La visita fiscale ed il licenziamento del lavoratore – indice:
- La comunicazione tempestiva
- La comunicazione omessa o tardiva
- Le mancate giustificazioni
- L’obbligo di permanenza
- Assenza in orari diversi
- Uscita dopo il controllo fiscale
La recente sentenza n. 64/2017 da parte della Corte di Cassazione, riprendendo alcune delle valutazioni già ribadite dal giudice di merito, ha ammesso che il lavoratore possa assentarsi alle visite fiscali se comunica preventivamente agli organi di controllo la lontananza dal luogo di permanenza. Ma cosa accade se la comunicazione è omessa o è formulata tardivamente? E che cosa ha stabilito la Suprema Corte con la pronuncia sopra anticipata?
Comunicazione tempestiva
Per poter arrivare a rispondere a queste (e altre) domande, cominciamo con il ricordare che stante l’obbligo di reperibilità previsto dalla normativa vigente, se il lavoratore soggetto a potenziale visita fiscale deve allontanarsi dall’abitazione indicata all’evente previdenziale quale luogo di permanenza durante la malattia, deve necessariamente comunicare tale assenza agli organi di controllo.
Comunicazione omessa o tardiva
Tuttavia, nell’ipotesi in cui la comunicazione sia omessa del tutto, o sia fornita tardivamente, il lavoratore è esposto a conseguenze pregiudizievoli nei confronti dell’azienda e dell’Inps, sebbene non venga meno automaticamente il diritto all’ottenimento del compenso durante il periodo di malattia. È tuttavia necessario che il lavoratore giustifichi da esigenze “coerenti e improcrastinabili” l’omissione o il ritardo nella comunicazione, andando così a documentare e dimostrare in maniera oggettiva che il lavoratore non è riuscito a effettuare la comunicazione in maniera tempestiva.
Mancate giustificazioni
Se nemmeno quanto sopra trova concretezza, e pertanto se il lavoratore viene trovato più volte assente alle visite fiscali senza che costui possa addurre valide giustificazioni o, ancora meglio, senza la preventiva comunicazione, la Corte di Cassazione sostiene che non rileverebbe ai fini dell’inadempimento dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’assenza dal domicilio il fatto che il medico dell’Inps abbia poi confermato in un momento successivo la malattia diagnosticata, con la relativa prognosi. Nella fattispecie in esame, la lavoratrice si era assentata per tre volte nell’arco temporale di circa due mesi dalla propria abitazione nelle fasce orarie previste per la visita fiscale, dimostrando – secondo i giudici – un disinteresse nei confronti delle esigenze del datore di lavoro, tali da incidere in maniera definitiva sul vincolo fiduciario.
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Obbligo di permanenza a casa
A questo punto, val la pena compiere un pò di chiarezza su questo tema sempre molto dibattuto, principiando dal fatto che – come peraltro più volte ricordato dalla Corte di Cassazione – il lavoratore ha l’obbligo di farsi trovare alla visita di controllo fiscale: la sua ingiustificata assenza prevederebbe infatti la decadenza dal diritto al trattamento economico di malattia, sebbene questa non sia automatica.
D’altronde, è ben chiara l’importanza di permanere presso il proprio domicilio durante le fasce orarie previste per le visite mediche domiciliari di controllo: si tratta di un obbligo che il lavoratore in malattia deve rispettare, poiché in caso contrario renderebbe di fatto impossibile la verifica sulla sussistenza della malattia da parte dei medici dell’Inps, integrando un inadempimento sia verso l’istituto previdenziale, sia nei confronti del datore di lavoro, il quale ha tutto l’interesse affinché il lavoratore – se in condizioni di poterlo fare – possa espletare regolarmente la sua prestazione lavorativa.
Assenza in orari diversi da quelli previsti per la visita fiscale
È la stessa Corte di Cassazione ad aver più volte ricordato, nel corso degli anni, che lo stato di malattia non impedisce comunque al lavoratore di allontanarsi al di fuori delle fasce orarie previste per la visita fiscale. Al dipendente è dunque permesso assentarsi negli orari diversi da quelli previsti dalla visita fiscale, anche per poter iniziare a riprendere di svolgere le attività quotidiane).
È tuttavia importante che le uscite al di fuori degli orari di visita fiscale non impediscano o compromettano il regolare recupero delle energie e il conseguente rientro al lavoro: dunque, nell’ipotesi di una eventuale controversia tra il datore di lavoro e il lavoratore, bisognerà dimostrare che l’uscita o le uscite da casa al di fuori delle fasce previste per le visite fiscali non abbiano effettivamente compromesso o ritardato la guarigione. In caso contrario, il dipendente potrebbe incorrere in sanzioni disciplinari di varia natura.
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L’uscita dopo il controllo fiscale
Quanto sopra ci permette infine di giungere alla conclusione della presente trattazione, ricordando che – come peraltro stabilito da giurisprudenza consolidata- l’abitazione non deve necessariamente essere intesa come un luogo di permanenza “forzata” per il lavoratore che è in malattia. Pertanto, una volta che il lavoratore riceve la visita del medico fiscale, non ha più obbligo di reperibilità, e può assentarsi dalla propria dimora come preferisce, con la già ricordata linea “guida” per la quale l’allontanamento dalla casa non deve pregiudicare la corretta guarigione (il suo unico obbligo diviene pertanto non quello di farsi trovare a domicilio nelle fasce di reperibilità, bensì fare in modo di non prolungare i tempi di recupero e il conseguente rientro al lavoro.
Nella fattispecie all’esame dalla Cassazione, il lavoratore era uscito subito dopo il controllo fiscale, e per questo motivo era sanzionato dall’Inps e dal datore di lavoro. Per gli ermellini, però, il dipendente dopo aver subito la visita del medico fiscale ha libertà di movimento: in caso contrario, gli si sarebbe dovuto imporre un forzato riposo quotidiano che potrebbe non essere né utile né compatibile con alcune malattie la cui cura non sarebbe pregiudicata dall’allontanamento da casa.
Ne deriva, in ultima valutazione, che i dipendenti assenti per malattia possono non solamente uscire di casa nelle fase non di reperibilità, ma possono uscire di casa anche subito dopo la visita del medico fiscale, considerato che l’obbligo di reperibilità vale sino a quando non sia stato accertato lo stato di malattia.