Le vendite online – indice:
- Pratiche commerciali sleali
- Le definizioni
- Le questioni
- Il caso
- Nozione di professionista
- Criteri qualificativi
- Pratica commerciale
- Conclusioni
La Corte di Giustizia Europea è recentemente intervenuta sul tema delle vendite online, chiarendo alcuni principi particolarmente utili per comprendere se la persona fisica che pubblica online più annunci di vendite sia qualificabile o meno come professionista, e se tale attività costituisca una pratica commerciale.
Un chiarimento fondamentale, inerente il recinto disciplinare della direttiva 2005/29/CE dello scorso 11 maggio 2005, che interessa le pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, e sulla base della quale il professionista deve fornire una serie di informazioni al consumatore prima che questi sia vincolato da un contratto a distanza, o negoziato al di fuori dei locali commerciali (si pensi, tra le varie implicazioni, all’informazione sul diritto di recesso dal contratto).
Pratiche commerciali sleali
Nella sua sentenza la Corte di Giustizia UE rammenta come la domanda di pronuncia verta sull’interpretazione dell’articolo 2, lettere b) e d), della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa appunto alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.
Chiarisce altresì come tale domanda sia stata presentata nell’ambito di una controversia in Bulgaria, tra una persona fisica e la locale Commissione per la tutela dei consumatori. La controversia aveva per oggetto un atto che la Commissione aveva adottato nei confronti della persona fisica, la quale si era vista comminare delle sanzioni amministrative per avere omesso di fornire informazioni ai consumatori in occasione della pubblicazione di annunci per la vendita di beni su un sito Internet.
Le definizioni rilevanti nelle vendite online
Prima di intervenire con i propri chiarimenti, la Corte contribuisce a riportare alcuni dichiarazioni ai fini della direttiva di cui sopra. Evidenzia dunque cosa si intenda per:
- Consumatore: qualsiasi persona fisica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale.
- Professionista: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista.
- Pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.
Le questioni relative alle vendite online
Nel corso degli anni, si sono poste diverse questioni in ambito applicativo, come ad esempio se si possano qualificare come consumatori anche le persone giuridiche. O ancora cosa si intenda per attività professionale. O ulteriormente come debba essere valutato lo scopo dell’acquisto.
In maggior dettaglio, la Corte di Giustizia UE si trova a doversi pronunciare a una specifica questione ermeneutica legata allo status di una persona fisica. Ovvero: se una persona fisica vende online, con un numero relativamente alto di beni di valore significativo, con più annunci, acquisisce la qualità di professionista?
Una questione sorta dinanzi al caso concreto che ha visto come protagonista un consumatore, che ha acquistato su un sito internet mediante contratto di vendita a distanza un orologio che, a suo modo di vedere, non corrispondeva alle caratteristiche indicate nell’annuncio pubblicato sul sito.
In seguito a ciò, il consumatore ha presentato una denuncia alla Commissione bulgara, dopo che il fornitore dell’orologio ha rifiutato il recesso del consumatore.
Il caso
È così emerso che a vendere l’orologio è stata una donna che, mediante pseudonimo, ha pubblicato un totale di 8 annunci per la vendita di diversi prodotti sul sito, tra cui – appunto – l’orologio.
La Commissione bulgara, ritenendo che la donna avesse commesso un’infrazione amministrativa nel contratto di vendita, le ha inflitto una serie di sanzioni amministrative. La ragione sarebbe stata nel fatto che la venditrice avrebbe omesso di indicare, “in ciascuno dei suddetti annunci, il nome, l’indirizzo postale e l’indirizzo di posta elettronica del professionista, il prezzo totale del bene messo in vendita comprensivo delle imposte, le condizioni di pagamento, di consegna e di esecuzione, il diritto del consumatore di recedere dal contratto di vendita a distanza, le condizioni, il termine e le modalità di esercizio di tale diritto, nonché la menzione dell’esistenza di una garanzia legale di conformità dei prodotti venduti al contratto di vendita”.
Dinanzi tale posizione, la donna ha presentato ricorso al Tribunale distrettuale, che ha annullato la decisione della Commissione precisando come la venditrice non avesse la qualità di professionista.
