la questione della responsabilità solidale delle società partecipanti per i debiti della scissa. Il Tribunale di Bologna con sentenza del 7 marzo 2017 ha precisato che “tale responsabilità opera come garanzia per i creditori e non modifica l’imputazione del debito secondo quanto previsto dal progetto di scissione”.
Sul piano fiscale, l’operazione è regolata dal principio di neutralità fiscale ex art. 173 TUIR, con la conseguenza che la scissione non costituisce realizzo né distribuzione di plusvalenze o minusvalenze, come confermato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 98/E del 17 maggio 2000).
Le garanzie per i creditori sociali
Nonostante la semplificazione procedurale, la scissione semplificata mantiene intatti i presidi posti a tutela dei creditori sociali, considerato che l’operazione può comportare una ripartizione del patrimonio della società scissa e, conseguentemente, una potenziale riduzione della garanzia patrimoniale.
In tal senso, il principale strumento di tutela è rappresentato dal diritto di opposizione previsto dall’art. 2506-ter, quinto comma, c.c., che richiama l’art. 2503 c.c. I creditori della società scissa e delle società beneficiarie possono opporsi alla scissione entro sessanta giorni dall’ultima delle iscrizioni previste dall’art. 2502-bis c.c. Come chiarito dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 21846/2013), “l’opposizione dei creditori sospende l’efficacia della scissione, salvo che il tribunale disponga l’esecuzione previa prestazione di idonea garanzia”. La dottrina prevalente sottolinea poi come la scissione semplificata non riduce la portata del diritto di opposizione, che rimane lo strumento principale di tutela preventiva per i creditori.
Oltre al diritto di opposizione, l’art. 2506-quater, terzo comma, c.c. prevede la responsabilità solidale delle società partecipanti alla scissione per i debiti della scissa non soddisfatti dalla società cui sono stati assegnati. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 12 settembre 2018, ha precisato che “tale responsabilità è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria e opera a prescindere dalle pattuizioni contenute nel progetto di scissione”.
Ulteriore garanzia è rappresentata dall’obbligo di allegare al progetto di scissione la situazione patrimoniale delle società partecipanti, redatta con l’osservanza delle norme sul bilancio d’esercizio.
I profili fiscali della scissione semplificata
Il trattamento fiscale della scissione semplificata segue i principi generali previsti per le operazioni di scissione, caratterizzandosi per il principio di neutralità fiscale sancito dall’art. 173 del TUIR (D.P.R. 917/1986).
Secondo tale principio, la scissione non costituisce realizzo né distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa. I beni ricevuti dalle società beneficiarie sono valutati fiscalmente in base all’ultimo valore riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi in capo alla società scissa. Come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 52/E del 22 maggio 2015, “la neutralità fiscale opera anche in caso di scissione semplificata, essendo irrilevante la semplificazione procedurale”.
Per quanto riguarda le posizioni soggettive e gli obblighi fiscali della società scissa, questi si trasferiscono alle beneficiarie in proporzione ai rispettivi patrimoni netti contabili. L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 31/E del 2014, ha specificato che “in caso di scissione parziale, le posizioni fiscali connesse specificamente agli elementi del patrimonio scisso, si trasferiscono alla società beneficiaria”.
Le perdite fiscali pregresse, gli interessi passivi non dedotti e l’eccedenza ACE della società scissa sono attribuiti alle beneficiarie in proporzione alle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferito, salvo specifiche limitazioni antielusive. Limitazioni che trovano applicazione anche in caso di scissione semplificata, essendo finalizzate a contrastare operazioni prive di valide ragioni economiche.
Ai fini delle imposte indirette, la scissione è soggetta all’imposta di registro in misura fissa (200 euro).
Scissione semplificata e gruppi societari
La scissione semplificata rappresenta uno strumento particolarmente utile nell’ambito delle riorganizzazioni dei gruppi societari, offrendo un percorso procedurale agevolato per operazioni infragruppo che, per loro natura, presentano minori criticità in termini di tutela degli interessi coinvolti.
La dottrina aziendalistica da tempo ha evidenziato come la scissione semplificata consenta di realizzare efficacemente operazioni di riassetto organizzativo e di riallocazione delle risorse all’interno dei gruppi, minimizzando i costi procedurali.
