Il tfr nel divorzio – indice:
- Cos’è il tfr
- La separazione e il divorzio
- Il tfr nel divorzio
- Come e quando richiederlo
- Il calcolo della quota
- Gli anticipi di tfr
- Il tfr al fondo pensione
- Revoca dell’assegno divorzile
- Prescrizione del diritto alla quota
- Il decesso del coniuge obbligato
Allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio la legge riconosce ad un coniuge il diritto a percepire una quota del trattamento di fine rapporto dell’ex coniuge da cui ha divorziato. Tale diritto è riconosciuto dal legislatore nell’ottica di fortificare il legame di solidarietà tra i due coniugi anche quando il matrimonio non va a buon fine.
L’approfondimento, dopo aver preliminarmente posto le basi per un’adeguata comprensione della materia offrendo le nozioni di Tfr, separazione e divorzio, si pone come guida su come e quando è possibile ottenere la quota di trattamento di fine rapporto in caso di divorzio. In particolare verranno analizzati i presupposti normativi per il riconoscimento del diritto, il calcolo della quota, i casi più controversi e la giurisprudenza più animata in materia.
Cos’è il tfr
Il trattamento di fine rapporto è un’indennità economica che viene corrisposta al lavoratore dipendente in occasione della cessazione del rapporto di lavoro. La legge disciplina il trattamento di fine rapporto nel codice civile all’articolo 2120 secondo cui “In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”.
Il suo ammontare dipende dunque dalla durata del rapporto di lavoro ed è una fonte reddituale del soggetto che lo percepisce.
Si sta parlando di trattamento di fine rapporto facendo riferimento al rapporto di lavoro subordinato ma ai sensi della legge sul divorzio che disciplina il diritto alla quota di tfr dell’ex coniuge divorziato si parla di indennità di fine rapporto. La legge dunque ricomprende ogni tipo di emolumento economico riconosciuto al termine di un rapporto di lavoro. La giurisprudenza infatti equipara al tfr anche l’indennità di fine rapporto percepita dal lavoratore parasubordinato.
Considerando l’ipotesi in cui il soggetto percettore del tfr sia coniugato o lo sia stato in passato, cosa dice la legge in merito ai diritti che può vantare l’ex coniuge in sede di separazione e divorzio su tale entità patrimoniale?
Nelle prossime righe si vedrà quali diritti il legislatore ha deciso di attribuire all’ex coniuge sul tfr nella separazione e nel divorzio.
La separazione e il divorzio
La separazione e il divorzio sono dei negozi giuridici cui fare ricorso quando la coppia di coniugi in crisi non ha più intenzione di adempiere alle proprie obbligazioni nascenti dal matrimonio.
I due negozi presentano delle differenze.
La separazione, che può essere consensuale o giudiziale, è una procedura con cui si sospendono gli effetti civili del matrimonio fino ad un’eventuale definitiva cessazione che può avvenire solo tramite il divorzio. Spesso infatti gli atti di separazione e divorzio sono successivi in quanto il primo è propedeutico al secondo. La separazione è disciplinata prevalentemente nel codice civile. Quando possibile consente il raggiungimento di un accordo circa gli aspetti della vita materiale dei coniugi e di eventuali figli dopo la separazione. In caso di accordo la separazione non è sempre pronunciata dal giudice bensì può essere ottenuta anche mediante la procedura di negoziazione assistita. Al contrario, quando i coniugi non riescono a trovare un accordo la separazione è sempre pronunciata dal giudice. In sede di separazione può essere prevista la corresponsione di un assegno di mantenimento a beneficio dei figli e dell’ex coniuge economicamente più debole.
Il divorzio invece è l’istituto giuridico introdotto dalla legge 898/1970 per porre fine agli effetti civili del matrimonio. Può essere ottenuto mediante l’intervento di un giudice oppure tramite la procedura di negoziazione assistita quando si tratta di divorzio congiunto. Il divorzio giudiziale invece richiede sempre l’intervento dell’autorità giurisdizionale. Nel 2015 è stata inoltre introdotta la procedura di divorzio breve. Tra gli effetti del divorzio c’è la possibilità che il giudice attribuisca al coniuge economicamente più forte l’obbligo di corrispondere all’altro l’assegno divorzile. Si tratta di una prestazione economica che va a sostituire l’assegno di mantenimento corrisposto durante il regime di separazione nei confronti dell’ex coniuge. Con il divorzio infatti si regolano gli aspetti patrimoniali, economici ed affettivi della vita familiare una volta cessato il matrimonio.
Il Tfr nella separazione e nel divorzio
L’articolo 12-bis, primo comma, della legge sul divorzio stabilisce che:
“Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”.
Il legislatore ha riservato all’ex coniuge il diritto ad una quota del tfr maturato dall’altro coniuge nel rapporto di lavoro intrattenuto durante il matrimonio. Ha fatto ciò nell’ottica di rafforzare il regime di solidarietà dei coniugi dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civile del matrimonio.
