La società di fatto – indice:
Anche se nel nostro codice civile non esiste una definizione di società di fatto, possiamo cercare di definire questa particolare categoria di società sulla base delle riflessioni condotte dalla dottrina e dalla giurisprudenza, individuando in esse quelle situazioni determinate da un’intesa verbale o da un comportamento concludente, dal quale emerga la volontà delle parti di costituire un rapporto sociale.
L’elemento soggettivo non è comunque l’unico necessario per poter “costituire” una società di fatto. È necessario verificare altresì che dalla intenzione comune dei contraenti di collaborare, vi sia la finalità di conseguire un lucro proprio attraverso la volontà di essere soci, ovvero di voler conferire beni e/o servizi, con la conseguente formazione di un fondo comune.
Società semplice e di fatto
Il fatto che il nostro ordinamento non “riconosca” le società di fatto, non significa naturalmente che siano lasciate prive di una “copertura” disciplinare.
Quella di fatto è infatti regolata dalle stesse norme che regolano la società semplice o in nome collettivo irregolare, sulla base – rispettivamente – che eserciti o meno attività di natura commerciale.
In questo senso, è dunque possibile definire quella di fatto come una società di persone che non è stata costituita sulla base di un contratto, ma che è sorta sui già rammentati comportamenti concludenti, ovvero quei comportamenti reciproci, dei singoli soci, finalizzati a uno scopo comune.
Società di fatto e irregolare
Superficialmente le società di fatto sono accomunate a quelle irregolari. In realtà, sebbene vi siano dei tratti comuni, i due contesti non dovrebbero essere oggetto di sovrapposizione. Se è vero che le società di fatto sono necessariamente irregolari, non può dirsi il contrario.
In altre parole, le società di fatto sono solamente una delle diverse manifestazioni con le quali possono realizzarsi quelle irregolari. D’altronde, l’affermazione che precede non dovrebbe lasciar spazio a molti dubbi. In quelle irregolari manca l’iscrizione nel registro delle imprese e, dunque, non vi è pubblicità dichiarativa. Di contro, in quelle di fatto a mancare è l’atto costitutivo, che è il documento necessario per poter procedere alla pubblicità.
La personalità giuridica
Un altro tema che alimenta frequenti discussioni è legato al godimento della società di fatto della soggettività giuridica, e non della personalità giuridica.
Anche in questo caso, val la pena compiere un piccolo passo indietro ed evidenziare come tutte le forme societarie siano dotate di soggettività giuridica. La conseguenza è che – come tutte – anche queste saranno titolari di posizioni giuridiche attive e passive, di crediti e di debiti, di diritti e di obblighi. Alla società di fatto può inoltre essere ricondotto un patrimonio ben distinto da quello dei soci, determinando così una situazione di autonomia patrimoniale.
Attenzione però a non confondere quanto sopra con la presenza della caratteristica di una personalità giuridica. Questa è invece riservata alle sole società di capitali e alle cooperative, che acquistano tale qualità solamente dietro iscrizione nel registro delle imprese. La personalità giuridica consente ai soci di capitali di poter beneficiare della limitazione della responsabilità per le obbligazioni sociali, entro i limiti dei conferimenti.
Il fallimento
Nel caso in cui la società eserciti attività commerciale, la società di fatto è assoggettabile a fallimento, con la conseguenza che il suo fallimento darà luogo al fallimento di tutti i soci. Da questa assunzione, ben consolidata in giurisprudenza, deriva che la società di fatto viene considerata come esistente a tutti gli effetti. Se pertanto rispetta i requisiti richiesti dalla legge fallimentare (di qui la necessità di prevedere l’esercizio di un’impresa commerciale) può andare incontro a procedure giudiziarie fallimentari.
La società di fatto e occulta
Qualche paragrafo fa ci siamo occupati di individuare quali sono le caratteristiche delle società irregolari, e del perché non sia possibile creare una sovrapposizione tra quelle irregolari e quelle di fatto.
Riprendendo tali valutazioni, possiamo ora altresì evidenziare come sia opportuno evitare altre confusioni, come quella che potrebbe condurre a sovrapporre le caratteristiche della società di fatto con quella occulta.
Quando si parla di vincolo sociale occulto, si parla di una situazione nella quale diversi soci hanno espresso la volontà di costituirne uno. Tale volontà non si manifestata tuttavia all’esterno. Il vincolo sociale rimane conseguentemente occulto per i terzi. Ogni rapporto che verrà instaurato con questi ultimi sarà posto in essere per conto della società, ma non in suo nome.
Di qui nascono alcune confusioni in merito alla potenziale sovrapposizione della società di fatto, in cui manca un atto costitutivo. In realtà, non sempre quella di fatto è occulta. In quest’ultima ipotesi, infatti, l’atto costitutivo potrebbe ben esserci, ma i soci potrebbero aver semplicemente scelto di tener segreto l’atto scritto.
Si tenga conto – sempre in proposito di quella occulta – che nel caso in cui l’impresa individuale che la sta celando fallisca, potrà fornire la prova della sussistenza del fenomeno societario occultato. Il fallimento sarà così esteso alla società occulta e a tutti i suoi soci.
Attenzione infine a non confondere l’ipotesi della società occulta con la possibilità di soci occulti in quella palese. Ciò si ha quando alcuni soci non appaiono tali nei rapporti esterni, pur essendo invece tali nei rapporti interni.
La società di fatto e apparente
Un altro possibile motivo di confusione è il confronto tra le caratteristiche sostanziali con quelle delle società apparenti.
Per poter chiarire le divergenze tra le due fattispecie, si può certamente puntualizzare come quella apparente si abbia quando, in seguito a comportamenti di due o più soggetti, i terzi siano convinti di essere in presenza di un’impresa collettiva, anche se in realtà manca un atto costitutivo, e senza che a nulla rilevi una volontà in tal senso degli apparenti soci.
Peraltro, proprio sulla base di quanto sopra appena sottolineato, davanti all’affidamento incolpevole e in buona fede dei terzi sul fatto di trovarsi dinanzi a un vero e proprio vincolo sociale, gli apparenti soci non potranno eccepirne l’inesistenza. La conseguenza sarà che anche quella apparente sarà assoggettabile a fallimento.