Nel contesto dei gruppi, la scissione semplificata può essere utilizzata per diverse finalità: dalla separazione di rami d’azienda in vista di successive cessioni, alla creazione di sub-holding per specifici settori di attività, fino alla razionalizzazione delle catene partecipative. Particolare attenzione merita l’ipotesi della scissione semplificata a cascata, in cui la società scissa trasferisce a una beneficiaria interamente posseduta partecipazioni in altre società del gruppo. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 22850/2017) ha chiarito che anche in tali casi è applicabile la disciplina semplificata, purché sussistano i presupposti di legge.
La prassi notarile ha inoltre riconosciuto la legittimità della scissione semplificata orizzontale tra società sorelle interamente possedute dalla medesima capogruppo, valorizzando l’unitarietà economica del gruppo quale presupposto per l’applicazione della disciplina semplificata.
Scissione semplificata e operazioni transfrontaliere
La disciplina della scissione semplificata ha trovato applicazione anche nel contesto delle operazioni transfrontaliere, in particolare a seguito del recepimento della Direttiva UE 2017/1132 e delle successive modifiche introdotte dalla Direttiva UE 2019/2121 in materia di mobilità transfrontaliera delle società.
Il d.lgs. 108/2008, come modificato dal D.Lgs. 147/2018, disciplina le operazioni di fusione e scissione transfrontaliere, estendendo anche a queste la possibilità di adottare procedure semplificate quando ne ricorrano i presupposti. Come sottolineato dalla dottrina internazionalistica l’applicazione delle semplificazioni anche alle operazioni transfrontaliere risponde all’esigenza di facilitare la mobilità delle imprese nello spazio giuridico europeo.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza C-117/16 (caso Marine Harvest), ha precisato che “gli Stati membri devono garantire che le semplificazioni procedurali previste dal diritto interno siano accessibili anche nelle operazioni transfrontaliere, in ossequio al principio di non discriminazione e alla libertà di stabilimento“.
Particolarmente rilevante è la questione delle certificazioni preliminari richieste per le operazioni transfrontaliere. La giurisprudenza ha chiarito che anche in caso di scissione semplificata transfrontaliera è necessario ottenere il certificato preliminare attestante il regolare completamento degli adempimenti anteriori alla scissione.
La dottrina ha poi evidenziato largamente che le semplificazioni procedurali non esimono dal rispetto delle norme imperative poste a tutela dei soci di minoranza, dei creditori e dei lavoratori, che anzi assumono particolare rilievo nel contesto transfrontaliero.
Gli orientamenti giurisprudenziali
L’applicazione della disciplina della scissione semplificata ha sollevato nel tempo diverse questioni interpretative, che hanno formato oggetto di dibattito dottrinale e di pronunce giurisprudenziali non sempre univoche.
Un primo profilo di criticità riguarda l’applicabilità della disciplina semplificata in caso di scissione parziale a favore di beneficiaria preesistente non interamente posseduta dalla scissa. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9050/2018, ha adottato un approccio restrittivo, affermando che “la semplificazione ex art. 2505 c.c. presuppone che la società scissa detenga l’intero capitale della beneficiaria, senza che rilevi la limitata entità del patrimonio trasferito“.
Divergenze interpretative si sono registrate anche in merito alla possibilità di omettere la relazione degli esperti quando, pur ricorrendo i presupposti per la semplificazione, vi sia un aumento di capitale della beneficiaria con emissione di nuove azioni. Il Tribunale di Torino, con decreto del 14 dicembre 2017, ha sostenuto la tesi affermativa, ritenendo che “la semplificazione operi a prescindere dalle modalità tecniche di realizzazione dell’operazione“.
Altro tema dibattuto riguarda l’applicabilità della disciplina semplificata alla scissione asimmetrica. La dottrina prevalente sostiene che “la non proporzionalità dell’assegnazione impedisce l’accesso al regime semplificato, in quanto altera gli equilibri proprietari preesistenti“.
Interessante è anche la questione dell’applicabilità della disciplina semplificata in presenza di rapporti di cambio diversificati per diverse categorie di azioni. La giurisprudenza di merito ha più ritenuto compatibile tale situazione con la disciplina semplificata, purché sia preservata la proporzionalità all’interno di ciascuna categoria.
La scissione semplificata nelle PMI
La scissione semplificata riveste particolare importanza anche nel contesto delle piccole e medie imprese (PMI), dove l’esigenza di contenere i costi e di snellire le procedure assume rilevanza ancora maggiore rispetto alle grandi società.
