La società occulta e il socio occulto – indice:
Nelle società di persone si possono verificare due fenomeni estranei all’ordinario esercizio del rapporto sociale. Il primo corrisponde al fenomeno della società occulta, da tenere ben distinto da quello della società irregolare e della società di fatto. Il secondo è quello dei soci occulti di società palese ovvero di una società regolarmente costituita. I due fenomeni non trovano una disciplina legislativa organica. Non sono infatti previsti in nessuna norma del codice civile. Sono stati tuttavia riconosciuti dalla legge fallimentare nelle norme che riguardano il fallimento delle società con soci a responsabilità illimitata. Sono inoltre stati oggetto di studio della più autorevole dottrina e giurisprudenza. Queste hanno proposto valide soluzioni alle problematiche di natura pratica che questi fenomeni comportano soprattutto nei rapporti esterni alla società.
Cos’è la società occulta
La società occulta si realizza quando i soci, nel concludere il contratto di società, pattuiscono che la società deve rimanere segreta e dunque estranea ai rapporti con l’esterno. Al contempo, un socio nella qualità di imprenditore individuale si assume il compito di intrattenere i rapporti con i terzi. La società occulta viene chiamata infatti anche società interna o non manifesta in quanto gli unici rapporti sociali “alla luce del sole” sono quelli che avvengono fra i soci. Fra questi infatti la società esplica tutti i suoi effetti. I soci partecipanti hanno diritto all’attribuzione dell’eventuale utile conseguito dagli affari contratti dal socio in veste di imprenditore individuale. Se, al contrario, vi sono delle perdite d’esercizio queste devono essere sostenute da ciascun socio in base alla propria quota di partecipazione. Tutti i soci hanno diritto ad essere informati sulle vicende della società e ad esercitarne il controllo e così via.
Ma qual è lo scopo di occultare la società? semplicemente limitare la responsabilità illimitata dei soci. Occultando la società infatti l’unico patrimonio che risulterebbe responsabile delle “obbligazioni sociali” (se così, come si vedrà, si possono definire) è quello del socio che agisce in qualità di imprenditore individuale. Proprio su questo punto la dottrina e la giurisprudenza si sono per lungo tempo interrogate giungendo a delle risposte pratiche e chiare.
La responsabilità della società occulta
Sebbene la dottrina più accreditata sia contraria a ritenere che la società possa essere responsabile dei rapporti verso i terzi, la giurisprudenza sostiene il contrario. Alla luce del recepimento operato dall’articolo 147 della legge fallimentare, non si può più sostenere l’esenzione dal fallimento del socio occulto.
Ci si è chiesti infatti se coloro che hanno assunto la qualità di creditori della società occulta per effetto degli affari conclusi con l’imprenditore individuale potessero invocare la responsabilità della società e degli altri soci.
La questione ruota intorno alla prevalenza che si dà ad un criterio sostanziale piuttosto che ad uno formale e viceversa. Nel primo caso si tiene conto della titolarità dell’interesse nel secondo caso della spendita del nome.
La dottrina a lungo documentata sulla responsabilità per debiti d’impresa ritiene che prevalga il criterio formale rispetto a quello sostanziale. I creditori pertanto potranno vantare i propri crediti solo nei confronti dell’imprenditore individuale e non della società e dei soci.
La giurisprudenza, al contrario, predilige il criterio sostanziale: con la sentenza n. 366/1998 la Corte di Cassazione ha affermato che “la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi da parte del giudice la esistenza di una società occulta ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all’esercizio dell’attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell’ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio “comune” sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi e alle azioni esecutive dei loro creditori personali…”.
Società occulta e società di fatto
Per evitare di confondersi con la società di fatto si devono tenere presente alcune importanti differenze.
In primo luogo la società di fatto esiste per la sola presenza di fatti concludenti, dunque in assenza di un atto costitutivo, mentre la società occulta esiste sulla base di un vincolo sociale che tuttavia viene tenuto segreto. Tutte le operazioni contratte per conto della società pertanto saranno, come si è detto, intestate ad un socio che si comporta come imprenditore individuale.
Un punto che invece accomuna società di fatto e società occulta è che sono entrambe delle società irregolari in quanto nessuna delle due è iscritta al registro delle imprese. O meglio, nel caso della società occulta sarà iscritto al registro delle imprese il socio agente come ditta individuale in luogo della società.
Quando si parla di socio occulto
Il socio occulto è il soggetto partecipante ad una società palese che opera limitatamente ai rapporti interni alla società mentre non si manifesta nei rapporti esterni. Sarà pertanto parte di una società avente sia soci palesi che soci occulti.
Tutti i soci, sia palesi che occulti, rispondono delle obbligazioni della società palese insieme con essa. Lo conferma l’articolo 147 della legge fallimentare che prevede, appunto, il fallimento dei soci occulti di una società dichiarata fallita. Trattasi di obbligazioni sociali in quanto se la società viene dichiarata fallita significa che sono state contratte in suo nome. Ciascun socio partecipante al contratto sociale, trattandosi di società di persone, ha prestato il consenso alla propria illimitata responsabilità verso i terzi (autonomia patrimoniale imperfetta), come prevista agli articoli 2291 e 2297 del codice civile, ed è pertanto responsabile. E lo è anche se è occulto in quanto la giurisprudenza non ritiene necessario che a tal fine il rapporto sociale si sia manifestato all’esterno.
La Cassazione nel 2007 con la sentenza n. 6299 ha ritenuto che possono essere indicativi della presenza di un socio occulto “le fideiussioni e i finanziamenti in favore dell’imprenditore, allorquando essi – ancorché riguardanti il solo momento esecutivo dei rapporti obbligatori della società – siano, per la loro sistematicità e per ogni altro elemento concreto, ricollegabili ad una costante opera di sostegno dell’attività d’impresa, qualificabile come collaborazione di un socio al raggiungimento degli scopi sociali”.
L’articolo 147 della legge fallimentare
Con la riforma del diritto fallimentare ad opera del decreto legislativo n. 5/2006 il legislatore ha riconosciuto il fenomeno della società occulta estendendo a questa la medesima disciplina già prevista per il socio occulto. In particolare il comma 4 dell’articolo 147 della legge fallimentare stabiliva che: “Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi”.
Dopo l’entrata in vigore della riforma è stato riformulato il comma 5 della norma che recita come segue: “Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile”.
Il legislatore pertanto ha voluto dare ai due fenomeni lo stesso trattamento facendo prevalere ai fini dei rapporti con i terzi i rapporti interni (e dunque l’esistenza di un contratto sociale) tra i soci rispetto a quelli esterni. In ogni caso la dottrina più autorevole non ritiene che tale disciplina comporti automaticamente l’imputazione alla società delle attività e passività poste in essere dall’imprenditore.
Fra le varie sentenza della giurisprudenza di legittimità sulla società e i soci occulti si avvalora la n. 1106/1995. I giudici hanno in tale occasione stabilito che “se dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore apparentemente individuale risulti che egli era socio di una società di fatto, anche se occulta, esercitante la stessa impresa, deve essere dichiarato il fallimento della società e di altri soci occulti senza che sia necessario provare l’insolvenza di questi ultimi essendo il loro fallimento conseguenza automatica del fallimento della società”.