I requisiti necessari per poter godere del diritto a tale quota sono:
- aver divorziato;
- non essere passati a nuove nozze;
- essere percettori dell’assegno divorzile.
Non rileva invece la condizione affettiva del coniuge che ha diritto alla liquidazione del tfr da parte del proprio datore di lavoro dopo il matrimonio.
Come e quando si può richiedere la quota di tfr nel divorzio
Non è sufficiente essersi separati per avere diritto ad una quota del tfr del coniuge avente diritto. Si può tuttavia avere diritto alla quota di tfr dal momento della domanda di divorzio anche se non è ancora intervenuta la sentenza che dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Attenzione però: la domanda per l’ottenimento della quota di tfr può essere fatta in sede di domanda di divorzio ma l’indennità diventa esigibile solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza.
Sul punto si segnala la sentenza n. 21002/2008 in cui la Cassazione ha stabilito che: “In tema di divorzio, il sorgere del diritto del coniuge divorziato alla quota dell’indennità di fine rapporto non presuppone la mera debenza in astratto di un assegno di divorzio, e neppure la percezione, in concreto, di un assegno di mantenimento in base a convenzioni intercorse fra le parti, ma presuppone che l’indennità di fine rapporto sia percepita dopo una sentenza che abbia liquidato un assegno in base all’articolo 5 della legge n. 898 del 1970, ovvero dopo la proposizione del giudizio di divorzio nel quale sia stato successivamente giudizialmente”. liquidato l’assegno stesso.
La domanda per l’ottenimento della quota di tfr può essere effettuata:
- contestualmente alla domanda di divorzio e di assegno divorzile;
- in un momento successivo in sede di modifica delle condizioni di divorzio, momento in cui il giudice dovrà verificare se vi sono i requisiti per avere il diritto alla quota.
Come si calcola la quota di tfr nel divorzio
Il secondo comma dell’articolo 12-bis della legge sul divorzio stabilisce come si calcola la quota di tfr cui ha diritto il coniuge divorziato. Bisogna applicare una percentuale pari al quaranta per cento all’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Il diritto alla quota di tfr spetta al coniuge anche se il tfr matura dopo la sentenza di divorzio.
La giurisprudenza ha chiarito che il periodo di matrimonio da prendere in considerazione per il calcolo della quota di tfr non comprende solo il periodo in cui gli obblighi matrimoniali venivano rispettati. Comprende bensì anche il periodo in cui tali obblighi si sospendono per l’intervento della separazione. La Corte di Cassazione tuttavia nel 2007 con la sentenza n. 15299 ha illustrato la modalità di calcolo della quota: “l’indennità dovuta deve computarsi calcolando il 40% dell’indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro coincise con il rapporto matrimoniale: risultato che si ottiene dividendo l’indennità percepita per il numero di anni in cui è durato il rapporto di lavoro, moltiplicando il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il rapporto di matrimonio e calcolando il 40% su tale importo.“
Gli anticipi sul tfr e il calcolo della quota spettante all’ex coniuge
Si rammenta che il lavoratore, ai sensi dell’articolo 2120 del codice civile, ha diritto a determinate condizioni a chiedere un’anticipazione del trattamento di fine rapporto. Come si calcola in tal caso la quota spettante all’ex coniuge divorziato?
A tale domanda ha risposto la Corte di Cassazione nel 2013 con la sentenza n. 24421 in cui ha affermato che “Pertanto, nell’applicazione dell’art. 12-bis L. 898/1970, non deve tenersi conto delle anticipazioni del TFR percepite dal coniuge durante la convivenza matrimoniale o la separazione personale, per essere quelle anticipazioni entrate nell’esclusiva disponibilità dell’avente diritto (Cass. 19427/2003; Cass. 19046/2005). L’art. 12-bis L. Divorzio, alla luce di quanto osservato, non può che interpretarsi nel senso di garantire al coniuge beneficiario la corresponsione di una quota di TFR, calcolata sulla somma che viene corrisposta al lavoratore, successivamente alla sentenza di divorzio. Ciò vuol dire che la quota spettante all’ex coniuge deve essere quantificata sulla scorta del TFR netto corrisposto all’avente diritto e non sul lordo. In caso contrario, infatti, questi sarebbe tenuto a corrispondere all’ex partner una quota in relazione ad un importo dallo stesso non percepito, siccome gravato dal carico fiscale”.
In altre parole, nel caso in cui il lavoratore abbia chiesto delle anticipazioni sul tfr che siano state percepite prima del divorzio, la quota cui ha diritto l’ex coniuge divorziato si calcola sull’ammontare del tfr liquidato al lavoratore dopo la sentenza di divorzio al netto delle anticipazioni.