Come evidenziato dalla dottrina la disciplina semplificata della scissione rappresenta uno strumento fondamentale proprio per le PMI, consentendo loro di realizzare operazioni di riorganizzazione con un significativo risparmio di tempi e costi. Un assunto che è particolarmente vero nelle società a responsabilità limitata, dove l’art. 2506-ter, quinto comma, c.c. prevede ulteriori semplificazioni, consentendo di omettere la situazione patrimoniale con il consenso unanime dei soci.
Nelle PMI, la scissione semplificata trova frequente applicazione nei passaggi generazionali, consentendo la separazione dei patrimoni in vista dell’assegnazione a diversi rami familiari. La Corte d’Appello di Venezia (sentenza del 12 luglio 2017) ha riconosciuto che “in tali ipotesi, la scissione semplificata consente di realizzare il riassetto proprietario con minor dispendio di risorse, salvaguardando al contempo la continuità aziendale”.
La prassi notarile (Massima n. 72 del Consiglio Notarile di Firenze) ha inoltre riconosciuto la legittimità della scissione semplificata nelle società di persone trasformate in società di capitali, “purché ricorrano i presupposti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge”.
La scissione semplificata con leverage
Una particolare applicazione della scissione semplificata è rappresentata dalla cosiddetta scissione con leverage, operazione in cui la società beneficiaria fa ricorso all’indebitamento per acquisire gli elementi patrimoniali della società scissa.
Come osservato dalla dottrina specialistica, la scissione con leverage consente di realizzare operazioni simili al leveraged buy out, con il vantaggio di evitare i vincoli procedurali previsti dall’art. 2501-bis c.c.. La giurisprudenza di merito (Tribunale di Roma, decreto del 9 marzo 2016) ha tuttavia precisato che “l’utilizzo della scissione semplificata in operazioni con leverage deve essere valutato con particolare attenzione, per evitare elusioni della disciplina posta a tutela dell’integrità del capitale sociale“.
Sul piano operativo, la scissione con leverage si realizza mediante l’assegnazione alla società beneficiaria di elementi patrimoniali che generano flussi di cassa sufficienti a ripagare l’indebitamento contratto. L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 97/E del 2017, ha chiarito che tali operazioni sono fiscalmente neutrali, purché rispondano a valide ragioni economiche e non abbiano come obiettivo principale l’elusione fiscale.
Particolarmente dibattuta è la questione dell’applicabilità dell’art. 2501-bis c.c. in via analogica alle scissioni con leverage. La dottrina prevalente sostiene che i presidi informativi previsti per la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento debbano trovare applicazione anche nelle scissioni con leverage, in virtù dell’identità di ratio.
Scissione semplificata e responsabilità degli amministratori
La semplificazione procedurale che caratterizza la scissione semplificata non comporta un affievolimento della responsabilità degli amministratori delle società partecipanti, che mantiene invece tutta la sua portata in relazione alla correttezza e completezza delle informazioni fornite e alla tutela degli interessi coinvolti.
Come evidenziato dalla dottrina, infatti, la semplificazione degli adempimenti procedurali è compensata da un aggravamento della responsabilità degli amministratori, chiamati a garantire comunque la trasparenza e la correttezza dell’operazione. Di particolare rilievo è la responsabilità degli amministratori per la corretta redazione del progetto di scissione. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17619/2016, ha affermato che anche in caso di scissione semplificata, gli amministratori rispondono della veridicità e completezza delle informazioni contenute nel progetto di scissione, con particolare riguardo ai criteri di assegnazione degli elementi patrimoniali.
Nell’ipotesi in cui la decisione in ordine alla scissione sia adottata dall’organo amministrativo anziché dall’assemblea (ex art. 2505, secondo comma, c.c.), la giurisprudenza di merito ha precisato che gli amministratori assumono una responsabilità rafforzata, essendo chiamati ad esercitare una competenza eccezionalmente sottratta all’organo assembleare.
La dottrina ha inoltre sottolineato che gli amministratori sono responsabili non solo verso i soci ma anche verso i creditori sociali per l’eventuale pregiudizio arrecato all’integrità del patrimonio sociale in conseguenza dell’operazione di scissione.
Scissione semplificata e diritto di recesso
La disciplina del diritto di recesso in caso di scissione semplificata presenta peculiarità che riflettono la natura agevolata dell’operazione e i presupposti applicativi della stessa.
