Titolare effettivo comitati e comportamento della banca – indice
La decisione n. 11070 del 14 novembre 2023 da parte del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) ha ritenuto censurabile dinanzi l’ABF la scorretta interpretazione della disciplina antiriciclaggio relativa all’identificazione del titolare effettivo.
Ricordando il principio formulato dall’ABF, in altri termini, la circostanza che il ricorso concerna la legislazione antiriciclaggio non esclude di per sé la competenza dell’ABF, ove sia stata contestata dal ricorrente la correttezza del comportamento tenuto dall’intermediario al fine di dare attuazione a tale normativa.
Nell’affermare questo principio, come vedremo tra breve, il Collegio di Coordinamento ABF ha posto l’accento sul fatto che il comportamento dell’intermediario oggetto di contestazione avrebbe illegittimamente bloccato il passaggio dei poteri di firma sul conto corrente. Nell’adottare tale condotta, l’intermediario sarebbe dunque incorso nell’inadempimento delle proprie obbligazioni contrattuali o nella violazione di regole generali di correttezza e buona fede che incombono sulle parti di un rapporto contrattuale. Una censura differente da quella che è invece riconducibile all’adempimento degli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio, di matrice pubblicistica, e perciò insindacabile avanti all’ABF.
Dal canto suo, il Collegio di Coordinamento ABF ribadisce la competenza a pronunciarsi sui ricorsi che abbiano ad oggetto la verifica della correttezza del comportamento tenuto dall’intermediario nel contesto della procedura antiriciclaggio ex d.lgs. n. 231/2007.
Il Collegio di Coordinamento ABF ha ritenuto che la richiesta documentale dell’intermediario circa le informazioni funzionali all’identificazione del titolare effettivo non possa essere considerata irragionevole, né ostruzionistica. Si basa infatti sulla specifica interpretazione della disciplina antiriciclaggio già motivata dall’intermediario stesso.
La modifica della firma sui rapporti bancari di un comitato
Ricostruendo brevemente i fatti, ricordiamo come un cliente bancario si fosse recato presso la filiale dell’intermediario in cui è radicato il conto corrente intestato al comitato ricorrente, chiedendo che in suo favore fosse effettuata la modifica dei poteri di firma.
In questa occasione, il cliente avrebbe consegnato all’intermediario, oltre alla copia di un documento di identità e dell’attestazione del codice fiscale, anche quella dell’atto costitutivo e dello statuto del comitato ricorrente, nonché della comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
Dopo qualche settimana, dopo che era stato confermato per le vie brevi il passaggio dei poteri di firma sul conto corrente intestato al comitato ricorrente, la banca avrebbe comunicato per posta elettronica al cliente che la pratica era bloccata, senza però fornire alcuna spiegazione.
Contestualmente, il cliente sarebbe stato invitato a consegnare copia della comunicazione all’Agenzia delle Entrate, cosa a cui ha adempiuto pochi giorni dopo. A distanza di qualche altro gioco, non avendo ricevuto alcuna comunicazione ulteriore da parte dell’intermediario, il cliente avrebbe scritto direttamente al direttore della filiale di riferimento dell’intermediario, domandando spiegazioni e facendo presente l’urgenza di poter disporre operazioni sul conto corrente intestato al comitato ricorrente, senza però ricevere risposte.
Nel frattempo, il cliente sostiene di aver ricevuto la carta di debito di cui aveva fatto richiesta, ma non l’avrebbe attivata in attesa di chiarire in modo definitivo la situazione.
Trascorsi alcuni giorni, il cliente ha segnalato telefonicamente all’ufficio reclami dell’intermediario resistente l’accaduto, senza tuttavia ottenere alcun chiarimento. Si presenta così un reclamo in forma scritta, contestando l’illegittimità del comportamento tenuto dall’intermediario resistente.
Lo scambio di comunicazioni con la banca
Finalmente, a distanza di circa un mese l’intermediario avrebbe dato riscontro al reclamo invitando il cliente a contattare la filiale di riferimento e indicando al cliente di inserire nel Questionario di Adeguata Verifica per le Persone Giuridiche, cumulativamente come Titolari Effettivi:
- i fondatori, ove in vita (in caso contrario occorre il certificato di morte o verbale di dimissioni)
- i beneficiari, quando individuati o facilmente individuabili (se non individuabili si esprime il Legale rappresentante mediante sua dichiarazione)
- i titolari di poteri di rappresentanza legale, direzione e amministrazione.
Il cliente ha però contestato la legittimità di tale richiesta e domandato che fosse fissato un incontro con il direttore della filiale di riferimento. La richiesta è però rimasta senza riscontro. Sostiene poi che il Comitato avrebbe la natura di un ente non riconosciuto, al quale sarebbe applicabile il criterio residuale dettato dall’art. 20, 5° comma, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, per il quale il titolare effettivo coinciderebbe con “la persona fisica o le persone fisiche titolari, conformemente ai rispettivi assetti organizzativi o statutari, di poteri di rappresentanza legale, amministrazione o direzione della società o del cliente comunque diverso dalla persona fisica”.
La posizione delle parti
Dunque, per il cliente sarebbe illegittima ogni ulteriore richiesta documentale dell’intermediario resistente ai fini del passaggio di firma e dell’adeguata verifica del titolare effettivo del conto corrente intestato al Comitato.
Il Comitato domanda dunque che sia accertato che la richiesta di documentazione ulteriore da parte dell’intermediario sia infondata e che sia accertato che la pratica relativa al passaggio dei poteri di firma sia completata e che dunque il cliente è legittimato a operare sul conto corrente intestato all’ente.
Dal canto suo, la banca afferma che nel caso di associazioni e fondazioni, i titolari effettivi da indicare cumulativamente nel questionario di adeguata verifica previsto dalla disciplina antiriciclaggio sarebbero quelli già ricordati qualche riga fa. Domanda pertanto che le richieste del Comitato ricorrente siano respinte, perché infondate in fatto e in diritto.
Il passaggio dei poteri di firma
Il Collegio ABF segnala innanzitutto che la causa petendi non riguarda la violazione della disciplina antiriciclaggio da parte della banca, bensì il fatto che il Comitato abbia lamentato che, mediante il comportamento con cui l’intermediario resistente ha dato attuazione alla suddetta disciplina, esso abbia illegittimamente bloccato il passaggio dei poteri di firma sul conto corrente intestato allo stesso Comitato, incorrendo così nell’inadempimento delle proprie obbligazioni contrattuali, e nella violazione delle regole generali di correttezza e buona fede che incombono sulle parti di un rapporto contrattuale.
Ciò premesso, il Collegio vuole dare continuità all’orientamento interpretativo secondo cui l’Arbitro Bancario Finanziario è competente a pronunciarsi sui ricorsi che hanno a oggetto “la verifica della correttezza del comportamento tenuto dall’intermediario nell’àmbito della procedura ex d.lgs. n. 231/2007”
Nel merito, il Collegio ritiene che la richiesta documentale dell’intermediario resistente non possa essere considerata irragionevole, né ostruzionistica, essendo basata su una specifica interpretazione della disciplina antiriciclaggio che è stata congruamente motivata. La domanda proposta dal Comitato ricorrente è pertanto infondata e deve essere respinta.