Il tfr destinato al fondo di previdenza complementare e il diritto alla quota
Si deve infine fare un’ulteriore precisazione se il tfr confluisce ad un fondo di previdenza complementare. L’articolo 12-bis della legge sul divorzio afferma che l’ex coniuge ha diritto “ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro”. Il tfr destinato al fondo di previdenza complementare non si percepisce all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. E le somme che vengono liquidate hanno natura di pensione integrativa ai sensi dell’articolo 2123 del codice civile. “Il diritto dell’ex coniuge a una quota del TFR dell’ex congiunto, ai sensi dell’art. 12-bis l. 898/1970, non compete con riguardo a quelle somme che risultino essere destinate a un fondo di previdenza complementare” è quanto ha affermato il Tribunale di Milano con sentenza del 18 febbraio 2017.
Diritto alla quota di tfr e revoca dell’assegno divorzile
Il coniuge che ha diritto alla quota di tfr, come già detto, ne ha diritto in quanto gli viene corrisposto l’assegno divorzile. Non deve temere di perdere tale diritto tuttavia nel caso in cui il giudice revochi successivamente l’assegno divorzile. La Cassazione con la recente sentenza n. 4499/2021 ha stabilito che “Il diritto alla quota del T.F.R. spetta all’ex coniuge titolare di assegno divorzile se il trattamento è stato corrisposto all’altro ex coniuge dopo la proposizione della domanda di divorzio. La sopravvenuta revoca dell’assegno opera ex nunc, a far data dalla proposizione della relativa domanda, e non ha effetto sui diritti già acquisiti collegati all’assegno“.
La questione presentata innanzi alla Corte verteva sul ricorso da parte di un uomo che contestava il riconoscimento della quota di tfr all’ex moglie ai sensi dell’articolo 12-bis della legge sul divorzio. L’uomo giustificava il ricorso con l’avvenuta revoca dell’assegno divorzile. In particolare:
- nel 2005 la Corte d’appello riconosceva alla donna il diritto alla quota di tfr del marito. La percezione del tfr era avvenuta in data successiva al divorzio e al riconoscimento dell’assegno divorzile alla donna;
- nel 2013 il tribunale revocava alla signora l’assegno divorzile;
- nel 2014 la signora presentava la domanda di attribuzione della quota di tfr (dunque in epoca successiva al riconoscimento del diritto). Secondo l’ex marito, avendo il Tribunale revocato l’assegno divorzile nel 2013, al momento di presentazione della domanda la donna non aveva più diritto alla quota di tfr.
La soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione
La soluzione che la Corte ha prospettato è diversa: il Supremo Collegio infatti ha rigettato il ricorso dell’ex marito. La Corte enuncia, riferendosi a precedenti e consolidati orientamenti, il principio del “rebus sic stantibus” del diritto all’assegno divorzile affermando che “L’operatività rebus sic stantibus del giudicato sul diritto all’assegno L. n. 898 del 1970, ex art. 5, comma 6, fa sì che là dove, nel tempo, i presupposti legittimanti il riconoscimento dell’assegno divorzile siano venuti meno, determinando la revoca del primo, tanto non valga, in ragione dell’operatività ex nunc del nuovo accertamento, a porre nel nulla il diritto all’assegno per il periodo coperto dal giudicato. Il nuovo accertamento ove di accoglimento della revoca varrà a far data dalla proposizione della relativa domanda lasciando fermo il diritto all’assegno di divorzio per il pregresso periodo corrispondente al formatosi giudicato e come tale entrato a far parte del patrimonio dell’ex coniuge”.
Tfr coniuge divorziato prescrizione
È a tutti noto che i diritti si prescrivono, cioè si estinguono dopo un certo periodo di tempo stabilito dalla legge. Il termine ordinario di prescrizione dei diritti è di dieci anni come indica l’articolo 2946 del codice civile. Ci sono poi diritti per i quali la legge prevede un termine di prescrizione più breve o più lungo.
Non essendoci tuttavia una legge che indica un termine di prescrizione diverso da quello ordinario per l’esercizio del diritto alla quota di tfr si ritiene che tale diritto si prescriva nel termine di dieci anni.
Tfr coniuge divorziato deceduto
Il diritto alla quota di tfr dell’ex coniuge divorziato, sussistendone i presupposti, spetta anche qualora l’obbligato alla prestazione sia deceduto. Detto ciò la situazione si complica quando l’ex coniuge defunto si è risposato. Il diritto ad una quota del tfr dell’ex coniuge divorziato concorre dunque con il diritto dell’altro o degli altri soggetti con cui l’ex coniuge defunto si era risposato. Sarà il tribunale pertanto a determinare l’ammontare della quota di tfr spettante in base a:
- durata del matrimonio;
- ammontare dell’assegno divorzile;
- condizioni economiche degli eredi;
- l’eventuale periodo di convivenza prematrimoniale con l’ex coniuge superstite.
Avv. Bellato – diritto di famiglia e matrimoniale, separazione e divorzio