Nelle ipotesi di scissione semplificata ex art. 2505 c.c., dove la beneficiaria è interamente posseduta dalla scissa, la dottrina prevalente, si ritiene che il diritto di recesso sia escluso, in quanto l’operazione non comporta alcuna modifica sostanziale delle condizioni di rischio dell’investimento per i soci della scissa.
Diversa è la situazione nella scissione semplificata ex art. 2505-bis c.c., dove la presenza di soci di minoranza nella beneficiaria giustifica il riconoscimento del diritto di recesso. Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 10 febbraio 2017, ha precisato che in tal caso, ai soci di minoranza della beneficiaria deve essere riconosciuto il diritto di far acquistare le proprie partecipazioni dalla scissa per un corrispettivo determinato secondo i criteri previsti per il recesso.
Nella scissione semplificata mediante costituzione di nuove società con assegnazione proporzionale delle partecipazioni, la Corte d’Appello di Bologna (sentenza del 5 novembre 2019) ha chiarito che il diritto di recesso spetta ai soci della scissa solo in presenza di modifiche statutarie che legittimano il recesso ai sensi degli artt. 2437 e 2473 c.c., non derivando automaticamente dall’operazione di scissione in sé considerata.
Particolare attenzione merita la questione del recesso nelle scissioni non proporzionali, che secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., sentenza n. 18761/2018) determina sempre il diritto di recesso per i soci non consenzienti, in quanto comporta una modifica sostanziale dell’investimento originario.
Il termine per l’esercizio del diritto di recesso, come precisato dal Consiglio Notarile di Milano (Massima n. 119), decorre dall’iscrizione della delibera di scissione nel registro delle imprese, anche in caso di scissione semplificata, non rilevando a tal fine le semplificazioni procedurali.
I rapporti con le altre forme di riorganizzazione aziendale
Questa occasione di approfondimento è utile per condividere come la scissione semplificata si inserisca nel più ampio contesto delle operazioni straordinarie, collocandosi in un rapporto di complementarità e talvolta di alternatività rispetto ad altri istituti di riorganizzazione aziendale previsti dal nostro ordinamento.
Come evidenziato dalla dottrina aziendalistica la scelta tra scissione semplificata e altre forme di riorganizzazione dipende dalle specifiche esigenze dell’impresa, dalle caratteristiche patrimoniali e dalla struttura del gruppo societario.
Rispetto alla fusione semplificata, disciplinata anch’essa dagli artt. 2505 e 2505-bis c.c., la scissione semplificata si caratterizza per una maggiore flessibilità nella ridistribuzione del patrimonio. Mentre la fusione comporta necessariamente l’unificazione dei patrimoni, inoltre, la scissione consente di selezionare specifici elementi patrimoniali da trasferire, mantenendo la pluralità soggettiva.
In raffronto al conferimento d’azienda o di ramo d’azienda, la scissione semplificata presenta il vantaggio della successione universale o particolare. La Corte di Cassazione (sentenza n. 10596/2019) ha sottolineato che a differenza del conferimento, che richiede la cessione dei singoli rapporti giuridici secondo le rispettive discipline, la scissione determina una successione a titolo universale o particolare nei rapporti giuridici della scissa, senza necessità di specifici atti di trasferimento.
Rispetto alla trasformazione, la scissione semplificata consente non solo di modificare il tipo societario ma anche di ripartire il patrimonio tra più entità, rispondendo così ad esigenze organizzative più articolate. La giurisprudenza di merito (Tribunale di Torino, decreto del 9 maggio 2018) ha precisato che la scissione semplificata può costituire un’alternativa alla liquidazione societaria, consentendo di mantenere in vita l’attività d’impresa e di preservare il valore aziendale attraverso la riallocazione del patrimonio in società esistenti o di nuova costituzione.
La scissione semplificata nel contesto della crisi d’impresa
L’istituto della scissione semplificata ha trovato applicazione anche nel contesto della crisi d’impresa, rivelando potenzialità significative quale strumento di riorganizzazione e risanamento aziendale.
La riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha confermato la compatibilità delle operazioni straordinarie, inclusa la scissione semplificata, con le procedure di regolazione della crisi. Come osservato dalla dottrina specialistica la scissione semplificata può rappresentare un efficace strumento di ristrutturazione nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
La giurisprudenza di merito ha poi riconosciuto che la scissione semplificata può consentire la separazione tra patrimonio produttivo e patrimonio improduttivo o gravato da debiti, facilitando il risanamento dell’attività economicamente sostenibile. Particolarmente interessante è l’utilizzo della scissione semplificata nella creazione di bad company e good company. L’operazione è legittima purché non pregiudichi le ragioni dei creditori, che continuano a beneficiare della responsabilità solidale delle società partecipanti ex art. 2506-quater, comma 3, c.c..
Si ricorda inoltre che la scissione semplificata può agevolare la continuità aziendale indiretta nel contesto del concordato preventivo, consentendo il trasferimento del compendio produttivo a una newco controllata dal debitore o da terzi, e che sul piano operativo, la Corte d’Appello di Firenze (decreto del 21 giugno 2019) ha precisato che in caso di scissione semplificata nel contesto della crisi d’impresa, il tribunale deve verificare con particolare attenzione la congruità della valutazione patrimoniale e la sussistenza di adeguate garanzie per i creditori.
La recente giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ., sentenza n. 15346/2021) ha inoltre chiarito che la scissione semplificata deliberata in prossimità della dichiarazione di fallimento può essere soggetta a revocatoria fallimentare, se finalizzata a pregiudicare le ragioni dei creditori o a sottrarre beni alla garanzia patrimoniale.
Scissione semplificata e trasferimento d’azienda
La scissione semplificata presenta significative interrelazioni con la disciplina del trasferimento d’azienda, pur differenziandosene sul piano concettuale e giuridico.
Come evidenziato dalla dottrina, la scissione semplificata, quando comporta il trasferimento di un’azienda o di un ramo d’azienda funzionalmente autonomo, determina l’applicazione delle tutele previste dall’art. 2112 c.c. in materia di diritti dei lavoratori. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22728/2018, ha precisato che ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c., è irrilevante la forma giuridica dell’operazione, risultando determinante il trasferimento di un’entità economica organizzata, che conserva la propria identità nel passaggio alla società beneficiaria.
Sul piano delle procedure, l’art. 47 della Legge 428/1990 prevede specifici obblighi di informazione e consultazione sindacale in caso di trasferimento d’azienda mediante scissione. Il Tribunale di Milano (sentenza del 24 settembre 2017) ha chiarito che tali obblighi devono essere adempiuti anche in caso di scissione semplificata, non potendo la semplificazione procedurale societaria incidere sulle tutele lavoristiche.
Evidenziamo con questa occasione che la scissione semplificata presenta, rispetto alla cessione d’azienda, il vantaggio della successione universale nei rapporti giuridici, inclusi quelli di lavoro, senza necessità di specifici atti di trasferimento o di consenso dei lavoratori.
Sul piano operativo, il progetto di scissione deve indicare con precisione i rapporti di lavoro oggetto di trasferimento, al fine di garantire la certezza delle posizioni giuridiche e l’effettività delle tutele previste dall’art. 2112 c.c.
Scissione semplificata e tutela della concorrenza
La scissione semplificata, in quanto strumento di riorganizzazione societaria, può intersecarsi con la disciplina antitrust, sollevando questioni rilevanti in materia di tutela della concorrenza e del mercato.
Pur beneficiando di semplificazioni procedurali sul piano societario, la scissione semplificata rimane soggetta alla disciplina antitrust quando comporta una concentrazione rilevante ai sensi della normativa sulla concorrenza.
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nel Provvedimento n. C12456 del 14 maggio 2019, ha in tal senso precisato che le operazioni di scissione semplificata che determinano un mutamento durevole del controllo di un’impresa sono soggette all’obbligo di comunicazione preventiva, qualora siano superati i fatturati soglia previsti dall’art. 16 della Legge 287/1990.
Particolare attenzione merita la valutazione della rilevanza antitrust delle scissioni semplificate infragruppo, con le operazioni di riorganizzazione interna ai gruppi societari che sono generalmente esenti dalla disciplina antitrust, salvo che comportino sostanziali modifiche della struttura concorrenziale del mercato.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (caso C-248/16, Austria Asphalt) ha inoltre precisato che le operazioni che non determinano un cambiamento qualitativo del controllo non costituiscono concentrazioni ai sensi del Regolamento UE 139/2004, anche se realizzate mediante scissione.