La Commissione ha dunque proposto ricorso per Cassazione dinanzi al giudice del rinvio, che ha osservato come “su Internet viene venduto e acquistato un volume considerevole di prodotti di largo consumo” e come la direttiva UE di cui sopra vuole garantire un livello elevato di tutela dei consumatori. In questo contesto “si chiede, in sostanza, se, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, in cui una persona fisica vende su Internet un numero relativamente elevato di beni di valore significativo, tale persona abbia la qualità di professionista ai sensi della direttiva 2005/29”.
Il giudizio viene dunque sospeso, con richiesta di pronuncia della Corte di Giustizia UE.
La nozione di professionista nella vendita online
La Corte riassume innanzitutto che con la sua questione, il giudice del rinvio domanda:
- da un lato, se una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione possa essere qualificata come professionista;
- dall’altro lato, se un’attività del genere costituisca una pratica commerciale.
Soffermandosi sul primo aspetto, La Corte rammenta come l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2005/29 definisca il professionista come qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto della presente direttiva, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista.
Rammenta altresì come l’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83, a sua volta, definisce professionista qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto.
Valutato che la nozione di professionista è definita in modo pressoché identico nell’ambito delle direttive 2005/29 e 2011/83, e che debba essere interpretata in modo uniforme, da contrapporsi alla definizione di consumatore, che è ogni privato non impegnato in attività commerciali o professionali.
I criteri qualificativi dei soggetti nelle vendite online
Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, rispetto ad un professionista, il consumatore si trova in una posizione di inferiorità, dovendosi ritenere che egli sia meno informato, economicamente più debole e meno esperto sul piano giuridico della controparte.
Da ciò ne deriva che la nozione di professionista comporta la necessità di valutare se il rapporto contrattuale o la pratica commerciale si inserisca nell’ambito delle attività che una persona svolge a titolo professionale. Dunque, il professionista, per potersi definire tale, deve agire nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale oppure in nome o per conto di un professionista.
L’approccio di valutazione non potrà che aversi “caso per caso”. Il giudice dovrà dunque esaminare, sulla base di tutti gli elementi di fatto di cui dispone, se una persona fisica, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che ha pubblicato contemporaneamente su una piattaforma online 8 annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, abbia agito nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale oppure in nome o per conto di un professionista.
Non esclusività
Per esempio, il giudice dovrà valutare se la persona non solo abbia agito in suo nome e per suo conto, bensì se abbia percepito un compenso o una provvigione, se abbia acquistato beni nuovi o d’occasione al fine di rivenderli (conferendo così a tale attività un carattere di regolarità), se i prodotti in vendita siano tutti del medesimo tipo o dello stesso valore e, in particolare, se l’offerta sia concentrata su un numero limitato di prodotti.
Tali criteri non sono però né tassativi né esclusivi. Dunque, il fatto che uno o più criteri siano soddisfatti non determina automaticamente la qualificazione da adottare nei confronti del venditore online sotto il profilo della nozione di professionista.
Insomma, il semplice fatto che la vendita persegua scopi di lucro o che una persona pubblichi più annunci online, non rappresentano elementi che da soli possono qualificare tale persona come professionista.
La pratica commerciale nelle vendite online
Per quanto attiene il secondo aspetto, ovvero la questione se l’attività di una persona fisica costituisca una pratica commerciale, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/29, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale disposizione definisce la nozione di pratiche commerciali indicando “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
Dunque, per ritenere che l’attività in questione costituisca una pratica commerciale, ai sensi di detta disposizione, non si potrà che verificare che tale attività sia qualificata come pratica avente carattere commerciale – vale a dire proveniente da un professionista – e, dall’altra, consista in un’azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.
A margine delle proprie valutazioni, la Corte rammenta come il fatto che una persona abbia pubblicato contemporaneamente un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, può essere qualificata come professionista, e una siffatta attività può costituire una «pratica commerciale», soltanto qualora tale persona agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie.
Conclusioni
Per i motivi di cui sopra la Corte di Giustizia UE si pronuncia rammentando come la normativa comunitaria più volte citata, e relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno, prevede che una persona fisica che pubblica su un sito Internet, contemporaneamente, un certo numero di annunci per la vendita di beni nuovi e d’occasione, possa essere qualificata come professionista, e una siffatta attività può costituire una pratica commerciale, soltanto qualora tale persona agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, cosa che spetta al giudice del rinvio verificare.